Il 15 gennaio migliaia di giovani peruviani sono scesi per le strade di Lima e hanno protestato, per la quarta volta, al grido di «Ley labural verguenza nacional!» (Legge sul lavoro vergogna nazionale!). La protesta, che si è estesa in altre città peruviane, è una rimostranza contro una controversa legge sul lavoro adottata dal Governo peruviano agli inizi di dicembre.
1. IL PERÙ TRA CRESCITA E DISUGUAGLIANZA – Quella peruviana è una delle economie in più rapida crescita dell’America Latina. Secondo la Banca mondiale, l’aumento del PIL è al di sopra della media regionale, l’inflazione è tendenzialmente bassa e gli effetti di una forte crescita dell’occupazione – principalmente informale, come vedremo – e del reddito hanno ridotto in modo significativo il tasso di povertà. C’è ancora disuguaglianza sociale, ma è dovuta in gran parte alle differenze geografiche del territorio. Tuttavia, in quanto a tassi di crescita, molto probabilmente il Perù, e in generale l’America Latina, non raggiungerà i risultati dell’ultimo decennio. Ugualmente evidente è che la popolazione, una volta diminuite le disuguaglianze e aumentato il reddito, ha iniziato fisiologicamente a domandare più diritti, più servizi e migliori condizioni di vita.
2. LA RIFORMA DEL LAVORO GIOVANILE – La nuova Legge n°30288, che ha causato le proteste e che entrerà in vigore il 16 marzo 2015, è stata soprannominata “Legge Pulpín”, da “Pulp”, una marca di succhi di frutta onnipresenti nei cestini del pranzo dei bambini. Il termine Pulpín, oggi utilizzato comunemente in Perù, fa riferimento all’inesperienza tipica della gioventù ed è stato adottato per ridefinire la legge in maniera dispregiativa e indicarne la temuta controindicazione: lo sfruttamento del lavoro dei dipendenti più giovani. Il nuovo contratto di lavoro – régimen laboral juvenil – secondo il Governo dovrebbe incentivare le assunzioni di lavoratori tra i 18 e i 24 anni, ma dal punto di vista dei giovani negherebbe loro i diritti fondamentali. I giovani nuovi assunti non avranno diritto ad alcun tipo di CTS (Compensazione per tempo di servizio), avranno ferie dimezzate, non avranno tredicesima, né quattordicesima e non potranno accedere a quei bonus oggi garantiti dal Governo (come quello familiare, che corrisponde al 10% del salario minimo) ai lavoratori assunti con tipologie di contratti ordinarie.
Il presidente del Perù Ollanta Humala
3. MANIFESTAZIONI E ARRESTI – Il presidente Ollanta Humala insiste: sebbene, come accennato prima, la crescita c’è stata e un aumento dell’occupazione anche, una delle principali sfide per la crescita del Perù è quella di generare un mercato del lavoro che sia ugualitario e formale. La legge, secondo i piani, permetterà ai giovani – senza (molta) esperienza – di inserirsi nel mercato del lavoro formale, con delle condizioni vantaggiose – diminuendo i costi – per chi sceglierà di puntare su di loro, ma non per i giovani stessi. Eppure nel Paese sono scoppiate violente proteste, che sono culminate con la manifestazione del 15 gennaio scorso (ora già famosa grazie all’hashtag #15E). La manifestazione si è svolta a Lima al grido di «Ley labural, verguenza nacional!» e ha provocato l’arresto di 30 persone e il ferimento di diversi poliziotti. L’episodio denota come in America Latina il cammino verso un pieno sviluppo economico e sociale sia ancora irto di ostacoli e come la sfida dell’equità sociale si stia imponendo in questa nuova fase storica per la regione, dopo aver compiuto enormi progressi in tema di lotta alla povertà.
Rossella Palma
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Un chicco in più
Alla fine degli anni Ottanta il Perù ha affrontato una crisi politica, accompagnata da iper-inflazione e indebitamento. Il Paese ha attuato un piano di austerità, che ha aperto l’economia agli scambi e ha tagliato le spese. L’industria nazionale si è indebolita e molti peruviani hanno perso il lavoro a causa delle privatizzazioni. Conseguentemente è nato un mercato informale, un mercato parallelo, uno dei motivi per cui è difficile stimare il tasso di disoccupazione reale del Paese.
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