Un antico poema yemenita recita: l’uomo più sfortunato è chi cavalca il leone o chi governa lo Yemen. Dopo l’ufficializzazione del colpo di Stato, il movimento Houthi si è reso conto di quanto ciò sia vero.
Sono sottoposti, infatti, ad attacchi giornalieri da parte di AQAP (al Qaeda nella Penisola araba) mentre il presidente Hadi ha riorganizzato le proprie forze ad Aden. Ma chi sono gli Houthi?
TENTATIVI DI DIALOGO – Il colpo di stato del 6 Febbraio ha avuto una serie di conseguenze che sembrano condurre a una sempre più veloce frammentazione del Paese. Nelle principali città vi sono state manifestazioni in favore del Presidente Hadi che da Aden sta organizzando un Governo ad interim e paventando la divisione in due del Paese. Le forze del movimento nordista, inoltre, hanno subito attentanti a ritmo quasi giornaliero da forze jihadiste. Questa situazione potrebbe indurre gli Houthi al dialogo perché, secondo April Longley Alley, ricercatrice dell’International Crisis Group, “sono vittime del loro stesso successo” e le loro azioni, li hanno portati ad alienarsi tutti i maggiori attori politici oltre che i Paesi del Golfo.
Fig. 1 – Manifestazione degli Houthi nella capitale Sana’a
CHI SONO GLI HOUTI? – Capire chi e che cosa sono gli Houthi è complesso sia perché il movimento ha subito notevoli cambiamenti dalla sua nascita a oggi e sia perché gli attacchi dei loro avversari politici hanno reso difficile capire la realtà dei fatti.
Il movimento prende il nome da una famiglia sayyid (discendente del Profeta), della città di Sa’ada nel nord dello Yemen. In particolare, appartenevano alla minoranza sciita degli Zaiditi che fino al 1962 avevano controllato lo Yemen attraverso l’Imamato. Dopo la rivoluzione e la Repubblica si era instaurato all’interno del Governo un discorso ostile allo sciismo in generale e allo zaidismo. In particolare, questi ultimi erano presentati come oscurantisti e causa dell’arretratezza del Paese. L’accusa di voler rifondare l’Imamato, fondata o no, aveva condotto all’esclusione degli zaiditi da posizioni di potere e alla creazione di scuole per predicazione del sunnismo salafita in zone a preponderanza sciita quali ad esempio Sa’ada.
L’aggressiva predicazione sunnita provocò una rinascita del credo zaidita negli anni ’90 tramite il gruppo “al-Shabab al-Mu’min” (i giovani credenti). Inizialmente non si trattava di un gruppo paramilitare bensì religioso volti alla predicazione del credo zaidita. L’organizzatore principale di questa rinascita fu Hussein Badr al-din al-Houthi, membro del parlamento tra il 1993-1997. Dopo l’11 Settembre 2001, le politiche del presidente Saleh si allinearono sempre di più a quelle americane provocando aspre proteste, in particolar modo dopo l’attacco all’Iraq. I malcontenti non erano dettati solamente dalla politica estera di Saleh, ma anche dall’emarginazione economica delle regioni settentrionali del Paese. La reazione governativa fu inizialmente di tipo politico: il gruppo fu accusato di voler restaurare l’Imamato e di appartenere ad una forma di sciismo radicale paragonabile agli Hezbollah o a quello iraniano. Nel 2004 la polizia fu incaricata di arrestare Hussein: negli scontri che seguirono, il primo leader degli Houthi fu ucciso. Questo esacerbò la situazione e prima il padre (al-Badr al-Din al-Houthi) e poi suo fratello (Abd Malik al-Houthi) continuarono la lotta.
Fig.2 – Attivista di formazioni paramilitari fedeli agli Houthi
LE SEI MAREE DI GUERRA – Tra il 2004 e il 2010 vi furono sei maree nella guerra di Sa’ada: così gli Yemeniti chiamano il ritorno della guerra nelle regioni del nord. Il numero totale dei morti non è stato ancora accertato, ma alcuni parlano di almeno 250 mila persone scacciate dalle loro case. Il punto più critico per la resistenza Houthi fu tra il 2009 e il 2010 quando con l’operazione “SCORCHED EARTH” (terra bruciata) subì l’attacco congiunto dell’esercito Yemenita e di quello Saudita. Questi sei anni di guerra hanno trasformato quello che era un movimento culturale in una milizia armata ed esperta. Questo cambiamento può essere notato anche dalla modifica del nome: da “al-Shabab al-Mu’min” a “Ansar Allah”, Partigiani di Allah. Un altro effetto è stato l’allargamento della base di consenso, grazie alla partecipazione degli sciiti Ismailiti, di Sunniti e membri delle tribù scontenti dalle politiche governative.
