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Il 10° Parallelo

Il Giro del Mondo in 30 Caffè 2013 – Nello studio della geopolitica ci si imbatte a volte in coincidenze inaspettate che, a prima vista incomprensibili, ci aiutano poi invece a comprendere meglio la natura dei conflitti e delle dispute tra popoli e nazioni. E’ questo il caso di una linea immaginaria attorno alla quale, pur lontana da Europa e Medio Oriente, si svolgono la maggior parte degli scontri tra Cristiani e Mussulmani: il 10° Parallelo. E 10 sono i punti con i quali ve ne parliamo

1) IL 10° PARALLELO NORD – Se pensiamo ai conflitti tra Cristiani e Mussulmani, subito vengono in mente l’Europa e il Medio Oriente. E’ un ragionamento figlio della nostra visione centrata sull’Europa appunto, ma è bene ricordarsi che non è lì che abita la maggior parte dei fedeli delle due religioni. Circa 1,3 miliardi di Mussulmani e circa il 60% degli oltre 2 miliardi di Cristiani vivono infatti attorno a una delle linee immaginarie che utilizziamo per localizzare i luoghi sul globo terrestre: il 10° Parallelo nord. E’ una linea che passa attraverso America Latina, Africa e Asia Sud-Orientale, tagliando o passando accanto a paesi come la Nigeria, il Sudan, la Somalia, l’Indonesia (il paese dove vivono più Mussulmani al mondo), le Filippine.

2) CONFLITTI RELIGIOSI – Chi ci segue o comunque è interessato a cosa avviene nel mondo avrà ben noti molti di questi paesi, tutti colpiti da conflitti religiosi. In molti di questi casi il 10° parallelo costituisce addirittura quasi il “confine” tra le zone Cristiane e quelle Mussulmane; certo non va preso come un confine esatto, ma pur con una buona approssimazione appare indicativo della loro demarcazione. E’ una coincidenza che ha quasi del prodigioso.

3) RAGIONI STORICHE BEN PRECISE – In realtà non c’è niente di prodigioso: si tratta semplicemente del risultato di evoluzioni storiche ben conosciute, soprattutto in Africa. L’Islam si è espanso principalmente per via di terra con le invasioni arabe: in Africa il Sahara ha dunque costituito approssimativamente il limite inferiore della penetrazione islamica da nord, salvo lungo la costa del mar Rosso, così vicina all’Arabia. Il resto del continente ha invece visto una maggiore influenza e presenza europea – e dunque cristiana – che arrivava via mare e che a nord ha visto nel Sahara lo stesso “limite”.

4) MONOTEISTI VS POLITEISTI – A questo si aggiunga il fatto che mentre le religione politeiste e animiste pagane sono sempre state molto sensibili a soffrire la conversione da parte dei monoteismi come Islam e Cristianesimo, questi ultimi invece resistono maggiormente l’uno all’influenza dell’altro. Da qui il fatto che, ad esempio, il colonialismo europeo abbia portato alla conversione di molti popoli precedentemente pagani dell’Africa ma non alla conversione delle popolazioni già islamiche del Nord Africa. Il contatto di queste due religioni, e delle rispettive civiltà che ad esse si ispiravano, ha dunque portato alla coesistenza dell’una affianco all’altra. Molti pensano che fosse inevitabile arrivare allo scontro, prima o poi.

5) RAGIONI ECONOMICHE E SOCIALI, NON RELIGIOSE – Sarebbe però errato e semplicistico pensare che siano le differenze religiose all’origine dei conflitti che infiammano i paesi attraversati dal 10° parallelo. Per quanto l’aspetto religioso sia particolarmente sottolineato anche dagli stessi contendenti, ci sono ragioni economiche e sociali più complesse che hanno portato alle crisi attuali. I “confini” religiosi infatti coincidono spesso con i confini tra le zone a diversa ricchezza del paese. Non si tratta dunque di quello scontro di civiltà che spesso si cita un po’ a sproposito, ma della concatenazione di motivazioni più profonde, che nell’estremismo religioso trovano una valvola di sfogo.

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6) DISPERAZIONE E TERRORISMO – Spesso è proprio lo scarso sviluppo economico, la povertà diffusa e le difficili condizioni di vita, magari dovute ad alta corruzione e/o insensibilità del governo, a spingere una parte della popolazione alla disperazione. E là dove c’è disperazione gli estremismi trovano sempre spazio libero per crescere ed espandersi: basta la promessa di un futuro migliore per spingere i giovani a prendere le armi, o la realizzazione che con i rapimenti, la pirateria e gli attacchi si guadagni un potere (e anche denaro, e qualità di vita) altrimenti al di là della propria portata.

