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Mozambico: quarant’anni di indipendenza

A fine giugno il Mozambico ha festeggiato solennemente il quarantesimo anniversario della propria indipendenza, ottenuta dopo un lungo e sanguinoso conflitto col Portogallo nel 1975. Ma non è stata affatto un’indipendenza facile: guerre civili, disastri ambientali e sottosviluppo economico hanno per lungo tempo relegato il Paese ai margini della scena internazionale, rendendolo una delle nazioni più povere e dimenticate dell’Africa subsahariana. Ora, però, il Mozambico sembra essere giunto ad un bivio importante della sua giovane storia, grazie a una ritrovata stabilità politica e alla scoperta di importanti giacimenti di gas naturale nelle sue province settentrionali.

UNA GRANDE FESTA – Il 25 giugno scorso lo Stadio Machava di Maputo è stato il principale teatro dei solenni festeggiamenti per il quarantesimo anniversario dell’indipendenza mozambicana, tra danze tradizionali, lanci di paracadutisti e spettacolari acrobazie aeree. Oltre al Presidente Felipe Nyusi e al Primo ministro Carlos Agostinho do Rosário, erano presenti alle celebrazioni anche i capi di Stato di Zambia, Tanzania, Namibia e Malawi, accompagnati dal nonagenario leader zimbawese Robert Mugabe, attuale Presidente dell’Unione africana.
Prima di recarsi allo Stadio Machava per i festeggiamenti, tutti questi importanti ospiti stranieri si sono ritrovati con Nyusi nella Piazza degli Eroi, vicino all’aeroporto internazionale di Maputo, dove hanno deposto i loro omaggi sulle tombe di Eduardo Mondlane e Samora Machel, i due leader politici che condussero la lotta indipendentista del Paese contro il  Portogallo nei tardi anni Sessanta. In tale occasione Mugabe ha ricordato con commozione il “compagno di lotta” Machel, protagonista della lunga battaglia per la decolonizzazione dell’Africa del Sud, mentre il Presidente Nyusi ha invitato il Mozambico a guardare con ottimismo al futuro, costruendo «un Paese unito ed economicamente forte», capace di affrontare le sfide del mondo globalizzato del XXI secolo.

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Fig. 1 – Il Presidente Felipe Nyusi arriva allo Stadio Machava per le celebrazioni del quarantesimo anniversario dell’indipendenza del Mozambico

LUNGA GUERRA COL PORTOGALLO – Le parole fiduciose di Nyusi non sono solo retorica. Per la prima volta nella sua giovane storia, il Mozambico sembra essere infatti sulla strada della stabilità politica e della prosperità economica, obiettivi entrambi sfuggiti al Paese africano nei suoi primi decenni da Stato indipendente. Al contrario, il popolo mozambicano ha pagato per lungo tempo le tragiche conseguenze della propria lotta contro il colonialismo portoghese, iniziata nei primi anni Sessanta sotto la guida dell’intellettuale socialista Eduardo Mondlane. Organizzatisi nel Fronte di Liberazione del Mozambico (FRELIMO), inizialmente operante dalla vicina Tanzania, gli indipendentisti mozambicani lanciarono, sin dall’autunno 1964, una dura guerriglia contro le autorità coloniali portoghesi, stabilendo in poco tempo una serie di roccaforti politico-militari nel nord del Paese. Tuttavia il Governo portoghese rifiutò con fermezza qualsiasi accordo con i ribelli e tentò a più riprese di sconfiggere il FRELIMO attraverso lunghe e devastanti operazioni anti-guerriglia dirette dai generali Antònio Augusto dos Santos e Kaúlza de Arriaga. Pur fallimentari, le azioni dell’Esercito portoghese inflissero gravi perdite sia ai ribelli che alla popolazione civile, rilocata spesso a forza all’interno di enclave strategiche simili a quelle istituite dagli americani nel Vietnam del Sud.
Nel 1969, i servizi segreti di Lisbona riuscirono anche ad assassinare Mondlane, che fu sostituito alla guida del FRELIMO da Machel, comportando un’ulteriore radicalizzazione in senso marxista dell’organizzazione. Nel 1974, dopo dieci anni di feroci combattimenti, la “rivoluzione dei garofani” in Portogallo aprì finalmente la strada a una risoluzione pacifica del conflitto e una serie di negoziati diplomatici a Lusaka, capitale dello Zambia, stabilì una graduale tabella di marcia per l’indipendenza del Mozambico, conclusasi con successo nel giugno 1975.

