Le recensioni del Caffè – Nel suo ultimo libro Federico Simonti esplora il concetto di Frontiera e i suoi molteplici sviluppi nel corso della storia umana
“Ogni volta che l’uomo si è incontrato con l’altro, ha sempre avuto davanti a sé tre possibilità di scelta: fargli la guerra, isolarsi dietro a un muro o stabilire un dialogo”. (R. Kapuscinski)
L’invenzione della Frontiera di Federico Simonti non è un diario di viaggio. Non è nemmeno un libro di storia o di geopolitica. L’invenzione della Frontiera è tutte queste cose insieme. È una costruzione narrativa a più livelli, una indagine storico-filosofica, una raccolta di autori, personaggi , luoghi, tutti legati fra loro dal tema della Frontiera.
La Frontiera con la F maiuscola perché l’obiettivo dell’autore, peraltro riuscito, è di mettere in primo il concetto metafisico di frontiera. La Frontiera come sfida, passaggio, invenzione convenzionale, linea mobile e in continua trasformazione fra “Noi” e l’ “Altro”. Progressivamente la Frontiera ha perso queste sue connotazioni, ha perso il suo significato etimologico e concettuale originario, l’idea propria di essere di fronte a qualcuno o a qualcosa da attraversare.
Attraverso sequenze di luoghi e di tempi vediamo la Frontiera assumere le sembianze di giganteschi muri, perdere la sua naturale porosità e diventare sempre più sbarramento, barriera difensiva, demarcazione tra civilizzazione e barbarie.
Fig. 1 – Il confine turbolento tra Stati Uniti e Messico
Architetto di formazione, viaggiatore di vocazione, Federico Simonti traccia un excursus storico, erudito, ma non didascalico, sulla nascita e l’evoluzione della Frontiera. Ne ripercorriamo la storia partendo dalla antica Grecia, attraversando il limes Imperii dei romani, passando per i grandi Muri della storia, la Grande Muraglia, il Muro di Berlino, fino ad arrivare all’orribile e gigantesco muro americano che separa gli Stati Uniti dal Messico e a quello israeliano che si snoda attraverso la Cisgiordania.
Grazie alle sue numerose esperienze di viaggiatore Federico Simonti va oltre il noto, ci presenta frontiere spesso ignorate, addirittura sconosciute ai più. Dal Sud Africa post Mandela, all’ Arabia Saudita, alla Turchia, perfino in India ci imbattiamo in muri-frontiere costruite per tenere fuori “l’Altro”. Troppo ottimisticamente, ci ricorda l’autore, abbiamo pensato che la caduta del Muro di Berlino fosse la fine di tutti i muri-frontiere. Ci accorgiamo, invece, che ad estinguersi è solo un certo tipo di frontiera, quella ottocentesca, delimitazione ed espressione della sovranità statale.
[box type=”shadow” align=”alignright” class=”” width=””]“Calato il sipario con la caduta del Muro di Berlino, sul secolo breve, […] la riorganizzazione dello spazio passa attraverso la produzione di nuove e numerose frontiere, [ …] oggi produrre frontiere sembra una moda che non conosce confini [… ]. Dal 1991 sono stati istituiti più di 28mila km di nuove frontiere internazionali e altri 24mila km sono stati oggetto di accordi, di limitazioni e di demarcazioni […]”.[/box]
La globalizzazione, che sembrerebbe condurre a un mondo senza frontiere, ha invece reinventato il concetto di Frontiera, ne ha aggiornato la funzione. Le frontiere del XXI secolo sono molto più insidiose perché sono invisibili. Qui Federico Simonti rimanda alle frontiere di Impero di Toni Negri, le frontiere transnazionali, le frontiere globali dei grandi poteri mondiali che delineano nuove forme di sovranità de-territorializzate e in continua espansione. E poi, ancor più perniciose per la loro natura, ci sono le frontiere interne, quelle che attraversano invisibili le nostre metropoli, che confinano gli “indesiderati” tracciando un reticolo di ghetti e divisioni tra cittadini ed immigrati.
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[/box]Malgrado non neghi l’ apparente ineluttabilità delle frontiere (frequente infatti il rimando a Foucault e al suo L’ossessione delle frontiere), Federico Simonti rimane ottimista, profondamente convinto com’è della necessità di difendere la Frontiera nella sua funzione, sempre attuale, di spazio in cui cedendo alla curiosità si finisce col superare i confini per rispettarli.
Un elogio alla Frontiera quello di Federico Simonti , workshop creativi dell’arte di vivere insieme, per citare Bauman, ma anche un invito ad attraversarla, a sperimentarne le specificità avvicinandoci a popoli che hanno fatto del vivere sulla frontiera il senso della loro identità collettiva.
La Frontiera altrimenti diventa Muro, ammonisce Federico Simonti, si trasforma in una prigione per entrambe le parti, per chi la subisce ma anche per chi la erige, come i recenti avvenimenti alle porte dell’Europa stanno a dimostrare.
Mariangela Matonte
Foto: Irma-48