In occasione del settantesimo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale, la Russia di Vladimir Putin ha messo in piedi una sontuosa e spettacolare parata militare, volta a rivendicare il proprio ruolo storico nella sconfitta della Germania nazista e le proprie ambizioni di grande potenza mondiale. Ma i leader occidentali hanno disertato in massa l’evento, dando in alcuni casi vita a celebrazioni polemicamente opposte alla sfilata nazionalista di Mosca. Non è solo la crisi ucraina a provocare tale reazione, ma anche un’interpretazione del secondo conflitto mondiale molto diversa da quella russa.
L’OMBRA DELL’UCRAINA – Il 9 Maggio scorso Mosca ha celebrato in pompa magna il settantesimo anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista, mettendo in mostra tutta la forza del proprio formidabile apparato militare. Di fronte al Cremlino sono infatti sfilati oltre 16mila soldati e più di 150 mezzi corazzati, inclusi i nuovissimi carri armati T-14 Armata. Sul cielo moscovita sono poi sfrecciati ripetutamente numerosi caccia da combattimento, impegnati in spettacolari coreografie aeree applauditissime dagli oltre 500mila spettatori presenti all’evento. Seduto al centro del palco principale, il Presidente Vladimir Putin ha assistito con visibile orgoglio patriottico a questa grandiosa manifestazione della potenza militare russa, frutto di oltre sei mesi di accurata preparazione scenografico-mediatica, e ha pronunciato parole di elogio per i veterani della Seconda Guerra Mondiale, che condussero l’Armata Rossa alla conquista di Berlino dopo quattro anni di sanguinosi combattimenti sul fronte orientale. Un elogio sincero poichè lo stesso Putin ha rivelato nei giorni precedenti alla parata di avere un profondo legame personale con gli eventi del conflitto, in virtù dell’esperienza diretta dei suoi genitori, sopravvissuti agli orrori del lungo assedio di Leningrado e ai feroci combattimenti contro la Wehrmacht in Ucraina.
Fig. 1 – Vladimir Putin assiste alla parata di Mosca insieme al Presidente cinese Xi Jingpin
Putin ha anche approfittato dell’occasione per attaccare i tentativi statunitensi di creare un mondo “unipolare”, sacrificando i legittimi interessi della Russia e mettendo in pericolo la pace mondiale. Al contrario, il Presidente russo ha insistito sulla necessità di costruire un “sistema di sicurezza [internazionale] uguale per tutti gli Stati”, simile per certi versi alla grande alleanza tra l’Unione Sovietica e le potenze occidentali che portò alla sconfitta di Hitler nel 1945. Molti osservatori hanno giustamente interpretato tali parole come un chiaro rimprovero al Presidente statinitense Obama e ai principali leader europei, assenti dalla parata moscovita in aperta polemica con le azioni della Russia nella crisi ucraina. Nonostante l’importante supporto dato con i convogli artici allo sforzo bellico sovietico negli anni Quaranta, la Gran Bretagna ha infatti mandato come rappresentante alle celebrazioni russe solo Sir Nicholas Soames, nipote di Winston Churchill, mentre il Presidente francese Francois Hollande ha preferito commemorare la fine della guerra in Europa a Parigi, ignorando volutamente lo spettacolo militare moscovita. Assente dalla Piazza Rossa anche la Cancelliera tedesca Angela Merkel, che si è recata a Mosca per commemorare i caduti sovietici solo il giorno dopo la parata, esprimendo ancora una volta la propria condanna dell’annessione russa della Crimea in conferenza stampa.
