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Scandalo FIFA: una crisi internazionale

Ieri sette dirigenti della FIFA sono stati arrestati in Svizzera su richiesta dell’FBI, mentre domani si terrà il congresso per scegliere il nuovo Presidente. Blatter è ancora il favorito, nonostante, sebbene non indagato, sia nel pieno della turbolenza. Tuttavia, dietro la crisi dei vertici del calcio mondiale c’è anche uno scenario geopolitico, un triangolo tra USA, Russia e Qatar.

CHE COSA È SUCCESSO?Una crisi internazionale, ecco che cosa ha investito la FIFA – un’Organizzazione che nulla ha da invidiare all’ONU quanto a numeri, essendone talvolta addirittura superiore in pervasività politica. Per quanto i contorni fossero imprevedibili, in molti si aspettavano un’azione clamorosa nei riguardi dell’organo di governo del calcio mondiale, soprattutto negli Stati Uniti. Andiamo però per gradi. Ieri, su mandato dell’FBI, le Autorità svizzere hanno arrestato 7 alti dirigenti della FIFA, accusati di reati che vanno dalla corruzione, alla frode, passando per il riciclaggio di denaro. Non risulta invece indagato Joseph Blatter, il Presidente, che domani cercherà di essere eletto al quinto mandato consecutivo, sfidando il giordano al-Husayn. La tempistica scelta dall’FBI è significativa, perché l’azione è giunta a due giorni da un congresso caratterizzato da polemiche e reciproche accuse, con il ritiro di due candidati, Michel Van Praag (Presidente della Federazione olandese) e Luis Figo, ex calciatore che ha rilasciato nei giorni scorsi un comunicato molto duro nei confronti di Blatter. Da Washington è stato spiegato come le indagini, in corso dal 2013, riguardino gli ultimi venti anni di storia della FIFA, da prima quindi che il dirigente svizzero divenisse Presidente. Le persone arrestate, tra le quali due vice di Blatter, provengono tutte dai vertici del calcio delle Americhe e l’FBI ha potuto agire in quanto i reati sono stati commessi manovrando denaro da istituti di credito statunitensi e su suolo statunitense. I grandi accusatori della FIFA, ossia il ministro della Giustizia Loretta Lynch, l’FBI e l’Agenzia del fisco (IRS), hanno parlato di un sistema dai connotati mafiosi, capace di muovere centinaia di milioni di dollari e penetrare in ambienti all’apparenza integri. Washington ha chiesto alle Autorità svizzere, che stanno conducendo una propria indagine autonoma, di estradare i dirigenti fermati, ma al momento solo due di essi hanno ammesso le proprie colpe. L’FBI sta proseguendo la propria opera: altri arresti potrebbero essere in arrivo, magari dopo il 29 maggio e forse diretti contro dirigenti dell’area caraibica.

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Fig. 1 – Proteste contro Blatter

L’AZIONE DEGLI USA – La stampa statunitense aveva avuto il sentore che qualcosa stesse per accadere, tanto che non è da escludersi che alcuni giornalisti americani fossero già sul luogo del blitz, l’hotel Baur au Lac di Zurigo. I toni americani nei confronti della FIFA non sono mai stati morbidi, però negli ultimi due anni si è assistito a un forte inasprimento delle posizioni pubbliche – riscontrabile anche nel Regno Unito dopo la sconfitta dell’Inghilterra per i Mondiali del 2022. Bisogna dire che il rapporto tra il calcio e gli Stati Uniti è piuttosto ambiguo, perché da un lato c’è un movimento in rapida ascesa, dall’altro si riscontra una forte ostilità da parte di molti conservatori, che considerano il soccer uno sport contrario ai valori tradizionali americani. L’avversione tra Washington e Blatter, comunque, è affare noto. L’accelerazione delle indagini si è avuta negli ultimi mesi, per la coincidenza di mezzi (informazioni e prove), clima favorevole (l’ostilità del pubblico verso Blatter) e possibilità di tentare uno sgambetto geopolitico a Russia e Qatar. Il primo elemento, sebbene cronologicamente posteriore rispetto all’altro, è il caso Garcia, derivato da un vero e proprio autogoal della FIFA. Su sollecitazione di molte parti dell’opinione pubblica mondiale, infatti, Blatter aveva avviato un’indagine interna sugli episodi di corruzione legati all’assegnazione dei Mondiali in Russia (2018) e Qatar (2022). A condurre le investigazioni fu chiamato Michael Garcia, procuratore di New York vicino all’Amministrazione Bush e già impegnato nella lotta al terrorismo. Il rapporto conclusivo riportò prove circostanziate di un malaffare diffuso a ogni livello della FIFA e mostrò come il Qatar avesse agito pesantemente per ottenere il favore dei delegati chiamati ad assegnare il Mondiale del 2022. Addirittura si è parlato di pagamenti tramite concessioni di gas e petrolio da Doha ad alcuni Paesi africani. Tuttavia, giunto ai vertici dell’Organizzazione, il rapporto di Garcia è stato censurato, con le oltre trecento pagine ridotte ad appena una quarantina e le accuse di corruzione derubricate a episodi non dimostrabili. Garcia si è dimesso in segno di protesta nel dicembre 2014 e ha preso a collaborare con le Autorità statunitensi. Qualche tempo prima, l’FBI aveva già cominciato a contare sulle informazioni fornite da Chuck Blazer, ex altissimo dirigente della FIFA chiamato “Mr. 10 per cento”, che, dopo l’arresto nel 2013 per evasione fiscale, ha deciso di collaborare con la giustizia.