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Fig. 2 – Guerriglieri del FRELIMO si addestrano in Tanzania, 1965

GUERRA CIVILE E POVERTÀ – Ma la raggiunta indipendenza non portò pace e stabilità in Mozambico. Al contrario, le tendenze autoritarie del FRELIMO e gli ambiziosi programmi socio-economici di Machel, volti a costruire uno Stato collettivista di tipo sovietico, finirono per provocare gravi tensioni politiche e per agevolare l’azione destabilizzante del vicino Sudafrica, preoccupato per un possibile “contagio” rivoluzionario all’interno dei propri confini. Aiutato dal regime segregazionista della Rhodesia, il Governo sudafricano sostenne infatti la creazione di una coalizione armata anti-governativa, meglio nota come Resistenza Nazionale Mozambicana (RENAMO), che lanciò nei tardi anni Settanta una violentissima campagna armata sia contro il FRELIMO che il movimento ZANU di Robert Mugabe, finendo per controllare un vasto territorio a cavallo del confine tra Mozambico e Rhodesia. Guidata da Alfonso Dhlakama, l’organizzazione ricevette sostanziosi aiuti logistici e finanziari dai servizi segreti sudafricani e dalla CIA, mentre il Governo di Machel si appoggiò invece a Unione Sovietica e Cuba, che inviarono decine di consiglieri militari a Maputo.
Nel 1984 il Sud Africa accettò di disimpegnarsi dalla guerra civile mozambicana in cambio di precise garanzie politiche, inclusa l’espulsione di molti membri dell’African National Congress (ANC) rifugiatisi in territorio mozambicano, ma il conflitto tra RENAMO e FRELIMO continuò imperterrito sino ai primi anni Novanta, devastando le già fragili infrastrutture economiche del Paese e provocando oltre un milione di morti. Nel 1992 si giunse finalmente a un cessate al fuoco e alla firma di una serie di importanti accordi di pace, avvenuta soprattutto grazie al prezioso lavoro diplomatico della Comunità di Sant’Egidio. Tuttavia il quadro politico mozambicano rimase estremamente fragile per tutto il decennio successivo, anche a causa del mancato reintegro dei veterani RENAMO nelle nuove Istituzioni democratiche del Paese, mentre l’economia nazionale continuò a navigare intorno a livelli di mera sussistenza, condannando larghe fasce della popolazione alla povertà più assoluta. Una povertà esemplificata dalle strade dissestate e dai palazzi fatiscenti della capitale Maputo, quasi una città fantasma nei tardi anni Novanta.

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Fig. 3 – Una foto recente di soldati del movimento ribelle RENAMO, protagonista della lunga guerra civile mozambicana

UN BOOM INATTESO – Le cose cominciarono a cambiare durante il biennio 2002-2004, che vide sia una serie di importanti riforme economiche che lo svolgimento di regolari elezioni politiche senza boicotaggi da parte della RENAMO. Dal punto di vista economico, il rafforzamento dell’apparato fiscale dello Stato permise la ricostruzione di infrastrutture produttive e di trasporto distrutte durante la guerra civile, accompagnata da una sensibile riduzione del debito pubblico con l’estero. Allo stesso tempo la scoperta di ingenti giacimenti minerari (alluminio, ferro, oro, carbone) nelle province centrali del Paese attirò i massicci investimenti di multinazionali occidentali e delle economie emergenti dell’Asia orientale, consentendo una crescita eccezionale del PIL con tassi annuali del 7%. Dal punto di vista politico, la sostanziale accettazione del sistema vigente da parte della RENAMO – ancora guidata dal leader storico Dhlakama – consentì lo svolgersi di regolari elezioni parlamentari e municipali, dando stabilità e sicurezza alla fragile democrazia multipartitica nata dagli accordi di pace del 1992. Inoltre l’abbandono da parte del FRELIMO del proprio tradizionale centralismo socialista permise una parziale riorganizzazione dello Stato mozambicano su basi simil-federaliste, con una maggiore autonomia decisionale di Autorità provinciali e comunità locali anche su questioni di carattere economico-finanziario.
Queste tendenze sono diventate sempre più rilevanti negli ultimi anni, trasformando il Paese in uno dei grandi protagonisti del recente “miracolo” economico africano. La stessa Maputo si è riempita rapidamente di grattacieli, alberghi, banche e boutique, vedendo crescere il numero dei propri abitanti oltre un milione e settecentomila nel 2007. Anche Internet point e telefoni cellulari hanno fatto la loro comparsa nelle strade della capitale mozambicana, aumentando il livello di interazione del Paese con il resto del mondo. Il settore minerario continua a trainare l’economia nazionale e la scoperta di significativi giacimenti di gas naturale nel bacino del fiume Rovuma, vicino al confine con la Tanzania, promette di rendere il Mozambico uno dei maggiori produttori mondiali di tale preziosa risorsa entro pochi anni. Non a caso grandi compagnie internazionali come ENI e Anadarko Petroleum Corporation hanno lanciato vari programmi di esplorazione nella provincia settentrionale di Cabo Delgado, programmando la costruzione dei primi impianti di estrazione e trasporto per il 2018. Nel frattempo anche il settore agricolo sta attirando cospicui investimenti esteri, mentre il turismo conosce un vero e proprio boom inaspettato, con oltre 30mila persone impiegate nelle strutture alberghiere di Maputo e nelle principali località balneari del Paese (Pemba, Xai-Xai, Tofo).

