Analisi – La stabilizzazione dello Stato libico è importante nel contesto più generale della sicurezza del Mar Mediterraneo. L’Italia tenta di riaffermare un proprio ruolo politico ed economico, tradizionale per ragioni storiche, ma manca una politica estera europea.
L’IMPORTANZA DELLA LIBIA E GLI ERRORI DEGLI EUROPEI
La recente visita del Presidente del Consiglio italiano in Libia ha avuto un’importante eco mediatica per le incaute parole di Draghi in merito alla gestione dell’immigrazione. Giustamente, in quanto la doppia morale usata dall’Italia e dagli altri Paesi europei in materia di rispetto dei diritti umani non ci fa onore. Ma la visita è importante per molti aspetti, che vanno al di là dei rapporti bilaterali tra i due Paesi (sperando che il tentativo di stabilizzazione rappresentato dal governo di unità nazionale di Abdel Hamid Dbeibah abbia successo). Non rappresenta soltanto la volontà dell’Italia di riassumere un ruolo in Libia, sia a livello politico che di interessi economici. Va vista anche nel contesto di un quadro generale più ampio che è quello della stabilità dell’intero Mediterraneo e della proiezione politica europea su di esso.
Dall’intervento anti-Gheddafi del 2011 di Francia, Regno Unito e USA (poi passato sotto coordinamento NATO), al successivo conflitto interno (tribale, di milizie e religioso), fino all’installarsi dei mercenari russi in Cirenaica e delle forze turche a Tripoli, l’inetta gestione internazionale della vicenda libica ha rappresentato plasticamente, finora, da un lato l’improvvisazione di alcuni Stati europei in materia di politica estera e dall’altro l’assenza di una qualunque capacità da parte dell’Unione Europea di gestire le crisi politiche internazionali ai propri confini.
Indubbiamente sono sempre stati interessi economici e preoccupazioni geopolitiche a muovere i vari attori intervenuti. Tuttavia sarebbe nell’interesse dell’intera Europa capire che le condizioni degli stati dell’Africa settentrionale che si affacciano sul Mar Mediterraneo sono fondamentali non solo per la gestione dei fenomeni migratori, unica ossessiva preoccupazione dei Paesi che quel mare guardano da nord, ma ancor più per garantire che il traffico commerciale su quel mare resti aperto e che non vi si installino potenze estere dalle tentazioni egemoni.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – La visita del premier Draghi a Tripoli
IL CONTROLLO DEL MEDITERRANEO E’ FONDAMENTALE, NON SOLO PER L’ITALIA
Le portaerei americane non garantiscono più la sicurezza del fu “Mare Nostrum” da quando, finita la Guerra Fredda, le priorità degli Stati Uniti e la loro proiezione di forza marittima si sono spostate altrove, verso il Pacifico. Ma più della metà del fabbisogno energetico europeo è coperto dalle importazioni e si calcola che via Mediterraneo arrivi in Europa oltre il 40% degli approvvigionamenti destinati ai Paesi non autosufficienti (incluso petrolio e gas proveniente dal Medio Oriente). Proprio di fronte alle coste libiche vi sono grandi giacimenti di gas naturale, che si estendono ancor più al largo dell’Egitto e i fondali del Mediterraneo in generale sono potenzialmente ricchi di risorse energetiche, alla luce anche dei progressi tecnologici che sembrano promettere perforazioni a grandi profondità . Non è un caso che vi siano attriti internazionali sull’estensione delle acque territoriali. Tanto la Turchia di Erdogan quanto la Russia di Putin solleticano, da prospettive diverse, l’eterno sogno di penetrazione nel Mediterraneo e le guerre che i due Paesi si combattono a volte per interposta persona (Libia appunto o Siria) seguono esattamente quella logica di espansione. Controllare le vie d’acqua mediterranee garantisce inoltre il controllo dei traffici che corrono sulla direttrice Indo-Pacifico-Europa-USA. Lo sa bene la Cina, terzo pretendente ad un ruolo marittimo dalle nostre parti, che con l’ambizioso progetto delle nuove vie della seta attribuisce una funzione molto importante ai porti del Mediterraneo. Lo Stretto di Sicilia in particolare è da sempre, per evidenti ragioni geografiche, un punto chiave e la sua sicurezza è fondamentale per l’interesse nazionale italiano e, indirettamente ma neanche tanto, per l’intera UE.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Migranti salvati al largo delle acque libiche
LA MANCANZA DI UNA POSIZIONE COMUNE EUROPEA
Sfortunatamente però non vi è una visione uniforme delle priorità di politica estera dell’Unione Europea (e neanche in ambito NATO pare esservi una precisa strategia riguardo il settore mediterraneo). I Paesi dell’Europa centrale e del nord sono restii a considerare il bacino mediterraneo strategicamente prioritario, per non parlare delle repubbliche baltiche ossessionate unicamente dalla necessità di prevenire possibili aggressioni russe.
Quello del Mediterraneo non è del resto l’unico caso di deficit politico europeo. Anzi, è paradigmatico di una carenza strutturale. Interessi divergenti, mancanza di coesione interna, debolezza istituzionale, fanno sì che l’Unione sia particolarmente debole quando si tratta di gestire dossier di politica estera. Le recenti proposte e riflessioni sull’esigenza di una autonomia strategica europea discendono dalla consapevolezza di questa debolezza. Ma difficilmente potranno portare a dei risultati concreti senza un ripensamento complessivo della struttura istituzionale dell’UE.
Paolo Pellegrini
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