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Italia tra Panama e Suez: imprese, commercio, opportunitĂ  (1)

L’Italia si trova coinvolta in due cambiamenti infrastrutturali di carattere geopolitico e geoeconomico di portata storica. Da un lato l’inaugurazione del nuovo Canale di Suez, dall’altro l’espansione del Canale di Panama. Analizziamo in due approfondimenti le prospettive strategiche e commerciali derivanti dall’ampliamento dei passaggi sul canale egiziano e quello panamense.

PICCOLO PAESE CON GRANDI POTENZIALITĂ€ – Panama, di che realtĂ  stiamo parlando? Approfondiamo insieme alcune date e dati relativi alla Repubblica dell’America centrale capace negli ultimi anni di attrarre particolare attenzione internazionale.
Nel 2011 Panama viene tolto dalla lista OCSE dei paradisi fiscali e sottoscrive e ratifica diversi accordi in materia commerciale, primo fra tutti il Trattato di Promozione Commerciale (TPC) con gli Stati Uniti, la cui ratifica da parte di Washington è avvenuta nell’ottobre 2011. Il rafforzamento delle relazioni con l’economia a stelle e strisce, come vedremo piĂą avanti, si è rivelato storicamente un fattore chiave per lo stimolo della crescita e l’incremento dei flussi di beni e capitali in entrata e in uscita. Nell’agosto 2013 Panama ratifica l’Accordo di Associazione dei Paesi centro-americani con l’UE, firmato nel giugno 2012 (subito dopo la adesione di Panama al SICA, il Sistema di Integrazione Economica Centroamericana). GiĂ  membro del WTO dal 1997, dopo aver fatto parte insieme all’Italia del Consiglio di Sicurezza ONU (biennio 2007-2008), la piccola Repubblica ha conseguentemente dato inizio a un periodo di stabilizzazione sul piano internazionale, che l’ha resa molto attrattiva in termini di investimenti.

L’IMPORTANZA DEL  CANALE – Il Canale è certamente il principale elemento di attrattivitĂ . Nel rapporto della Contraloria sulle attivitĂ  economiche che compongono il PIL, si segnala che il settore “costruzioni” ha fatto registrare un valore pari al +29,8% dovuto principalmente all’esecuzione di lavori pubblici in infrastrutture e investimenti privati in progetti residenziali e non residenziali, ai lavori realizzati per l’ampliamento del Canale di Panama, e all’avanzamento dei lavori della costruzione della Linea Uno della Metropolitana. Ciò comporterĂ  non solo benefici di tipo economico, ma renderĂ  l’area zona di passaggio strategica. Il tutto accrescendo la giĂ  storica competizione con l’Egitto di Suez. Tenendo conto che la popolazione della Repubblica dell’Istmo è pari a 3.661.868 abitanti, di cui un terzo concentrati nell’area metropolitana della capitale Panamá, risulta fondamentale comprendere quanto il Canale impatti sull’economia dello Stato, sul lavoro dei panamensi e sulla capacitĂ  di attrarre know-how, imprenditorialitĂ  e investimenti dalle regioni vicine.

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Fig.1 – Un’immagine del Canale di Panama

ECONOMIA PANAMENSE – Alcuni dati sull’economia panamense possono essere utili a capire i motivi che spingono Paesi come l’Italia a porre attenzione a quanto accade oltreoceano. Dopo aver chiuso il 2013 con una crescita del prodotto interno lordo pari all’8,4%, il PIL del 2014 si è “fermato” ad un 6.2%, mentre le prospettive per il 2015 dovrebbero mantenersi in linea con l’anno precedente (+6%secondo il FMI). In ogni caso le performance continuano a rimanere alte. Ma quali settori sono principalmente coinvolti nel trend positivo del mercato interno? Secondo dati ITA-ICE «Nel periodo in esame il PIL panamense ha avuto la seguente composizione: Trasporti e sevizi di logistica (19,2%), Commercio (16,4%), Costruzioni (15,0%), AttivitĂ  immobiliari e quelle del settore terziario (13,7%), Sevizi di intermediazione finanziaria (7,5%), Servizi del Governo centrale (7,0%), Industria manifatturiera (4,8%), Hotel e ristoranti (3,1%), Energia elettrica e risorse idriche (2,4%), Agricoltura (2,3%), Servizi comunitari (2,0%), AttivitĂ  mineraria (1,4%), Servizi di salute (1,1%), Istruzione fornita dal settore privato (0,9%), Prestazione di lavori domestici (0,6%), Pesca (0,3%), Altri (2,3%)».