VISIONI CONTRAPPOSTE – Le tensioni internazionali sull’Ucraina hanno quindi parzialmente offuscato il clima festoso delle commemorazioni russe, rivelando una frattura profonda tra Mosca e i Paesi occidentali. A dispetto della presenza del Presidente cinese Xi Jingpin e di altri leader asiatici, il boicottaggio euro-americano della parata moscovita ha infatti reso l’evento simbolicamente e idealmente disgiunto dalle altre celebrazioni per la fine della Seconda Guerra Mondiale nel Vecchio Continente, relegando la Russia quasi ai margini della memoria ufficiale europea degli avvenimenti degli anni Quaranta. Allo stesso tempo sembra quasi di essere tornati, da un punto di vista storiografico-culturale, ai tempi della Guerra Fredda, con una dura contrapposizione tra Occidente e Russia sui rispettivi meriti nella sconfitta della Germania nazista. Il decisivo contributo della Russia sovietica nella lotta contro Hitler viene infatti pesantemente ridimensionato nelle narrazioni e nelle commemorazioni pubbliche occidentali del secondo conflitto mondiale, mentre la Russia rivendica spesso in modo esagerato tale contributo, presentandosi come sola e unica potenza vincitrice del “mostro” nazista. Le avvisaglie di questa memoria storica divisa (e faziosa) si erano già viste a Gennaio durante le commemorazioni per il settantesimo anniversario della liberazione di Auschwitz, con Putin non invitato alle cerimonie pubbliche nell’ex lager nazista e paragonato addirittura dai Governi europei ad Hitler, ma è solo con le manifestazioni per la fine della guerra in Europa dei giorni scorsi che la questione è venuta prepotentemente alla ribalta, con le pacifiche ed elegiache cerimonie in Occidente opposte mediaticamente al nazionalismo militare della parata di Mosca.
Fig. 2 – Concerto a Londra per il VE Day di quest’anno
Si tratta di un’opposizione così stridente che non può essere semplicemente spiegata con i contraccolpi diplomatici della crisi ucraina, per quanto importanti essi siano. In realtà la divisione tra Russia e Occidente sulla memoria del 1945 rivela la presenza di due visioni irrimediabilmente contrapposte della Seconda Guerra Mondiale, che alimentano le rispettive ambizioni di queste due forze geopolitiche nell’Europa orientale e nello spazio post-sovietico. Per l’Occidente la Seconda Guerra Mondiale è un capitolo chiuso, un tragico evento del passato che serve come base ideale per il continuo perseguimento del progetto di integrazione europea. In tal senso il conflitto viene usato politicamente per sostenere valori di solidarietà e di riconciliazione tra i vecchi nemici degli anni Quaranta, come la Germania e la Polonia, liberandoli simbolicamente dai rancori del passato e facendoli cooperare all’interno dell’Unione Europea e di altre organizzazioni internazionali. Allo stesso tempo la vittoria del 1945 viene vista come il trionfo indiscutibile della liberaldemocrazia e del capitalismo sul più distruttivo dei totalitarismi novecenteschi, e viene spesso presentata come ispirazione ideale di una politica estera volta alla promozione dei diritti umani ed all’inserimento di Paesi poveri o in via di sviluppo all’interno dell’attuale sistema economico globale. È un trionfo apparentemente confermato dal crollo del blocco sovietico nel 1989, che ha aperto la porta ad un’ulteriore avanzata dell’Occidente e dei suoi valori nel cuore dell’Eurasia, ormai libero dal ferreo controllo di Mosca. Da qui il carattere elegiaco e generalmente pacifico delle celebrazioni per la fine della Seconda Guerra Mondiale, con molti concerti e poche salve di cannone.
