In 3 sorsi – Lo scorso 30 settembre la Gran Bretagna ha rinunciato al carbone per la produzione di energia. La notizia fa seguito ai dichiarati obiettivi del Governo di voler ridurre le emissioni del Paese del 68% in confronto ai livelli del 1990 entro il 2030, per poi raggiungere la neutralità climatica nel 2050.
1. LA FORZA DEL FOSSILE
Il Regno Unito diventa il primo Paese del G7 a rinunciare al carbon fossile. La scelta può essere letta in contrapposizione a quella tedesca che nell’aprile 2023 aveva invece deciso di rimuovere dal mix energetico il nucleare, mantenendo però fino al 2038 proprio il carbone, sollevando non poche critiche sulla sostenibilità dell’indirizzo. Tuttavia il reale impatto della direzione sul mix energetico del Paese è irrilevante. Sul totale dell’energia utilizzata nel 2023, il carbone contribuiva per appena il 3%.
Mediaticamente la decisione sembra aver avuto successo, ma sul piano della lotta al cambiamento climatico e della riduzione delle emissioni, l’abbandono del carbone manterrà il settore energetico del Paese ancora fortemente ancorato ai combustibili fossili. Nello stesso periodo di riferimento, infatti, il petrolio e il gas naturale hanno assicurato al Regno Unito, tra produzione interna e importazioni, oltre il 70% del fabbisogno energetico. In dettaglio, le importazioni del 2023 ammontavano al 44,3% dei prodotti energetici, evidenziando la vulnerabilità del Regno Unito rispetto al mercato globale dell’energia.
La manovra di Londra appare ancora più marginale se si rapporta la notizia ai dati relativi alla produzione interna da carbone del Paese. In tutto il 2023 solo lo 0,4% del 3% totale dell’energia derivata dal carbone veniva generata nei confini nazionali. Tale precisazione è determinante per evidenziare lo stesso modo di agire tra la politica tedesca e quella britannica. La scelta di rinunciare alla fonte meno socialmente rilevante dal punto di vista economico e lavorativo ha permesso a entrambi i Governi di promuovere politiche green, senza incorrere nel dissenso popolare.
Fig. 1 – Ultimo impianto a carbone del Regno Unito
2. LE ALTRE FONTI ENERGETICHE DEL REGNO UNITO
Esigua è la produzione di energia da fonti rinnovabili. Nel 2023, con una capacità installata degli impianti di circa 55 gigawatt si riusciva a generare solamente il 20% dell’energia richiesta. Nonostante la crescita della quota energetica derivata da fonti verdi, il dato indica non solo come il Regno Unito sia ancora lontano dal soddisfare il proprio fabbisogno energetico in maniera sostenibile, ma anche che l’attesa accelerazione verso la transizione verde non si sia verificata. La capacità delle rinnovabili nel Regno Unito nel 2023 era inferiore a quella installata in altri Paesi europei: circa 10 gigawatt in meno di Francia e Italia, 25 gigawatt della Spagna e ben 110 gigawatt della Germania.
Infine, all’interno del mix energetico figura un 7,3% di energia atomica. Questa quota sembra però destinata a crescere notevolmente, in linea con il piano varato dall’ex Governo britannico che fissa a 24 gigawatt la capacità da raggiungere entro il il 2050.Â
Fig. 2 – Proteste contro l’inquinamento dovuto alle aziende del fossile
3. LA MOTIVAZIONE
In tale contesto, la scelta del Regno Unito va interpretata in base a motivazioni che vanno oltre il semplice desiderio di sostenibilità . Così come per Berlino l’industria del carbone ha radici profonde nella storia e nella cultura del popolo tedesco, allo stesso modo il petrolio e il gas sono da considerarsi costituenti imprescindibili del tessuto industriale del Regno Unito. Aziende come British Petroleum (BP), British Gas e l’anglo-olandese Shell plc hanno tutte sede nell’area metropolitana di Londra, rappresentando un luogo di impiego primario del secondo settore britannico. Inoltre, il Governo britannico sottolinea chiaramente come anche sul piano fiscale le aziende del fossile abbiano notevole importanza, con ben 9 miliardi di sterline entrate nelle proprie casse nel periodo finanziario 2022-23, aspetto questo non secondario nell’indirizzare l’orientamento delle policy energetiche.
Luca Sinagra Brisca
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