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L’effetto Parigi sul dibattito Democratico statunitense

In 3 sorsi – Gli attentati di Parigi dello scorso 13 novembre hanno avuto, inevitabilmente, una risonanza internazionale. Il dibattito del Partito Democratico USA, avvenuto alla Duke University di Des Moines in Iowa nella notte tra il 14 e il 15 novembre, ha affrontato un fuori programma incentrato su terrorismo e immigrazione. Vediamo come in 3 sorsi.

1. APPROCCIO AL TERRORISMO – I candidati del Partito Democratico, sull’onda degli attacchi parigini, si sono concentrati sull’affrontare il problema del terrorismo. Clinton è stata chiara al riguardo: l’ISIS è una minaccia da distruggere, ma gli Stati Uniti non possono farcela da soli. A sua detta, la forza militare non è piĂą la sola risposta, ma è necessario un maggior coordinamento diplomatico tra le potenze mondiali. Hillary non ha mai parlato di terrorismo “islamico” durante il dibattito e questo ha fatto infuriare i candidati repubblicani, specialmente Donald Trump, che seguivano l’evento in diretta commentando su Twitter. I membri del Grand Old Party, infatti, si oppongono fortemente alla minoranza islamica: specie in un periodo come quello che la comunitĂ  internazionale sta vivendo, dunque, per loro specificare che i terroristi hanno origini musulmane è doveroso. Clinton, al contrario, ribadisce (sulla scia di Obama) che «non siamo in guerra contro l’Islam e contro i musulmani» ma contro dei fanatici terroristi. Gli Stati Uniti hanno bisogno anche dell’aiuto della Turchia, delle monarchie del Golfo e di tutti gli Stati musulmani per sconfiggere l’estremismo. Sul tema terrorismo Clinton è stata molto criticata dal suo oppositore, il candidato socialista Bernie Sanders. Quest’ultimo ha accusato l’ex Segretario di Stato di aver votato a favore dell’intervento in Iraq del 2003 quando era senatrice, contribuendo a scatenare le problematiche contro cui il sistema internazionale oggi sta combattendo. Anche l’intervento in Libia contro il dittatore Gheddafi ha concorso al disordine sia del Paese libico, sia di tutta la regione. Sanders, quindi, ripete il suo netto no all’interventismo USA, considerato solo una miccia per l’esplosione del caos.

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Fig. 1 – Hillary Clinton conduce sempre piĂą saldamente la competizione per la nomination democratica

2. IL TEMA DEI RIFUGIATI – Com’era prevedibile, il tema dei rifugiati è stato parte integrante del dibattito. Nel periodo di terrore che stiamo vivendo, gli stranieri, specie chi arriva dai Paesi mediorientali, sono il target della retorica politica, statunitense ma non solo. Lo abbiamo visto specialmente durante i dibattiti del Partito Repubblicano. Donald Trump vuole costruire un muro al confine con il Messico per rendere più difficile l’immigrazione illegale, oltre a deportare undici milioni d’immigrati, e Marco Rubio vuole un approccio più severo contro chi risiede illegalmente negli Usa. Trump e Carson, inoltre, chiedono il blocco al processo di accoglienza di 10.000 rifugiati siriani all’interno dei confini USA. I Democratici non potrebbero essere più lontani da questa visione. In particolare, ai repubblicani si oppone l’ex governatore del Maryland Martin O’ Malley che chiede perfino di portare a 65.000 il numero dei rifugiati siriani cui dare accoglienza. L’ex governatore è del resto in linea con gli ideali del Partito Democratico, i cui membri del Congresso e senatori affermano che per i rifugiati “si può e si deve fare di più”; non è contemplabile chiudere le porte ai rifugiati, solo perché i repubblicani (Ted Cruz in primis) considerano gli immigrati terroristi o membri di ISIS. Si tratterebbe dunque di una generalizzazione pericolosa e quanto mai erronea.

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Fig. 2 – Sanders e Clinton: un testa a testa che molto probabilmente si risolverĂ  per la seconda

3. LA TERZA PARTE DEL DIBATTITO – Il dibattito, però, non si è solo incentrato sul terrorismo e i rifugiati. Sanders e Clinton si sono scontrati anche sul tema di Wall Street. Il senatore ha accusato l’ex First Lady di aver costruito la sua carriera politica con il supporto di grandi finanziatori: la sua campagna elettorale è corrotta, perché in linea solo con gli ideali di coloro che la finanziano. La Clinton ha prontamente risposto che i finanziamenti dei “big donors” da lei ricevuti sono stati solo una risposta al suo contributo alla ricostruzione di Wall Street dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Essendo stata senatrice di New York, era inevitabile, secondo Clinton, l’aiuto alla città durante un periodo di crisi e i suoi finanziamenti sono dovuti solo a questo. Gli altri temi toccati dai tre candidati democratici durante il dibattito sono stati le disuguaglianze che riguardano la classe media, la questione razziale e il controllo delle armi. Dai numerosi attacchi sembra che Clinton sia uscita indenne e, dall’incontro con gli altri candidati, di nuovo vittoriosa. Le riflessioni dopo gli attacchi di Parigi hanno influenzato molto il dibattito, creando un fuori programma che ha permesso ai Democratici di esprimersi in maniera più chiara sulla loro visione della politica estera, di mostrare le loro capacità e conoscenze in materia e di far vedere al popolo statunitense quanto la loro retorica politica possa risultare convincente anche se improvvisata.

Giulia Mizzon

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Un chicco in piĂą

Come si legge al paragrafo 2 di questo articolo, i candidati e i senatori del Partito Democratico vogliono fare di piĂą per i rifugiati siriani. Tramite una lettera pubblicata il 5 novembre, i Democratici illustrano gli step ritenuti necessari intraprendere per implementare l’accoglienza dei profughi.  [/box/]

Foto: PeaceLoveJava™

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Giulia Mizzon
Giulia Mizzon

Nata a Imperia nel 1992, laurea magistrale in Politiche Europee e Internazionali all’UniversitĂ  Cattolica di Milano. Affascinata dalle dinamiche della politica internazionale, frequento un Master in International Relations all’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali. Confesso di essere un’amante degli States, sempre presenti nei miei programmi futuri, e una lettrice accanita di qualsiasi cosa mi capiti sottomano.

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