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La Primavera messicana

A meno di venti giorni dalle elezioni presidenziali, il dibattito entra nel vivo, così come il fermento all'interno della società. Gruppi studenteschi si mobilitano per contrastare la candidatura del favorito Enrique Peña Nieto e per chiedere maggiori diritti e libertà di informazione. Intanto, il secondo dibattito televisivo tra i candidati si è svolto senza troppe sorprese

FERMENTO SOCIALE – Domenica mattina di fermento a Cittá del Messico. Migliaia di giovani nelle piazze lungo la via Reforma, l'arteria principale della cittá che 6 anni fa era occupata dalla resistenza di López Obrador dopo che gli era sfuggita la vittoria sul filo di lana. Più di centomila persone, secondo la questura, universitari prima, oggi accompagnati da una varietà di soggetti della società civile: operai, contabili, amministratori, sociologi, piccoli imprenditori, sembrano essersi risvegliati dopo anni di apatia politica. Nell’ultimo mese manifestazioni di giovani delle principali università del paese hanno invaso le città messicane, in particolare la capitale, cassa di risonanza per tutta la Repubblica.

UN MOVIMENTO CONTRO PEÑA NIETO – Il movimento “Yo soy 132”, nato dopo la visita di Peña Nieto all’Università privata Iberoamericana quando diverse centinaia di studenti lo hanno accolto con grida come “Assassino”, “Stupratore”, “Repressore”, ricordandogli la mattanza di Atenco, dove lo accusano di aver ordinato la repressione armata del movimento contadino che protestava per le loro terre, riunisce studenti di diverse classi sociali ed ha incontrato l’appoggio di diverse anime della società. Chiedono più informazione, più libertà di espressione, la fine del duopolio televisivo, e sono completamente avversi ad Enrique Peña Nieto, candidato del Partido Revolucionario Institucional (PRI), accusandolo di rappresentare quella classe politica e imprenditoriale corrotta che domina il paese mantendolo nella povertá e spartendosi i proventi.

Peña Nieto nell’ultima settimana ha ricevuto l’adesione alla sua candidatura di ex presidenti degli altri due grandi partiti della política messicana, PAN e PRD, così come di alcuni fuoriusciti da tempo. E tra gli esponenti di questo gruppo dei “Responsabili messicani”, si nota l’ex dirigente del PAN Manuel Espino che aveva lasciato il PRI per appoggiare l’attuale presidente Calderón nel 2006. Recentemente sono stati indagati anche l’ex governatore di Tamaluipas, Tomás Jesús Yárrington Ruvalcaba, per riciclaggio di denaro sporco e complicità in una strage compiuta dai narcotrafficanti, e il contabile di Humberto Morerira, ex governatore dello Stato di Coahuila, per concussione, entrambi membri attivi della campagna di Peña Nieto, come gli fu ricordato durante il secondo e ultimo dibattito tra i candidati.

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IL SECONDO DIBATTITO TV E LE PROPOSTE DI LÓPEZ OBRADOR – chiudere la giornata politica messicana il secondo dibattito, stavolta organizzato come un comizio: 8 minuti e 30 secondi a testa in ognuno dei 5 temi scelti dall’Instituto Federal Electoral, diviso in 4 interventi liberi. Nel mezzo delle solite accuse e delle promesse senza fondamento, spicca la posizione di López Obrador sugli Stati Uniti, che lo ha fatto allontanare dallo “spettro chavista” che lo perseguita. Nella sua proposta si mostra convinto di dover cooperare con il gigante nordamericano, con il quale divide 3000 km di frontiera e stretti legami economici e politici, ma suggerisce di dimenticare la cooperazione militare e i muri tra i paesi e di promuovere una politica di sviluppo e lavoro per far crescere il Messico e frenare il movimento migratorio. Se fosse eletto, sarà un alleato della amministrazione Obama nella geopolitica latinoamericana per contrastare la forza “sudamericanista” e che sta spostando gli equilibri regionali verso sud?

Andrea Cerami (da Città del Messico)

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