La scorsa settimana New Delhi ha ospitato la terza edizione dell’India-Africa Forum Summit, conferenza organizzata periodicamente per sviluppare le relazioni diplomatiche e commerciali tra l’India e i Paesi del continente africano. L’edizione di quest’anno è stata la più sontuosa e significativa sinora registrata, con la partecipazione di 41 capi di Stato e di delegazioni ministeriali provenienti da tutti i Paesi membri dell’Unione Africana. Tra i numerosi argomenti trattati durante il vertice lotta al terrorismo e sviluppo sostenibile l’hanno fatta da padrone, facendo registrare importanti progressi nella creazione di una partnership strategica India-Africa per i prossimi decenni.
UN GRANDE EVENTO – Dal 26 al 30 ottobre scorsi l’Indira Gandhi Arena di New Delhi ha ospitato i lavori del terzo India-Africa Forum Summit, evento organizzato periodicamente per coltivare le relazioni diplomatiche e commerciali tra India e Paesi africani. La prima edizione del Summit si era tenuta proprio nella capitale indiana nel 2008, seguita da una seconda conferenza di capi di Stato e di Governo ad Addis Abeba nel 2011. La terza edizione dell’iniziativa era prevista originariamente per il dicembre del 2014, ma i timori internazionali per l’epidemia di ebola in Africa occidentale e il desiderio del Governo indiano di allargare il novero di partecipanti all’evento hanno fatto slittare l’organizzazione del Summit all’autunno di quest’anno, alterando la tradizionale periodicità triennale della conferenza. Tale ritardo è stato però ampiamente compensato dal successo diplomatico del Governo Modi, che è riuscito praticamente a invitare per il Summit di Delhi tutti i Paesi membri dell’Unione Africana, esclusa la Libia frammentata e divisa dell’era post-Gheddafi. Il risultato è stato il più grande vertice internazionale tenutosi in India dal 1983, con la presenza di 41 capi di Stato e di numerose delegazioni ministeriali di ogni ordine e grado. In tutto oltre un migliaio di persone, comprese figure politiche di primo piano come il Presidente sudafricano Jacob Zuma, il re del Marocco Mohammed VI e il Presidente nigeriano Muhammadu Buhari, tutte accolte in pompa magna da Modi al loro arrivo a New Delhi.
Fig. 1 – Delegate della Guinea si recano all’Indira Gandhi Arena per l’inizio dei lavori dell’India-Africa Forum Summit
Inutile dire che un simile consesso internazionale ha messo a dura prova la vita quotidiana della capitale indiana, tra enormi ingorghi stradali e intere aree della città off limits per ragioni di sicurezza. Nonostante queste difficoltà, lamentate spesso sui principali media nazionali, il Summit si è rivelato un grande successo pubblico per l’India, confermando il crescente desiderio del Paese asiatico di giocare un ruolo da protagonista sulla scena mondiale. Ed è proprio in Africa che il Governo indiano spera di realizzare pienamente tale ambizione, sfruttando la sinergia diplomatica con molti Stati della regione e l’eredità ideale delle lotte anti-coloniali del XX secolo. Non a caso il ricordo della Conferenza di Bandung del 1955 e del ruolo guida svolto da Jawaharlal Nehru in tale storica occasione ha spesso aleggiato durante i lavori del meeting di Delhi, mettendo persino in imbarazzo il Governo di Modi, ferocemente critico dell’eredità laica e socialista di Nehru in ambito interno. Ma le reminiscenze del passato non hanno comunque impedito ai partecipanti del Summit di guardare con pragmatico ottimismo al futuro dell’emergente partnership strategica tra India e Africa, favorita dalle attuali dinamiche dell’economia globale e dalla crisi del vecchio ordine internazionale dominato dall’Occidente.
