Miscela Strategica – Mercoledì 7 ottobre un’inchiesta dell’Associated Press ha fatto trapelare la notizia che nel febbraio di quest’anno le autorità moldave, in collaborazione con l’FBI, hanno fermato un tentativo di vendita di materiale nucleare sul mercato nero. L’evento offre un’importante occasione per osservare i rischi e le variabili del traffico illecito di materiale nucleare e radiologico
IL CONTESTO – La dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991 portò allo scoperto le drammatiche condizioni, anche di sicurezza, in cui versavano materiali dall’impatto potenzialmente catastrofico – tra cui vanno incluse fonti sensibili ai fini della proliferazione in ambito chimico, biologico, radiologico e nucleare. Prendendo in considerazione le ultime due categorie, la Moldavia non ereditò reattori nucleari (che continua a non possedere), né un arsenale (come accadde invece a Bielorussia, Ucraina e Kazakistan), né rientra tra gli Stati in possesso di materiale utile per la costruzione di un ordigno nucleare. Ciò non toglie che sul suo territorio si trovasse materiale radiologico, rintracciabile in strutture comuni come ospedali o altri istituti. Le difficoltà, anche economiche, in cui incorse lo Stato dopo l’indipendenza, così come le vicende con la secessionista Transnistria (il cui territorio sfugge de facto alla sorveglianza delle autorità centrali), non hanno fatto altro che indebolire ulteriormente la capacità moldava di garantire la sicurezza e la registrazione di tale materiale. Tali siti sono tra le principali fonti di preoccupazione in tutto il mondo, anche negli Stati più consolidati, per via della facilità con la quale è possibile accedervi, mettendo così a facile disposizione materiali dall’impatto potenzialmente tremendo. In aggiunta a ciò si deve considerare il fatto che la medesima situazione ha colpito, e in parte colpisce ancora, l’intera area post-sovietica, rendendo vulnerabili un numero enorme di fonti. I gruppi criminali della regione hanno poi mantenuto una certa capacità di muoversi attraverso i confini grazie a un misto di carenze nel controllo delle frontiere e penetrazione nelle amministrazioni, così come grazie alla rete sviluppatasi quando gli Stati di oggi erano un tutt’uno. Il risultato è la creazione di diverse opportunità per il traffico illecito nella regione.
Fig.1 – Tecnici all’interno di un centro per il trattamento dell’uranio
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I NUMERI:
- 4: i tentativi di vendita illecita di materiale nucleare o radiologico in Moldavia negli ultimi cinque anni. La quantità e la pericolosità del materiale differiscono caso per caso;
- 50: numero di siti (suddivisi in 30 Paesi) in cui è distribuito l’uranio altamente arricchito (Highly Enriched Uranium, HEU).
- 1.440: secondo una stima del 2011 (2011 Report, International Panel on Fissile Materials), le tonnellate di HEU esistenti al mondo.
- 495: le tonnellate di plutonio stimate dalla stessa fonte (2011 Report, International Panel on Fissile Materials).
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LA VICENDA – L’indagine delle autorità moldave ha riguardato il tentativo di traffico di materiale radiologico da parte di un gruppo criminale con apparenti legami in Russia. Nello specifico, gli agenti sotto copertura si erano accordati per una somma di 2,5 milioni di euro in cambio di cesio 137, uno specifico isotopo dell’elemento che può essere utilizzato per costruire una delle cosiddette “bombe sporche”. Desiderio del trafficante, intermediario di un gruppo apparentemente più articolato, sarebbe stato trovare un compratore appartenente allo Stato Islamico per assicurarsi che l’uso dell’ordigno sarebbe poi avvenuto contro gli Stati Uniti. In occasione del primo scambio di un campione è avvenuto l’arresto, che ha però interessato solo una parte del gruppo criminale.
I PRECEDENTI – A rendere ancora più grave la vicenda è il fatto che questo è il quarto caso in 5 anni in cui è stata tentata la vendita di materiale nucleare o radiologico sul mercato nero moldavo.
Il primo caso è stato registrato nel 2010, quando fu tentata la vendita di una qualità di uranio difficilmente utilizzabile per una bomba. Il secondo caso, il più grave, avvenne nel 2011, quando fu cercato un compratore mediorientale per dell’uranio arricchito a un grado sufficiente per una bomba. In quell’episodio il materiale sarebbe stato fornito da un gruppo criminale facente capo a Alexandr Agheenko, di nazionalità russa e conosciuto dai suoi sottoposti come “Il Colonnello”, di cui si presume una passata appartenenza all’FSB, il servizio segreto interno russo. Come appurato dalle indagini, il gruppo era allora coinvolto in una doppia contrattazione – la seconda avveniva con un contatto sudanese. La quantità di uranio garantita era di 10 kg in cambio di 32 milioni di euro; se il compratore si fosse rivelato affidabile, una fornitura di plutonio sarebbe stata offerta gratuitamente. Nelle successive perquisizioni fu anche rinvenuto il progetto per la costruzione di un ordigno. Il terzo episodio risale invece al 2014, quando di nuovo fu tentata la vendita di uranio, sventata ancora una volta, ma che portò all’arresto di individui già coinvolti nelle precedenti indagini.
