Caffè Lungo – Il processo di pace in Afghanistan prosegue a rilento e con notevoli difficoltà anche a causa della situazione in Pakistan, la cui stabilità politica è elemento necessario per agevolare i negoziati tra talebani e Governo afghano. Nonostante Islamabad abbia più volte dichiarato di impegnarsi per la pace e la sicurezza in Afghanistan, questo impegno fatica oggi a concretizzarsi.
VECCHIE RUGGINI
Quella tra Pakistan e Afghanistan è una storica relazione basata su conflitti latenti, equivoci e incomprensioni. Questo stato di tensione non esplicitamente dichiarato ha generato negli anni una guerra silenziosa. Tutto cominciò nel 1949, quando il confine tracciato dalla Durand Line — mai riconosciuto dall’Afghanistan — fu teatro di una serie di scontri armati tra le forze di sicurezza afghane e le Forze Armate pakistane. Non solo, ma in quell’anno l’Afghanistan fu l’unico Paese a votare contro l’ammissione del Pakistan alle Nazioni Unite. La scelta di Kabul esacerbò le ostilità, che si protraggono ancora oggi. Ma il vero anno di svolta fu il 2001 — inizio dell’intervento occidentale in Afghanistan — quando in Pakistan si videro le prime conseguenze devastanti del conflitto. Il Paese infatti divenne un nuovo terreno di battaglia per Al-Qaeda e i suoi gruppi affiliati.
Dopo il rovesciamento del regime dei talebani l’Afghanistan accusò l’ISI (Inter-Service Intelligence) di aver fornito rifugio ai talebani su suolo pakistano. Nonostante le accuse il Presidente afghano Ashraf Ghani cercò una riconciliazione con il Pakistan. Nel 2016 Ghani decise di firmare un “intelligence-sharing deal” col quale si aspettava che il Pakistan mettesse fine al suo supporto ai talebani. Ma questo non accadde e la sfiducia reciproca crebbe.
Rahmatullah Nabil, il capo dell’intelligence afghana che si dimise dopo il fallimento dell’accordo, ha dichiarato che il piano di azione di Ghani è fallito perché, per il Pakistan, le concessioni del Presidente non sono andate abbastanza lontano. Sempre secondo Nabil il Pakistan terminerà il supporto ai talebani e sosterrà il processo di pace di Kabul soltanto se il suo obiettivo strategico di un Governo amico in Afghanistan sarà raggiunto. L’obiettivo strategico per il Pakistan consta di vari elementi: la limitazione dell’influenza politica dell’India in Afghanistan, nemico storico del Pakistan, il riconoscimento del confine della Durand Line e la rimozione degli elementi “anti-Pakistan” nell’apparato di sicurezza afghano. Ma Kabul giudica questi obiettivi insostenibili perché lo renderebbero uno Stato ancora più debole e dipendente dal Pakistan.
Fig. 1 – Il premier pakistano Imran Khan e il Presidente afghano Ashraf Ghani durante un recente vertice a Kabul, novembre 2020
IL RUOLO DEL PAKISTAN PER LA SICUREZZA AFGHANA
L’Afghanistan raggiungerà la pace solo nel momento in cui Governo afghano e talebani, compresi quelli in esilio in Pakistan, troveranno un accordo. È necessario, quindi, che il Pakistan si impegni a rimpatriare i talebani che ospita nel proprio territorio.
“Il Pakistan vuole che l’Afghanistan e gli Stati Uniti facciano una grande offerta ai talebani per fornire loro incentivi per tornare in Afghanistan. Ciò comporterebbe dare ai talebani molto più potere di quanto il Governo afghano o gli Stati Uniti possano accettare”, ha affermato Barnet Rubin, ex funzionario del Dipartimento di Stato americano.
I talebani e – per logica estensione – il Pakistan faticano a vedere nella logica del compromesso un’alternativa allo status quo. Il Pakistan oggi beneficia sia della debolezza dello Stato afghano, necessaria per evitare una possibile alleanza con l’India, sia del supporto dei talebani, l’unico attore afghano a esso favorevole.
Oggi, nonostante il processo di pace tra Governo di Kabul e talebani vada avanti, il livello della violenza nel Paese non si è abbassato, perché i talebani continuano a commettere attentati. Le stesse porzioni di territorio controllate dal gruppo sono aumentate esponenzialmente e, grazie anche all’appoggio del Pakistan, ha visto le sue file ingrossarsi sempre di più.
L’influenza del Pakistan sui talebani però non è soltanto politica, ma anche culturale e religiosa, perché diversi esponenti di spicco del gruppo, come il Mufti Noor Wali Mehsud, vivono in Pakistan. La leadership talebana infatti risiede a Quetta, luogo da cui si dirama la rete Haqqani nel Waziristan.
Fig. 2 – Una delegazione dei talebani durante un incontro con responsabili del Ministero degli Esteri pakistano a Islamabad, dicembre 2020
SOSPETTI E COMPLICAZIONI
Tra Islamabad e Kabul si è instaurato un rapporto complesso articolato sull’intervento di più attori — i talebani e altri gruppi armati, — oltre che a quello dei due Governi. Ogni attore si muove per rendere legittimi e soddisfare i propri interessi, come nelle guerre per procura.
Il caso del legame tra talebani e Pakistan è emblematico. Da una parte infatti le forze di sicurezza pakistane accusano Kabul di sostenere quei gruppi armati che hanno come obiettivo specifico il Pakistan, come il Tehreek-e-Taliban Pakistan (TTP), mentre dall’altra Kabul attacca l’ISI per il finanziamento dei talebani e per il loro approvvigionamento militare.
La situazione oggi appare in stallo perché entrambi i Paesi non riescono a mettere in pratica un’efficiente strategia anti-terrorismo. Il Pakistan da anni è colpito da una grave crisi economica e il suo regime democratico è messo in seria discussione. L’Afghanistan continua a subire i colpi di una guerra devastante nella quale la violenza ha raggiunto livelli altissimi e in cui la questione della sicurezza è uno dei temi principali. Una delle prime mosse per cercare di sbloccare la situazione dovrebbe venire dal Pakistan. È necessario che Islamabad smetta di sostenere i talebani sul proprio territorio, come aveva precedentemente affermato, e agevoli il loro ritorno in Afghanistan, dove a cercare di reintegrarli nella società sarà il Governo afghano.
Desiree Di Marco
“Kabul province mountain” by DVIDSHUB is licensed under CC BY