SFIDA ALLA CINA – Lo ha ben indicato lo stesso Modi durante il lungo discorso di apertura del vertice, applauditissimo dalle delegazioni africane: «Oggi molte delle priorità di sviluppo dell’India e delle alte aspettative dell’Africa per il proprio futuro sono allineate. Africa e India sono due punti luminosi di speranza e opportunità nell’economia globale. L’India è onorata di essere un partner per lo sviluppo dell’Africa». Citando continuamente la comunanza di interessi economici e strategici tra India e Paesi africani, Modi ha promesso di aumentare la cifra complessiva di aiuti finanziari del suo Paese per lo sviluppo africano a 17 miliardi di dollari e di fornire cinquantamila borse di studio per la formazione di giovani africani nei prossimi cinque anni. Ha anche promesso aiuto tecnico e finanziario per lo sviluppo di infrastrutture commerciali e di trasporto, unendo l’Africa «dal Cairo a Città del Capo, da Marrakesh a Mombasa». E ha chiesto di creare un fronte diplomatico comune indo-africano per combattere gli effetti dei cambiamenti climatici e per promuovere una riforma veramente “rappresentativa” del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, spezzando il tradizionale monopolio di Stati Uniti e Paesi europei. Quest’ultimo punto del discorso ha riscosso grande apprezzamento tra i leader africani presenti al Summit e il Presidente zimbawese Robert Mugabe ha promesso di sostenere formalmente le proposte di Modi in ambito ONU, chiedendo di aggiungere due posti permanenti per India e Unione Africana nel Consiglio di Sicurezza.
Fig. 2 – Il Premier indiano Narendra Modi accoglie il Presidente sudafricano Jacob Zuma al vertice India-Africa di New Delhi
Non sono poi mancati, nel discorso di Modi, continui riferimenti agli interessi economici dell’India in Africa, soprattutto a livello di sfruttamento delle materie prime e di interscambio commerciale. Ma il Premier indiano è stato ben attento a presentare tali argomenti in termini di “solidarietà” e di “bene comune”, differenziando la presenza economica indiana in Africa da quella della Cina, principale rivale di New Delhi nell’area. Non si tratta solo di retorica: negli anni scorsi l’India ha cercato di articolare i propri investimenti in terra africana soprattutto intorno al concetto di “risorse umane”, puntando a sostenere la modernizzazione economica e civile delle società locali. Da questo punto di vista, per esempio, New Delhi ha fornito prestiti finanziari e corsi di formazione per lo sviluppo di adeguate infrastrutture sanitarie ed ha agevolato la vendita di farmaci a basso costo per le fasce di popolazione più indigenti. Inoltre poliziotti e militari indiani hanno contribuito all’addestramento o alla riforma delle Forze Armate africane, rendendole più efficienti e più in linea con gli standard internazionali. In Liberia, per esempio, l’India ha inviato un reparto di polizia femminile che ha lavorato con successo all’inclusione delle donne nelle forze di sicurezza locali, aiutando a ricomporre alcune delle tensioni etniche e delle ferite sociali lasciate dalla lunga guerra civile degli anni Novanta.
È chiaro quindi che l’obiettivo dell’India in Africa non è solo quello di sfidare la Cina a livello di diplomazia economica, come notato da diversi osservatori del Summit, ma anche di proporre un modello di sviluppo alternativo a quello cinese, basato più sulla giustizia sociale che sul profitto finanziario. Finora si è trattato di una strategia piuttosto estemporanea, ma le dichiarazioni di Modi al vertice di New Delhi lasciano intendere che le autorità indiane perseguiranno con maggiore determinazione e coerenza la strada dello “sviluppo dal volto umano” nei prossimi anni, usandola come piattaforma per accrescere la loro influenza politica ed economica nel continente africano. Soft power, sostenibilità e sensibilità sociale: è questa la ricetta del Governo indiano per soppiantare la Cina come principale partner strategico dell’Africa entro il prossimo decennio.