Fig.2 – Concentrato di uranio
QUALI LEGITTIME CONCLUSIONI? – Risulta piuttosto evidente come le operazioni svolte dalle autorità si siano dimostrate efficaci solo nel breve termine. La conclusione delle indagini, con i conseguenti arresti, in una fase iniziale del traffico (gli scambi riguardavano campioni in occasione di ciascuno degli arresti) ha sì evitato che il materiale venisse venduto ad altri acquirenti, come sarebbe potuto accadere nel secondo caso, ma allo stesso tempo ha impedito che si risalisse all’intero gruppo responsabile del contrabbando. Solo nel primo caso, infatti, si è recuperato il materiale che si intendeva piazzare, mentre nei successivi si è riusciti solo nel sequestro dei campioni. Rimane così impossibile avere la certezza che il materiale fosse realmente in possesso del gruppo o rintracciarne la provenienza. Nel caso registratosi quest’anno parrebbe che il cesio provenisse da un ospedale russo, il che apre ulteriori spunti di riflessione sulla gestione della sicurezza nucleare nel mondo.
Esistono differenti standard in materia di custodia e rendicontazione tra i vari Paesi possessori di tali materiali sensibili. Persino negli Stati Uniti si registrano problemi nel tracciare tutto il materiale presente, e delle volte se ne perde semplicemente traccia. Tali problemi non possono che acutizzarsi quando si prendono in considerazione Stati dalle burocrazie meno solide e trasparenti. Allo stesso tempo, come evidenziato in precedenza, sono molti i siti di facile accesso in cui si possa recuperare materiale nucleare o radiologico (ad esempio gli ospedali o le università). Una conseguenza cruciale è che la disponibilità di un mercato nero (soprattutto nel caso dell’uranio arricchito) permette agli attori di superare una delle più importanti difficoltà tecniche per la proliferazione, ovverosia l’ottenimento della materia adeguata alla fabbricazione di un ordigno. Il contesto internazionale attuale peggiora questi aspetti: in primo luogo vi sono attori con la dichiarata intenzione di ottenere e usare armi non convenzionali, e che allo stesso tempo possiedono le risorse finanziarie per approfittare delle opportunità offerte da un mercato nero; secondariamente, la cessazione della collaborazione tra Russia e Occidente apre ulteriori crepe nell’attuale impianto del regime di non proliferazione.
In conclusione, il caso moldavo offre importantissimi spunti di riflessione per interrogarsi sulle attuali lacune degli sforzi contro la proliferazione delle minacce radiologiche e nucleari.
Fig.3 – Barile dipinto con il simbolo della radioattività in segno di protesta
ULTERIORI FATTORI – Alle considerazioni svolte sinora si aggiungono ulteriori variabili che possono migliorare o aggravare la condizione attuale.
[toggle title=”Stabilità politica e istituzioni” state=”close”] Qualunque sia il settore considerato, la stabilità politica e la solidità e integrità delle istituzioni svolgono un ruolo fondamentale nel determinare il successo di ogni iniziativa. Non è sufficiente l’adozione dei più alti standard normativi internazionali se a ciò non segue la loro efficace ed efficiente implementazione. La Moldavia sta vivendo una fase delicata della propria vita politica, e l’instabilità che la contraddistingue non contribuisce al consolidamento degli sforzi contro la proliferazione.[/toggle]
[toggle title=”Contesto internazionale” state=”close”] Così come l’attuale contesto internazionale incentiva il fenomeno in oggetto, un’evoluzione del primo è destinata a condizionare ulteriormente il secondo. Si può immaginare che un aumento dell’instabilità internazionale possa portare a un aumento di attori (non-statuali, ma anche statali) disposti a servirsi del mercato nero di materiali nucleari e radiologici. A sua volta, un tale sviluppo, può indurre un aumento di attori (ancora una volta non-statuali, ma anche statali) disposti a fornire tali materiali. In sostanza, il meccanismo potrebbe riprodurre le canoniche leggi della domanda e dell’offerta. [/toggle]
[toggle title=”Cooperazione internazionale” state=”close”] A inserirsi nelle considerazioni precedenti è questa ulteriore variabile: la cooperazione internazionale, sia essa solo tra Stati (si ripensi agli effetti della diminuita cooperazione tra Occidente e Russia citati sopra) o con il coinvolgimento, auspicabile, delle organizzazioni internazionali preposte al settore (IAEA su tutte). Se il contrasto messo in atto garantisse buoni risultati, quest’ultimo si trasformerebbe allo stesso tempo in un meccanismo di dissuasione, evitando persino la comparsa di tentativi di traffico illecito. [/toggle]
Fig.4 – Yukiya Amano, direttore generale dell’IAEA
[one_half] [box type=”warning” align=”” class=”” width=””] RISCHI:
- Accessibilità delle fonti
- Erosione delle barriere tecniche alla proliferazione
- Eventi di terrorismo radiologico e/o nucleare
- Proliferazione orizzontale
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[/one_half][one_half_last]
[box type=”note” align=”” class=”” width=””] VARIABILI
- Stabilità istituzionale
- Contesto internazionale
- Cooperazione internazionale
[/box][/one_half_last]
Matteo Zerini
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Un chicco in più
Per chi volesse approfondire la vicenda e i precedenti segnaliamo l’inchiesta dell’Associated Press. [/box]
Foto: SS&SS
Foto: IAEA Imagebank
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