In 3 sorsi – Mohammad Javad Zarif, consigliere strategico per la politica estera del Presidente iraniano Masoud Pezeshkian, si è dimesso per evitare ulteriori pressioni sul Governo. È importante capire se questo provoca un effettivo indebolimento del Presidente e quale ruolo gioca la massima pressione del Presidente americano Donald Trump sul Paese.
1. LE DIMISSIONI DI ZARIF
Mohammad Javad Zarif, figura di spicco nel sostenere i colloqui con l’Occidente, ha rassegnato le dimissioni, suscitando dubbi sulla stabilità e affidabilità del Governo. L’ex Ministro degli Esteri e volto dei negoziati sostenuti dai riformisti con le potenze internazionali che hanno portato all’accordo nucleare iraniano del 2015 ha confermato la decisione in un post online, affermando che questa scelta arriva dopo “l’era più amara dei miei 40 anni di servizio”. In particolare, Zarif ha dichiarato di essere stato “consigliato” dal capo della magistratura Gholamhossein Mohseni Ejei, il quale lo ha invitato a tornare a insegnare all’università. Da mesi Zarif era sottoposto a pressioni da parte delle fazioni più dure del Parlamento affinché si dimettesse sulla base di una legge del 2022 che vieta ai cittadini con doppia cittadinanza – o a quelli con familiari di primo grado con doppia cittadinanza – di assumere cariche politiche. I due figli di Zarif sono cittadini statunitensi.
Nonostante le dimissioni, però, Zarif continua a prestare servizio. Lo ha dichiarato una portavoce del Governo Fatemeh Mohajerani, a segnalare, forse da parte del Presidente, una riluttanza a lasciarlo andare. La portavoce, inoltre, ha dichiarato che le dimissioni di Zarif non sono state ufficialmente accettate, sottolineando che la sua nomina non è stata ancora revocata, né è stato nominato un sostituto.
Fig. 1 – Mohammad Javad Zarif all’ultimo World Economic Forum di Davos, 22 gennaio 2025
2. IL RAPPORTO CON GLI STATI UNITI
Le dimissioni di Zarif hanno scatenato aspre reazioni politiche in Iran, con i conservatori che hanno celebrato la notizia e i riformisti allarmati dalle implicazioni su larga scala. I repubblicani consideravano la sua posizione nel Governo come un pericolo, accusandolo di avere troppi legami con forze straniere. La decisione è avvenuta meno di quattro settimane dopo che la Guida Suprema Ali Khamenei ha ribadito la propria opposizione ai negoziati con gli Stati Uniti, una posizione che ha minato il ruolo di Zarif nel Governo. È opinione diffusa infatti che Zarif sia entrato a far parte dell’Amministrazione di Pezeshkian per contribuire a negoziare con la comunità internazionale un altro accordo nucleare simile al Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), scartato da Donald Trump durante il primo mandato. Tuttavia, il mese scorso, Khamenei, il decisore supremo del Paese, ha respinto l’idea di colloqui con Trump, dopo che il Presidente degli Stati Uniti ha confermato (di nuovo) la sua politica di “massima pressione” contro il Paese subito dopo la sua rielezione, segnando l’inizio di un nuovo periodo di forti tensioni nelle relazioni tra Stati Uniti e Iran.
Le dimissioni di Zarif, duro colpo al Governo ancora relativamente nuovo del Presidente Masoud Pezeshkian, seguono l’impeachment del Ministro dell’Economia, Abdolnaser Hemmati. Il Parlamento iraniano si è espresso con 182 voti a favore dell’impeachment. Hemmati in precedenza era stato anche Governatore della Banca centrale iraniana. Era in carica da soli sei mesi e 12 giorni, l’impeachment più rapido nella storia della Rivoluzione iraniana del 1979. I conservatori lo accusano del continuo declino della valuta nazionale e degli elevatissimi livelli di inflazione. Proprio l’inflazione e l’incessante svalutazione del rial hanno infatti scatenato una rabbia diffusa, soprattutto tra i gruppi a basso reddito. Anche l’agenzia di stampa Fars, affiliata al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC), ha espresso le proprie preoccupazioni, citando l’aumento vertiginoso dei prezzi dei beni di prima necessità. L’elevata emigrazione dal Paese poi continua ad accelerare: secondo un rapporto dell’agenzia di stampa Tasnim migliaia di docenti universitari si sono dimessi (o sono stati espulsi) a causa della precarietà delle prospettive economiche e per il peggioramento delle condizioni di vita.
Fig. 2 – Il Ministro dell’Economia Abdolnaser Hemmati, recentemente costretto alle dimissioni dopo un voto di impeachment del Parlamento iraniano
3. PUNTO DI SVOLTA
Gli osservatori politici ritengono che senza Zarif e altri leader moderati, come il Ministro dell’Economia Hemmati, la capacità di Pezeshkian di partecipare agli sforzi diplomatici sia stata notevolmente svantaggiata. Aiuterebbe senz’altro essere rimossi dalla lista nera del Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (GAFI), l’organismo che supervisiona la trasparenza globale delle transazioni finanziarie, oppure l’interruzione delle sanzioni economiche americane e europee. Certo è che la partenza di Zarif rappresenta un punto di svolta nella traiettoria politica e diplomatica dell’Iran. Rappresenta uno spostamento dall’impegno attento con l’Occidente verso una strategia più dura, nonostante il Paese si trovi ad affrontare maggiore isolamento, insicurezza economica e crescenti tensioni regionali e internazionali.
Desiree Di Marco
“Mohammad Javed Zarif (01910459)” by IAEA Imagebank is licensed under CC BY-SA