Gli eventi recenti in Terra Santa (gli scontri a Gerusalemme, in particolare sulla Spianata delle Moschee, l’uccisione di un bimbo in attacco incendiario di matrice estremista ebraica, gli accoltellamenti al Gay Pride da parte di un Haredim, ecc.) continuano a riproporre un tema che Il Caffè Geopolitico presenta ormai da qualche anno
MENO INTERESSANTE MA IMMUTATO – Mentre l’attenzione mediatica si allontana dal conflitto israelo-palestinese perchĂ© “non piĂą interessante” dal punto di vista delle cancellerie internazionali, focalizzate su una guerra al terrorismo vista come piĂą vasta e differentemente localizzata, la situazione in Israele, Cisgiordania e Gaza rimane invece infuocata. La motivazione, al di lĂ delle retoriche di parte, è la stessa: Netanyahu continua a cercare di mantenere l’attenzione rivolta ai nemici esterni, alle minacce internazionali come l’Iran, ma è la situazione interna a sfuggire di mano e, anzi, a mostrare il peggioramento di una tendenza in progressiva evoluzione.
Dal punto di vista politico, l’analisi, nelle sue linee essenziali, non è complicata: l’ANP (Autorità Nazionale Palestinese) ha sempre meno mezzi per modificare la politica israeliana, e del resto l’ambiente politico palestinese è sempre più interessato alle proprie lotte di potere e alle influenze esterne, come la prossima lotta per il controllo dell’ANP tra Abu Mazen e Mohammed Dahlan (quest’ultimo uomo degli Emirati Arabi Uniti, desiderosi di escludere ancora di più Hamas dal potere).
La palla è dunque da parte israeliana dove però Netanyahu, pur di restare al Governo, accetta troppi compromessi con partiti che facilitano e incoraggiano le posizioni estremiste (ad esempio Bayit Yehudi di Naftali Bennet, ma non solo). Andando a vedere la radice, la maggior parte della popolazione israeliana ha perso la capacità di sognare e pianificare un futuro migliore in termini realistici. Vive di rimessa, contando su un mantenimento di uno status quo che spera possa non essere mai seriamente minacciato e che auspica possa un giorno portare alla pace, senza sapere davvero come. Ma la realtà è diversa, e purtroppo quella parte di popolazione che invece ha ancora un sogno, e lavora attivamente per portarlo avanti, è il gruppo dei coloni, in particolare quelli estremisti che sognano una Cisgiordania totalmente annessa a Israele e priva di presenza araba. Si tratta di coloro che sognano di ricostruire il Tempio di Gerusalemme, anche a costo di distruggere la Spianata delle Moschee. E questo, a sua volta, apre la strada a chi, dall’altra parte, sogna una Palestina senza Israele, sogna di poter vendicare con il sangue quanto avvenuto, credendo sia la via giusta.
Fig. 1 – La casa palestinese incendiata il 30 luglio dagli estremisti israeliani
I SOGNATORI DELLA TERRA SANTA – Ecco, oggi in Terra Santa sognano soprattutto gli estremisti, e oltre a farlo provano, con la violenza, a realizzare questi sogni. Gli altri, purtroppo, pur avendo aspirazioni diverse, in realtĂ si rassegnano. E noi, da fuori, spesso ce ne disinteressiamo. Ed è su questo che, da analisti, vogliamo soffermarci un attimo per far riflettere: l’attenzione delle cancellerie internazionali è rivolta al terrorismo piĂą vasto e diversamente localizzato. Eppure le radici del terrorismo capace di destabilizzare intere regioni, per come tradizionalmente le identifichiamo, risiedono spesso nel senso di impunitĂ di una fazione rispetto a un’altra quando sono presenti forti driver locali (presenti nella versione ebraica) e nel disagio socioeconomico (presente nella versione palestinese). Visto che l’aspetto morale e umanitario non pare sufficiente a smuovere le diplomazie, non sarebbe ora di considerare anche questo un capitolo altrettanto vitale nella lotta contro gli estremismi, degno di attenzioni ben maggiori di quelle oggi ad esso riservate?
Lorenzo Nannetti