LIBERTĂ€ ECONOMICA E COMMERCIALE? – Secondo l’Index of Economic Freedom dell’Heritage Foundation, Panama occupa la 68° posizione, collocandosi a metĂ  circa rispetto ai competitors nella regione latinoamericana (lo superano ad esempio Cile, St. Lucia, Uruguay, Barbados, El Salvador, PerĂą, Costa Rica, Colombia, St.Vincent e Messico). Il dato pone dunque il Paese tra quelli la cui economia risulta “moderatamente libera”, a causa principalmente della scarsa flessibilitĂ  nel mercato del lavoro, dell’elevato livello di corruzione e della mancanza di indipendenza giudiziaria. Al contrario, gli indici piĂą elevati si confermano quelli riguardanti la spesa pubblica, la libertĂ  fiscale e la libertĂ  finanziaria. Ma vanno considerati anche altri dati. Ad esempio nel Global Competitiveness Index 2015-2016, il World Economic Forum categorizza Panama alla cinquantesima posizione, in calo rispetto agli anni precedenti – dietro, però, unicamente al Cile (trentacinquesima posizione) nell’area latinoamericana e caraibica. Tale importante riconoscimento intende premiare il buono stato di salute della sua economia, e in particolare la soliditĂ  del suo sistema finanziario e la dinamicitĂ  del settore infrastrutturale. Nonostante il buon risultato raggiunto, il rapporto del WEF ammonisce su alcune criticitĂ  che continuano ad ostacolare lo sviluppo del Paese, in particolare, come giĂ  sottolineato da Heritage Foundation, l’inefficienza del sistema giudiziario, la scarsa qualificazione del lavoro, l’inefficienza dell’apparato statale e l’alto indice di corruzione.

Panama quindi si dimostra un’economia dinamica, aperta, moderna e in crescita, capace di investire sul futuro e sul presente e di porsi come luogo di passaggio, interscambio, commercio e turismo con uno sguardo a 360 gradi. Una realtà insomma che fa della globalizzazione la sua chiave di volta. Tuttavia resta ancora per molti aspetti un Paese che non riesce a liberarsi di un sistema pubblico tendenzialmente inefficiente, corrotto e costoso.

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Fig.2 – La costruzione del Canale di Panama

IL NUOVO CANALE… – A 100 anni dal termine dei lavori, il Canale di Panama, secondo al mondo per lunghezza (essendo praticamente la metĂ  rispetto a quello di Suez) vive un grande momento di attenzione, derivante dal completamento dei lavori di ampliamento.
Il progetto di espansione del Canale di Panama, approvato a seguito di un referendum tenutosi nel 2006, è volto a raddoppiare la capacità del flusso di navi a partire dal 2016, permettendo il passaggio di navi più grandi, dette Post-Panamax (lunghe circa 400 metri e capaci di trasportare 13.000 container). Oltre un terzo delle navi oggi in circolazione eccedono infatti la portata delle vecchie chiuse: 294,1 metri di lunghezza, 32,3 di larghezza, 12 di pescaggio e 57,91 dal livello dell’acqua al punto più alto, per un dislocamento medio di 65 mila tonnellate. Finora il vecchio Canale di Panama poteva far transitare solo il 3% del trasporto mercantile, perché più della metà delle navi mondiali sono troppo grosse per transitare nell’Istmo. Con l’ampliamento, si taglieranno di un terzo i costi di trasporto e, come riporta lo studio del 17 giugno scorso della Banca Mondiale “Trade matters: new opportunities for the Caribbean” sulle prospettive di crescita di tutta l’area, l’espansione del Canale porterà una grande attesa verso l’aumento degli scambi tra i Paesi dei Caraibi, oltre alle modernizzazioni infrastrutturali (soprattutto porti e ferrovie) in Giamaica, Repubblica Domenicana, Bahamas e Haiti.