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Fig. 2 – Loretta Lynch, ministro della Giustizia statunitense

UNA LETTURA GEOPOLITICA: LA RUSSIA – Poco sopra si citava un motivo geopolitico che avrebbe spinto gli Stati Uniti a dedicarsi all’affaire FIFA: si tratta di una motivazione che non deve essere accantonata, perché, anche se si parla di calcio, tentare un sgambetto a Mosca e Doha di sicuro non dispiace a Washington. Non è un caso che la Russia abbia reagito con durezza alla notizia del blitz dell’FBI. Il Ministro degli Esteri Lavrov, per esempio, ha parlato di una grave prevaricazione da parte degli USA, i quali, chiedendo alla Svizzera l’arresto e l’estradizione dei dirigenti FIFA (cittadini di uno Stato terzo), avrebbero violato il diritto internazionale. I russi hanno richiamato subito il dubbio che i reali obiettivi statunitensi fossero gettare discredito su Blatter – ritenuto troppo amico dell’altra metà del globo – e privare Mosca dei Mondiali. Il che, in fin dei conti, non è poi da escludersi, soprattutto perché la Russia stessa ha puntato sulla Coppa del Mondo all’interno di una strategia che intende lo sport come una proiezione della politica di potenza. Basti pensare che dal 2013 al 2018 il Paese ha ottenuto i Mondiali di atletica, nuoto e hockey, le Olimpiadi invernali e il Gran Premio di Sochi, una politica di “accumulazione” condotta anche da Brasile e Turchia. Sulla Coppa del Mondo di Putin grava la minaccia di un boicottaggio da parte dell’Occidente, ipotesi avanzata dal Regno Unito e allo studio della Commissione Europea, che, però, potrebbe ritorcersi contro gli stessi promotori, dato che Mosca ha già lasciato intendere che potrebbe organizzare un torneo del resto del mondo – e sarebbe interessante capire dove giocherebbe il Brasile. In questo senso, anche se l’operazione sostenuta da dipartimento della Giustizia, FBI e IRS di per sé non avesse mire geopolitiche, i risvolti penalizzanti per la Russia potrebbero in qualche modo essere positivi per Washington.

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Fig. 3 – Putin e Blatter

UNA LETTURA GEOPOLITICA: IL QATAR – La dinamica è simile per Doha, che, anzi, è la principale accusata nel rapporto di Michael Garcia. Il Qatar è da sempre un alleato per Blatter, sin dalla sua prima elezione nel 1998, ma è comprovato che il Mondiali del 2022 siano stati assegnati in modo irregolare. Il Paese del Golfo è da qualche anno uno dei protagonisti della geopolitica mondiale, soprattutto grazie al suo attivismo nel sostegno alla Fratellanza musulmana e ai movimenti combattenti islamisti in Medio Oriente. A sua volta il Qatar ha individuato nello sport uno straordinario strumento di politica internazionale, come dimostrato dagli investimenti del suo fondo sovrano in molte discipline, a cominciare dal calcio (si vedano i casi di Paris Saint Germain e Manchester City). Recentemente, per esempio, la Nazionale di pallamano di Doha è stata la prima squadra non europea a salire sul podio dei Mondiali dagli anni Trenta, risultato ottenuto con opache naturalizzazioni di giocatori del Vecchio continente. L’immissione di grandi capitali nello sport è uno dei vettori principali della linea del Qatar per accrescere il proprio status di potenza politico-economica e Blatter sta assecondando questo progetto tramite la tutela di un clima favorevole al Paese. Il riferimento è sia alla decisione di disputare la competizione a novembre (anziché in estate), con lo stravolgimento di tutti i calendari calcistici mondiali, sia al ben più grave silenzio sulla violazione dei diritti umani dei lavoratori in Qatar. Gli operai che stanno costruendo gli stadi sono per lo più provenienti dall’Asia e sottoposti a un regime di schiavitù di fatto, con passaporti sequestrati e senza alcun tipo di garanzia. Si stima che il Mondiale d’inverno finora sia costato la vita nei cantieri ad almeno 1.200 persone (2,5 al giorno), ma per la fine dei lavori le vittime potrebbero essere 4mila, come riportato anche da un articolo con infografica del Washington Post. Se, quindi, le critiche a Russia 2018 al momento sono soprattutto politiche, riguardo al Qatar il confronto internazionale è giustamente focalizzato sull’emergenza per i diritti umani, piuttosto che sulla strategia di Doha o sul suo ruolo in Siria.