Fig. 3 – Carri armati T-14 Armata sfilano durante le celebrazioni sulla Piazza Rossa
Per la Russia la Seconda Guerra Mondiale è invece una questione ancora aperta, combattuta addirittura con le armi nell’est dell’Ucraina. Ancora traumatizzato dall’umiliante conclusione dell’esperienza comunista, il Paese vede infatti nella Grande Guerra Patriottica contro Hitler l’unica esperienza positiva di un secolo tragico e difficile, dominato dalle brutali repressioni del regime staliniano e terminato con la caotica disintegrazione dell’URSS nel 1991. In tale contesto gli anni 1941-45, seppur terribili e sanguinosi, assumono quindi un valore estremamente positivo, simbolo di orgoglio patriottico, solidarietà nazionale e ascesa di uno Stato povero e isolato ai vertici del sistema internazionale. Grazie alla guerra Mosca diventa una potenza globale, capace di ispirare milioni di persone nel mondo e di influenzare la costruzione dell’ordine post-bellico, andando al di là dei propri limiti storici e geografici. Inoltre la Seconda Guerra Mondiale rappresenta anche il momento in cui la Russia trova un terreno di identificazione comune con l’Occidente, sentendosi finalmente parte della civiltà europea, se non addirittura la sua salvatrice dalla barbarie nazista. Un momento assai breve e conclusosi drammaticamente, dal punto di vista russo, con il tradimento occidentale della Guerra Fredda e del periodo post-sovietico, segnato dall’inesorabile avanzata di UE e NATO all’interno dell’Eurasia. Da qui il carattere militare e nazionalista delle commemorazioni della vittoria del 1945, volte a rivendicare i sacrifici fatti per liberare l’Europa da Hitler e riaffermare l’importanza fondamentale della Russia per la stabilità dell’attuale ordine internazionale, basato ancora sugli eventi di settant’anni fa.
STORIA E GEOPOLITICA – Allo stesso tempo la parata di Mosca è anche un modo per mandare un segnale forte e chiaro contro ogni ulteriore intervento occidentale nello spazio post-sovietico, mantenendo gli Stati vicini sotto l’influenza politica ed economica della Russia. Sì, perchè la storia e le sue molteplici interpretazioni non hanno solo valenza simbolica e culturale, ma sono parte integrante della strategia geopolitica di Stati e Governi, fornendo legittimità alle loro azioni e potenti argomenti propagandistici contro quelle dei loro avversari. Ecco quindi che Putin ha usato in questi anni le celebrazioni per la vittoria del 1945 e il mito della Grande Guerra Patriottica a sostegno della sua aggressiva strategia di difesa della sfera di influenza russa nello spazio post-sovietico, presentando i suoi nemici come “nazisti” e gli interventi diplomatici o militari contro di loro come dirette prosecuzioni delle battaglie del 1941-45. È il caso dell’Ucraina, dove la ribellione filo-russa nel Donbass viene presentata come una “crociata” anti-fascista, o delle Repubbliche baltiche, accusate di nazismo per la loro rimozione dei simboli sovietici del passato ed il loro sostegno all’allargamento dell’Unione Europea ad est.
Fig. 4 – Una donna mostra entusiasta il ritratto di Stalin durante la parata di Mosca
Putin però non è il solo a manipolare la storia della Seconda Guerra Mondiale per i propri interessi geopolitici. Anche l’Occidente usa tecniche simili, paragonando il leader del Cremlino a Hitler e rinfacciandogli i crimini commessi da Stalin in Polonia e nelle Repubbliche baltiche durante la breve alleanza con la Germania nazista del 1939-41. E l’Ucraina e gli altri Stati post-sovietici stanno reinterpretando il proprio coinvolgimento nella Grande Guerra Patriottica per costruire un’identità nazionale autonoma, distanziandosi dalla Russia e presentandosi come vittime del regime sovietico, pronte ad integrarsi nel sistema politico-militare occidentale. Nella battaglia per il futuro dell’ex URSS la storia gioca quindi un ruolo fondamentale, fornendo munizioni retoriche e mediatiche a tutti i contendenti. La Seconda Guerra Mondiale continua, sia sui campi di battaglia del Donbass che nelle parate commemorative di Mosca e delle altre capitali europee.
Fig. 5 – Veterani polacchi depongono fiori su una fossa comune in Ucraina, dove migliaia di loro commilitoni furono assassinati dal regime sovietico nel 1940
Simone Pelizza
[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più
Assenti i Paesi occidentali, Cina, India e Mongolia hanno assunto il ruolo di ospiti d’onore alla parata di Mosca, facendo anche sfilare alcuni contingenti delle proprie Forze Armate a fianco di quelle russe. Il Presidente cinese Xi Jingpin ha anche invitato Putin alle prossime commemorazioni a Pechino per il settantesimo anniversario della fine della guerra in Asia, confermando a livello simbolico il nuovo asse russo-cinese in Eurasia. [/box]
Foto: leon-id