In 3 sorsi – La Russia ha iniziato lo schieramento di proprie forze in Siria. Analizziamo le motivazioni strategiche dietro questa mossa e facciamo il punto sulla situazione nel Paese.
1. LA SITUAZIONE – In Europa, soprattutto in Italia, se non ci fosse l’impellente questione dei profughi e dei rifugiati non si parlerebbe della Siria. Eppure, nel Paese la guerra prosegue ed è sempre piĂą complessa. Attualmente le forze fedeli al Presidente Bashar al Assad combattono contro una galassia di gruppi ribelli in tutto il territorio. Questi ricevono aiuti piĂą o meno consistenti dall’estero, ma sono frammentati e spesso in lotta tra loro. Tra tutti se ne possono distinguere alcuni: l’Esercito Siriano Libero (nato dall’iniziativa di ufficiali delle Forze Armate siriane), i curdi del YPG, il Fronte al Nusra (espressione di Al Qaeda) e l’autoproclamatosi Stato Islamico. Di questi, l’ISIS si distingue in termini di capacitĂ belliche, di propaganda e di territorio controllato. La roccaforte è nella cittĂ di Al-Raqqah e le milizie controllano la parte nordorientale del Paese, ossia quella con la maggiore quantitĂ di risorse petrolifere. I curdi sono riusciti a resistere a nord grazie soprattutto all’appoggio aereo della coalizione guidata dagli Stati Uniti, mentre le forze lealiste hanno dovuto effettuare numerosi ripiegamenti, e ora controllano la parte occidentale del Paese, ossia la costa mediterranea e il confine con il Libano, oltre alla capitale Damasco.
Fig. 1 – Membri di una delle milizie ribelli in Siria
2. COINVOLGIMENTI INTERNAZIONALI – La guerra civile in Siria è il fulcro di una partita geopolitica piĂą ampia che vede coinvolti diversi Paesi della regione e non solo. La Siria è uno Stato a maggioranza islamica sunnita, con il potere detenuto dalla minoranza islamica alawita (ramo dello sciismo), cui appartiene la famiglia Assad. Inoltre ci sono i cristiani, i curdi e i drusi. L’Arabia Saudita, campione del sunnismo e Paese aspirante all’egemonia regionale, ha da subito finanziato e sostenuto le milizie affini senza fare distinzioni tra quelle moderate (in senso occidentale) e quelle estremiste. La Siria di Assad è un forte alleato di Teheran, e quest’ultima non può permettersi che cada nella sfera d’influenza saudita tramite un cambio di regime che porti al potere un gruppo sunnita. L’Iran è divenuto perciò il primo Paese a intervenire direttamente in Siria tramite le proprie forze speciali – la forza al-Quds delle Guardie della Rivoluzione – e le milizie del partito libanese Hezbollah, oltre che con aiuti finanziari e in armamenti. La Turchia ha il suo principale interesse nell’evitare un rafforzamento e un’eccessiva legittimazione internazionale dei curdi, atavico problema interno sentito dai Governi di Ankara. Dopo i successi militari dello Stato Islamico, gli Stati Uniti hanno deciso di intervenire assemblando una coalizione di volenterosi per fermarne l’avanzata in Iraq verso la capitale Baghdad e verso la regione curda nel Nordest del Paese. L’intervento, attuato tramite le forze aeree, è stato esteso alla Siria dal settembre 2014. La Francia e la Gran Bretagna potrebbero presto unirsi agli USA. Questi ultimi hanno recentemente reso noto che le loro forze aeree potrebbero entrare in azione anche contro le minacce alle milizie da essi sostenute.
Fig. 2 – UnitĂ navali russe attraversano il Bosforo per dirigersi verso le coste siriane nel settembre 2013
3. L’ARRIVO DEI RUSSI – Sin dall’inizio del conflitto, la Russia ha sostenuto Assad. L’azione diplomatica del Cremlino fermò Stati Uniti e Francia dal bombardare la Siria dopo il presunto uso da parte delle forze lealiste di armi chimiche nei sobborghi di Damasco. L’interesse prevalente di Mosca in Siria è il porto di Tartus sul Mediterraneo, dal 1971 base logistica della flotta russa (prima sovietica) e che ne permette l’estensione del raggio d’azione. Un Governo diverso da quello di Assad potrebbe voler rinegoziare gli accordi, perciò per Mosca quest’ultimo deve rimanere in carica. Attualmente, la perdita di terreno da parte delle forze lealiste sta mettendo in pericolo questo asset strategico russo e il Cremlino ha deciso per un cambio di passo nella strategia – finora improntata sull’assistenza finanziaria, diplomatica e in armamenti, – iniziando un ponte aereo per dispiegare proprie forze sul terreno siriano. Gli aerei da cargo Antonov stanno scaricando materiali e sistemi di telecomunicazione (con relativo personale di supporto) per poter sostenere circa 1.000 uomini, probabilmente delle forze della Fanteria di Marina. L’obiettivo è mettere al sicuro la costa mediterranea del Paese e, probabilmente, le stazioni ELINT (electronic intelligence) russe presenti sul territorio. Non è ancora chiaro se le forze russe avranno una postura puramente difensiva o compieranno operazioni offensive in supporto alle forze lealiste.
Emiliano Battisti
[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in piĂą
La Fanteria di Marina russa (Morskaya Pekhota) esiste dal 1705 e ha preso parte a tutte le guerre combattute dalla Russia zarista, dall’Unione Sovietica e dalla moderna Federazione. Ogni comando di flotta russo ha in dotazione una brigata di Fanteria di Marina, ognuna suddivisa in piĂą battaglioni per compiti cosiddetti expeditionary, ossia per schieramenti oltre confine. [/box]