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Fig. 4 – Blatter annuncia l’assegnazione dei Mondiali di calcio al Qatar

DIFESA PREVENTIVA – Adesso la FIFA – o meglio Blatter – cercherà di giocare d’anticipo. Il portavoce De Gregorio ha dichiarato che il congresso si terrà regolarmente e che, analogamente, non sono in discussione i Mondiali 2018 e 2022. Blatter sa che per lui è fondamentale restare al vertice dell’Organizzazione, perché da lì può in qualche modo riuscire a tenere sotto controllo la situazione. È chiaro che il vero obiettivo delle Autorità statunitensi sia il Presidente, ma bisogna considerare che, di per sé, lo svizzero è quasi inarrivabile. La FIFA è a tutti gli effetti un attore geopolitico, capace di creare e cavalcare le dinamiche delle relazioni internazionali – ne sono prova la scelta di Russia e Qatar per la Coppa del Mondo. Negli anni Blatter ha investito enormi quantità di denaro in progetti di sviluppo in Africa, Asia e Sudamerica e, come ha denunciato Luis Figo nel comunicato con il quale si è ritirato dalla corsa presidenziale, in molti Paesi lo svizzero è considerato una divinità. I collegamenti di Blatter sono profondi e diffusi, tali da consentirgli numerose vie di fuga – c’è però chi ha lasciato intendere che farebbe bene a non visitare gli USA nei prossimi anni. Il Presidente è allo stato dei fatti un fine e machiavellico politico e ha la consapevolezza che non può restare inattivo di fronte alle operazioni dell’FBI. Ecco quindi che, tramite De Gregorio, Blatter si è detto soddisfatto e fiero degli arresti, perché frutto di denunce e informazioni fornite spontaneamente dalla FIFA alle Autorità. Anzi, sarebbe stata proprio l’Organizzazione a sollecitare l’intervento della giustizia. L’FBI ha citato casi di corruzione e sperpero sin dalla metà degli anni Novanta, dimostrando come il malaffare abbia interessato ogni settore dei vertici del calcio mondiale, dall’assegnazione dei Mondiali 2010, 2018 e 2022 (ma c’erano già state voci di illecite interferenze per quelli del 2002, denunciate dall’allora segretario generale Zen-Ruffinen, a sua volta finito in uno scandalo di tangenti), all’organizzazione delle competizioni regionali nelle Americhe, fino agli accordi sui diritti tv. Secondo Blatter gran parte del merito per le indagini andrebbe proprio al desiderio della FIFA di fare pulizia. Il piano del Presidente, però, va oltre: probabilmente egli accetterà di collaborare in misura maggiore con le indagini delle Autorità svizzere, che, come accennato, stanno lavorando anche autonomamente, affinché l’FBI sia esclusa da alcune informazioni chiave. Per tutto ciò Blatter ha bisogno di restare al vertice della FIFA: per quanto la UEFA abbia chiesto un rinvio del congresso, le elezioni si svolgeranno e lo svizzero sarà riconfermato grazie ai voti di Africa, Sudamerica, Nordamerica e parte dell’Europa, Italia compresa.

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Fig. 5  – Blatter stringe la Coppa del Mondo di calcio

E IL CONGRESSO? – Ormai l’unico avversario di Blatter è Ali ibn al-Husayn, fratello del re di Giordania Abd Allah II e considerato l’astro nascente della FIFA. Al-Husayn ha avuto incarichi importanti nella Federazione asiatica, ha sostenuto il diritto delle calciatrici musulmane a indossare il velo (riuscendo a far decadere il divieto imposto dai regolamenti) e ritiene fondamentale che le singole Organizzazioni regionali abbiano una propria autonomia rispetto alla FIFA, il cui compito dovrebbe essere di raccordo e facilitazione. Fino a poco tempo fa erano candidati alla presidenza anche Van Praag e Figo, che si è ritirato il 21 Maggio accusando sia l’Organizzazione di non aver permesso una campagna elettorale regolare, sia Blatter per non aver accettato un dibattito pubblico. Nonostante ciò per il Presidente in carica non dovrebbero esserci problemi, perché gli interessi in gioco sono talmente elevati che difficilmente Africa, parte dell’Europa, Nordamerica e Sudamerica gli volteranno le spalle. E poi, in fondo, Blatter non è indagato: è nel mirino, ma non è indagato… L’ineffabile Blatter.

Beniamino Franceschini

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Qui l’infografica del Washington Post citata nell’articolo.[/box]

Foto: Alfred Grupstra Photography

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Beniamino Franceschini
Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’Università di Pisa, sono docente di Geopolitica presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Pisa. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa.

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