E GLI EFFETTI DELL’ESPANSIONE – Secondo le stime delle autoritĂ  panamensi, il terzo sistema di chiuse, che completa l’allargamento dell’infrastruttura (ora a circa 90% della sua implementazione), permetterĂ  di gestire la previsione della domanda di traffico oltre il 2025, mentre i ricavi al netto dell’inflazione dovrebbero ammontare a oltre 6,2 miliardi di dollari per quell’anno. Il ritorno dell’investimento parrebbe pertanto in grado di ridurre la povertĂ  della Repubblica panamense addirittura del 30% una volta raggiunta la massima operativitĂ . La povertĂ  intanto, tra il 2006 e il 2012 giĂ  è stata ridotta di 10 punti percentuali e la disoccupazione è scesa dal 12% al 4,5%.
Secondo l’ACP (African, Caribbean, and Pacific Group of States), l’impatto dell’espansione del canale panamense in materia di occupazione creerĂ  innanzitutto posti di lavoro direttamente generati dalla sua costruzione. Approssimativamente da 35.000 a 40.000. Questi sono i numeri dei nuovi posti di lavoro durante la costruzione del terzo set di chiuse, cui aggiungere 6.500/7.000 posti di lavoro che saranno messi a disposizione durante gli anni di picco di costruzione.

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Fig.3 – Una nave cargo presso Colon, Panama

L’IMPATTO POLITICO – Panama quindi, cerca una posizione di leader in un’area marittima strategica e in un momento storico in cui la concorrenza si è certamente inasprita (si veda ad esempio cosa accade sulle sponde del Nicaragua, o il progetto del passaggio artico-russo, che la Cina vede certamente di buon occhio). L’Egitto inoltre, competitor storico su questo tema, mira alla ripresa economica grazie al nuovo Canale di Suez e lancia una sfida aperta nei confronti di Panama, soprattutto guardando al commercio proveniente dall’Est – in particolare alla Cina. Proprio la Cina, che si sta imponendo come finanziatore principale a livello infrastrutturale in Sudamerica, e che ha di recente costituito la Asian Infrastructure Investment Bank, alla quale – tra molti – ha aderito anche l’Italia. Gli Stati Uniti, dunque, da sempre influenti e incontrastati in centro e latinoamerica (fu proprio fatto da loro il primo canale di Panama del 1914 e furono loro a liberare Panama dalla dittatura nel 1989), iniziano a percepire una concorrenza crescente. La questione è poi particolarmente delicata per Panama stessa se si pensa che la gran parte del traffico del canale al momento è garantita dal commercio statunitense.

Uno snodo tematico quello dei canali e delle rotte commerciali, che trasversalmente tange una consistente diversitĂ  di argomenti, dal piĂą immediato spostamento delle merci, alla logistica, al finanziamento infrastrutturale e quindi alle geoeconomia di numerosi Paesi che, come accade appunto per Panama, fanno del loro Canale, la principale fonte di sostentamento, sia di cassa, che come investimento per il futuro.

RELAZIONI ITALIA-PANAMA – I dati ISTAT relativi agli scambi commerciali tra Panama e Italia nel corso dello scorso 2014, confermano l’andamento di crescita in entrambe le direzioni, sia pur riferiti a volumi relativi. L’interscambio complessivo annuale Italia-Panama è passato da 383,2 a 464,6 milioni di euro con una crescita di circa il 18%; da evidenziare come il commercio tra i due Paesi sia per grandissima parte – oltre il 94% – in direzione Panama.
Sempre secondo l’ISTAT l’ammontare complessivo delle nostre esportazioni verso Panama ha raggiunto a fine anno un valore di 436,8 milioni di euro, che rappresenta una crescita, in termini percentuali, del +21,8% rispetto all’anno precedente. In particolare hanno influito in maniera decisiva nella crescita del nostro export i risultati positivi ottenuti dai prodotti della metallurgia (esclusi macchinari e attrezzature) che sono passati da 57,6 milioni di euro del 2013 a 170,15 milioni di euro del 2014, che in termini percentuali rappresenta una crescita del 195,4%.