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Fig. 4 – Una strada di Maputo con una gigantografia elettorale del Presidente Nyusi

RISCHI E INCOGNITE – Non è però tutto oro quel che luccica. La basi della nuova prosperità mozambicana sono molto fragili e i rischi di un brusco ritorno alla miseria e all’insicurezza del passato sono più che reali. Anzitutto, il Paese è estremamente vulnerabile a disastri ambientali e cambiamenti climatici: nel 2000-2001, per esempio, le province meridionali intorno ai fiumi Limpopo e Zambezi hanno conosciuto devastanti inondazioni che hanno distrutto i raccolti e ucciso centinaia di persone, uno scenario tragicamente ripetutosi nel 2013 e nel 2015. Nel 2002 e nel 2014 le stesse aree hanno poi sofferto lunghi periodi di siccità, rovinando economicamente decine di migliaia di contadini. Una combinazione di aiuti internazionali e sussidi governativi ha temporaneamente risolto tali situazioni di crisi, ma l’estrema fragilità del settore agricolo mozambicano è evidente, così come l’assenza di adeguate infrastrutture per far fronte a eventi climatici o ambientali eccezionali. Allo stesso tempo il boom del settore minerario è messo a rischio da corruzione governativa e speculazioni finanziarie, con diverse compagnie straniere come Coal India e Staoil che stanno gradualmente limitando i propri investimenti economici in Mozambico.
Anche a livello politico il Paese sta attraversando un momento difficile. Frustrata dai propri insuccessi elettorali e parlamentari, la RENAMO ha ripreso in mano le armi nel 2012 e ha lanciato una serie di violenti attacchi contro obiettivi militari nella provincia di Sofala, una delle più povere del Mozambico. Nonostante diversi negoziati ufficiali tra Dhlakama e il Governo di Maputo, la situazione resta tesa e il neo-Presidente Felpe Nyusi – eletto con il 57% dei voti nell’autunno 2014 – ha promesso di trovare una soluzione permanente al problematico reintegro della RENAMO nella vita politica del Paese. Nyusi si è anche impegnato a combattere la corruzione governativa e a riformare la stuttura interna del suo Partito, il FRELIMO, liberandola dalle tendenze autoritarie e nepotistiche del passato. La posta in gioco è alta: solo se riuscirà prima a riformare con successo il sistema politico nazionale Nyusi potrà poi rilanciare l’economia del Mozambico, offrendo solide garanzie di stabilità interna agli investitori stranieri. Da questo punto di vista i prossimi mesi saranno decisivi per vedere se il nuovo Presidente riuscirà o meno nei suoi ambiziosi intenti.

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Fig. 5 – Un mercato popolare nel centro di Maputo

Simone Pelizza

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Un chicco in piĂą

Il Royal Institute of International Affairs di Londra ha pubblicato un interessantissimo rapporto sulle prospettive economiche del Mozambico nei prossimi anni. Il documento può essere scaricato gratuitamente qui. [/box]

Foto: zug55

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Simone Pelizzahttp://independent.academia.edu/simonepelizza

Piemontese doc, mi sono laureato in Storia all’Università Cattolica di Milano e ho poi proseguito gli studi in Gran Bretagna. Dal 2014 faccio parte de Il Caffè Geopolitico dove mi occupo principalmente di Asia e Russia, aree al centro dei miei interessi da diversi anni.
Nel tempo libero leggo, bevo caffè (ovviamente) e faccio lunghe passeggiate. Sogno di andare in Giappone e spero di realizzare presto tale proposito. Nel frattempo ho avuto modo di conoscere e apprezzare la Cina, che ho visitato negli anni scorsi per lavoro.

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