Fig. 3 – Danze tradizionali e performance teatrali hanno spesso intervallato i lavori del Summit, che ha visto la partecipazione di oltre mille delegati provenienti da tutti i Paesi del continente africano
RELAZIONI BILATERALI – Oltre ai sontuosi lavori generali del Summit, intervallati da danze tribali e performance teatrali, l’evento di New Delhi ha visto anche una serie di brevi ma importanti incontri bilaterali tra il ministro degli Esteri indiano Sushma Swaraj e i suoi omologhi africani, volti a tradurre in forma concreta i propositi di cooperazione espressi nei discorso iniziale di Modi. Particolarmente degni di nota sono stati i meeting con i rappresentanti diplomatici dei Paesi dell’Africa occidentale e settentrionale, aree tradizionalmente lontane dall’influenza geopolitica di New Delhi. I colloqui di Swaraj hanno infatti evidenziato il crescente desiderio di tali nazioni di avere rapporti più stretti con l’India, sia a livello economico che politico-militare. Il ministro degli Esteri camerunense Mbella Mbella, per esempio, ha chiesto aiuto finanziario e operativo per la lotta contro Boko Haram, che ha visto di recente una notevole escalation dopo l’invio di unità militari americane in Niger con “compiti addestrativi”. Swaraj ha inserito tale richiesta nella propria strategia globale di lotta al terrorismo, già avanzata nel suo recente viaggio in Egitto, e ha promesso di inviare consulenti per l’addestramento delle Forze Armate camerunensi e di intensificare lo scambio di intelligence tra i due Paesi sui principali gruppi jihadisti, Stato Islamico in testa. E la lotta al gruppo di al-Baghdadi è stata anche al centro del successivo incontro del Ministro indiano con il suo omologo tunisino Taieb Baccouche, con cui ha discusso della preoccupante situazione libica e della necessità di cooperare maggiormente per la liberazione di ostaggi stranieri nelle mani di gruppi terroristici. In tal senso Baccouche ha invitato Swaraj a Tunisi per approfondire tali argomenti, confermando la crescente importanza dell’India per la sicurezza della regione nordafricana.
Swaraj ha anche discusso di terrorismo e sviluppo economico con i rappresentanti diplomatici di Zimbabwe e Sudafrica, vecchi “amici” dell’India nel contesto africano. Durante il caloroso incontro con l’omologa sudafricana Maite Nkoana-Mashabane, il ministro indiano ha anche prospettato una maggiore coordinazione tra New Delhi e Pretoria per lo sviluppo di una moderna blue economy nell’Oceano Indiano, tecnologicamente avanzata ed ecologicamente sostenibile.
Fig. 4 – Il Presidente sudanese Omar al-Bashir, ospite “scomodo” del vertice India-Africa di Delhi
SPERANZE E DIFFICOLTÀ – Il Summit si è chiuso con una grande cena di gala presieduta dal Presidente indiano Pranab Mukherjee. Se dal punto di vista mediatico e diplomatico il vertice è stato un completo successo, presentando l’India come un partner di primaria importanza per le nazioni africane, permangono però diversi dubbi sulle reali capacità di New Delhi di rispettare gli impegni presi, specialmente a livello finanziario. E gli stessi Paesi africani sono apparsi molto prudenti nel loro approccio alle ambiziose proposte di Modi, mostrando vivo interesse ma rifiutando di prendere decisioni specifiche sull’argomento. Il programma concreto di cooperazione politico-economica tra India e Africa resta poi ancora allo stato embrionale, con la semplice promessa di creare un India-Africa Business Council per la formazione di aziende a capitale indo-africano nei prossimi cinque anni e poco altro. Per certi versi si può quasi dire che la montagna abbia partorito il classico topolino, soddisfacendo solo il narcisismo mediatico di Modi e producendo alcune vaghe dichiarazioni su un futuro asse India-Africa nella politica mondiale.
D’altro canto Swaraj ha registrato significativi progressi nelle sue consultazioni bilaterali con diversi Governi africani, gettando semi promettenti soprattutto nel delicato settore della lotta al terrorismo. E non si può affatto negare la genuina comunanza di interessi tra India e Africa, rafforzata da profondi legami sentimentali e ideali sviluppatisi durante l’era della decolonizzazione e dal desiderio di contare maggiormente nelle attuali vicende internazionali. È su queste basi che il Governo Modi dovrà lavorare per dare concreta attuazione alla propria ambiziosa strategia africana, creando un’importante alleanza geopolitica per il futuro del Sud del mondo.
Fig. 5 – Un caloroso abbraccio tra il ministro degli Esteri indiano Sushma Swaraj e la sua omologa sudafricana Maite Nkoana-Mashabane
Simone Pelizza
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Un chicco in più
Era presente al vertice indo-africano di Delhi anche il Presidente sudanese Omar al-Bashir, ricercato dalla Corte Penale Internazionale dell’Aja per crimini contro l’umanità commessi durante la guerra in Darfur. La Corte ha chiesto l’immediato arresto ed estradizione di Bashir, ma le autorità indiane hanno sostanzialmente ignorato tali richieste, permettendo al Presidente sudanese di lasciare il Paese in tutta tranquillità.[/box]