IL BELPAESE “NEL CANALE”… – L’Italia a Panama, una storia che parla di successi recenti, ma che ha ancora molto da raccontare per gli anni a venire. Partendo dalla storica impresa “Made in Italy” del terzo sistema di chiuse del Canale (Salini Impegilo), e delle paratie (Cimolai), possiamo rilevare dai dati che il rapporto commerciale tra i due Stati è in crescita, soprattutto per l’export del Belpaese. Solo relativamente al Canale transita circa il 5% del commercio marittimo del nostro Paese, e le rotte internazionali che partono dalle principali cittĂ  della costa Est nordamericana come Seattle, Oakland, o Long Beach, e passano per Panama, arrivano fino ai grandi porti italiani del Tirreno, La Spezia, Civitavecchia e Gioia Tauro.

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Fig.4 – Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi con il Presidente di Panama Juan Carlos Varela

…NELL’INDUSTRIA – La presenza delle imprese italiane a Panama, storicamente abbastanza esigua, ha quindi evidenziato nell’ultimo periodo una sensibile crescita, come mostrato dai dati precedenti. Da rilevare, come si è visto, il grande impatto di investimenti da parte di societĂ  come Salini Impregilo attualmente impegnate nei lavori di ampliamento del Canale Interoceanico di Panama, ed il relativo indotto. Ma non solo. Mentre l’Italia delle piccole imprese arriva con maggior ritardo, realtĂ  strategiche per l’economia nazionale come il Gruppo Enel sono giĂ  presenti, ed hanno consolidato la loro presenza (Enel in particolare ha acquisito il controllo del pacchetto azionario di Fortuna, la piĂą grande centrale idroelettrica di Panama).
Lato finanziario, che come si è visto è un settore di punta per il paese centroamericano, il Gruppo Generali del settore assicurativo e finanziario, ha un ufficio di rappresentanza a Panama, mentre tendenzialmente altri comparti prediligono ancora sedi in città o Paesi di più grandi dimensioni.
Al momento, le aziende italiane in generale, come rivela il documento ICE 2014 sulla presenza italiana a Panama, si concentrano soprattutto nei settori dei servizi, moda, arredamento e costruzioni, ma sicuramente, con l’ampliamento delle rotte e dei flussi di persone, merci e capitali, Panama potrà offrire molto di più. Le possibilità di crescita per l’export quindi sono ancora numerose e certamente eventi come L’Anno dell’Italia in America Latina dovranno essere valorizzati al massimo.

Fabrizio Spaolonzi

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Un chicco in piĂą

La zona franca di COLON (ZLC) – Costituita con il decreto Legge n. 18 del 17 giugno 1948, è la piĂą grande Zona Franca dell’emisfero occidentale e la seconda a livello mondiale dopo quella di Hong Kong. La ZLC rappresenta uno dei principali pilastri dell’economia panamense, sia per il volume che per il valore delle merci importate e riesportate. Situata in un punto strategico, all’entrata atlantica del Canale, la Zona Franca di Colon è una piattaforma naturale di distribuzione dei prodotti europei, americani ed asiatici destinati ai mercati dell’America Latina. La ZLC è un’entitĂ  autonoma, con un’organizzazione propria ed è fisicamente separata dalla CittĂ  di ColĂłn, senza una popolazione residente. Ai fini fiscali la ZLC non fa parte del territorio panamense. Il suo principale vantaggio risiede nella sua posizione geografica privilegiata, infatti gode di una buona connessione.

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Foto: Silas Otero

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Fabrizio Spaolonzi
Fabrizio Spaolonzi

25 anni, nato a Torino, dopo una Laurea triennale in Economia – Commercio Estero nella mia città, devio per la specialistica su Scienze di Governo indirizzo amministrativo presso la LUISS Guido Carli, dove completo il mio percorso di studi. Intermezzo universitario di studio in Olanda, dove ho frequentato per un semestre la Radboud University di Nijmegen.
Dopo diverse esperienze di formazione e stage tra Italia ed estero approdo in FEBAF, dove mi occupo di dossier economici e regulation. Amante del caffè e appassionato di esteri, ho trovato qui la mia casa ideale.

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