7) NIGERIA – Il caso più emblematico è la Nigeria: paese ricco di petrolio, membro dell’OPEC, teoricamente avrebbe le risorse per offrire alla sua gente uno sviluppo economico senza precedenti. Però i giacimenti sono posizionati principalmente al sud, a maggioranza cristiana, dove sono anche i principali centri urbani, mentre il nord, più povero, rimane sottosviluppato. Una classe politica tendenzialmente corrotta non ha consentito finora una ridistribuzione dei proventi. Da qui il risentimento della popolazione mussulmana del nord e la nascita di movimenti terroristici come Boko Haram che, con un’agenda estremista, portano le rimostranze dei loro correligionari a livello di scontro armato, e da esse guadagnano forza. Questo, a sua volta, provoca ritorsioni violente da parte dei Cristiani… e la spirale di violenza continua. Non ha aiutato tale visione il fatto che il Presidente Goodluck Jonathan sia Cristiano e visto come troppo distante dalla popolazione islamica.

8) SUDAN – Il petrolio gioca un ruolo importante anche in Sudan, dove il sud del paese è sia ricco di idrocarburi sia meno arido del nord. Il Presidente Bashir ha sempre retto il suo controllo sull’appoggio dei mussulmani del nord e ha autorizzato per anni campagne di attacchi contro la parte cristiana del suo stesso paese. La recente divisione dello stato in due, con la nascita del Sud Sudan, ha di fatto separato le due fedi, ma ha mostrato come le questioni economiche siano sempre le più rilevanti: i due stati hanno litigato per mesi sui diritti di estrazione (che avviene al sud) e trasporto (che avviene al nord) del petrolio. Nonostante un accordo pacifico rimangono dispute su alcuni confini chiave: chiave non per la religione, ma, di nuovo, per le risorse naturali.

9) SOMALIA – In altri casi il 10° parallelo non divide lo stato, ma semplicemente è nei paesi attorno ad esso che si svolgono lotte tra Cristiani e Mussulmani. La Somalia è un altro esempio di come decenni di conflitto interno, debolezza delle istituzioni, sottosviluppo e povertà diffusa creino un ambiente dove ha facile presa l’estremismo religioso. Ora che le milizie di Al-Shabaab sono state scacciate da gran parte del paese, ma non distrutte (e tra l’altro da eserciti di paesi vicini cristiani) la sfida per il futuro non riguarda la superiorità di una fede rispetto all’altra, ma la capacità delle nuove istituzioni e di chi le supporta a riportare sviluppo e stabilità a quanta più parte della popolazione sia possibile. Se la popolazione ha un’alternativa, l’appeal dell’estremismo e del terrorismo diventa minore.

10) SUD-EST ASIATICO – Anche per Filippine, Indonesia e Malesia non si tratta di avere confini ben definiti tra aree cristiane e mussulmane, soprattutto per il carattere spesso insulare di tali paesi. Si ha però una differenza tra alto sviluppo in alcune aree, soprattutto a maggioranza cristiana, ed estrema povertà in altre, dove l’islam rimane la religione di riferimento. Sfruttamento industriale, bassi salari, mancanza di prospettive e gestione statale distante dalla gente, spesso identificata con globalizzazione di stampo straniero, si combinano per costruire rabbia che spesso si sfoga negli scontri tra religioni. Perfino i lavoratori cinesi, pur non cristiani, tendono a essere bersaglio della rabbia popolare, simboli di uno sviluppo ineguale che è visto come responsabile delle difficoltà della popolazione locale.

Lorenzo Nannetti

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Lorenzo Nannetti
Lorenzo Nannetti

Nato a Bologna nel 1979, appassionato di storia militare e wargames fin da bambino, scrivo di Medio Oriente, Migrazioni, NATO, Affari Militari e Sicurezza Energetica per il Caffè Geopolitico, dove sono Senior Analyst e Responsabile Scientifico, cercando di spiegare che non si tratta solo di giocare con i soldatini. E dire che mi interesso pure di risoluzione dei conflitti… Per questo ho collaborato per oltre 6 anni con Wikistrat, network di analisti internazionali impegnato a svolgere simulazioni di geopolitica e relazioni internazionali per governi esteri, nella speranza prima o poi imparino a gestire meglio quello che succede nel mondo. Ora lo faccio anche col Caffè dove, oltre ai miei articoli, curo attività di formazione, conferenze e workshop su questi stessi temi.

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