Fig.3 – Milizie tribali ostili ad Ansar Allah in movimento nel nord dello Yemen
PRIMAVERA ARABA – L’inizio delle proteste nel Paese da parte di giovani democratici nel 2011 fu l’inizio delle fortune degli Houthi. Le truppe dell’esercito furono richiamate verso la capitale, abbandonando le milizie tribali che avevano combattuto a loro fianco. Distruggere questi gruppi fu, fra l’altro, una delle scuse che gli Houthi usarono per avanzare verso la capitale. L’incapacità di Hadi di affrontare una situazione politica complessa (movimento separatista nel Sud, presenza di AQAP e richieste degli Houthi) unita a una difficile situazione finanziaria (metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà) ha permesso agli Houthi di acquisire popolarità sufficiente per il loro colpo di mano a Settembre con l’occupazione della capitale. La mossa del 6 Febbraio, però sembra essere stata un azzardo e accolta con proteste di piazza a favore di Hadi nelle città e attacchi jihadisti nel Sud (al-Bayda) e nell’Est (Marib) del Paese.
Fig. 4 – Il presidente Hadi parla ai membri di una tribù rimasta a lui fedele
UN NUOVO CONFLITTO SETTARIO? – La domanda corre il rischio di ridurre il conflitto yemenita a uno scontro tra sunniti e sciiti. Non è così: tanto per cominciare gli Houthi non sono tutti sciiti, tra loro vi sono sunniti e sciiti ismailiti. Un secondo punto da far notare è che non tutti gli Zaiditi supportano gli Houthi e che la dialettica utilizzata dai ribelli s’incentra sulla corruzione del Governo, i prezzi alti e la crisi economica, non su questioni religiose. La possibilità di una deriva esiste soprattutto perché AQAP (Al-Qaeda in the Arabian Peninsula) sta tentando di inquadrare il conflitto attuale in una cornice settaria in modo da attrarre a sé il consenso delle tribù locali.
L’influenza iraniana sulle guide del movimento Houthi è indiscutibile: sia Hussein al-Houthi che il fratello hanno vissuto a Qom, Iran, e hanno dimostrato sia nei loro scritti sia in interviste una certa ammirazione sia verso le forze Hezbollah che verso l’Ayatollah Khomeini. Tuttavia, questo non si traduce in una dipendenza da Teheran né per quanto riguarda i materiali né a livello politico. Riconoscere rapporti privilegiati con l’Iran implicherebbe, infatti, un’accettazione delle accuse portate avanti da Saleh e Hadi ovvero che gli Houthi sono uno strumento iraniano e questo ridurrebbe a zero la capacità del gruppo di governare il Paese.
La ripresa dei negoziati a Riyadh annunciata il 12 Marzo dimostra che il gruppo è ben consapevole dell’impossibilità di governare da solo e questa scelta potrebbe evitare un’implosione del Paese.
Veronica Murzio
[box type=”shadow” align=”center” class=”” width=””]Un chicco in più
Per chi chi volesse approfondire i temi trattati consigliamo le seguenti letture:
- Zachary Laub, Who are Yemen’s Houthis?, February 25, 2015 Council on Foreign Relations
- Lucas Winter, Yemen’s Houti Movement in the Wake of the Arab Spring, August 23, 2012 Combating Terrorism Center
- Jeb Boone, The Rise Of The Houthis: A Brief History Of Yemen’s New Power Brokers, January 24, 2015 MintPress News
- Brandon James, From Obscurity to Dominance: The Continuing Rise of Yemen’s al-Houthi Movement, Terrorism Monitor Volume: 12 Issue: 23 December 5, 2014
- Marieke Brandt, The Irregulars of the Ṣaʿdah War: ‘Colonel Shaykhs’ and ‘Tribal Militias’ in Yemen’s Ḥūthī Conflict (2004-2010), in “Why Yemen Matters a society in transition”, Soas Middle East Issues
- Nancy Jamal, The Rise of Houthism in the “Happy Yemen“
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Foto: francisco.j.gonzalez