In 3 sorsi – L’avvio del piano vaccinale in Asia orientale ha rinnovato l’interesse mediatico per la cosiddetta “diplomazia dei vaccini”, tema di cui si parlava giĂ quando ancora la prima dose di vaccino non era stata inoculata. A questo si è aggiunto anche il dibattito riguardante le controverse disposizioni adottate in Cina e in Corea del Sud in materia di tamponi.
1. I NUOVI TAMPONI ‘INVASIVI’ CINESI
La Cina ha deciso di sperimentare l’uso dei tamponi anali sui cittadini stranieri che entrano nel Paese (e limitatamente anche sui cittadini cinesi). Sono ben presto intervenute le autorità dei Paesi di provenienza di questi cittadini per lamentare l’uso di misure ritenute non necessarie ed eccessivamente invasive. Gli Stati Uniti hanno accusato la Cina di aver richiesto ai propri diplomatici di sottoporsi a questa nuova tipologia di tampone, causando loro immenso imbarazzo e stress psicologico. Se da Pechino negano di aver sottoposto diplomatici stranieri a tale esame, il Dipartimento di Stato americano sostiene invece di aver ricevuto informazioni che parlano di un “errore”, contraddicendo quindi la posizione ufficiale del Governo cinese. D’altro canto anche il Giappone ha richiesto ufficialmente alla Cina di sospendere l’utilizzo di questo tipo di tamponi sui propri cittadini, visto il forte impatto psicologico. Non c’è accordo neanche internamente sulla necessità dell’uso di questi tamponi. Wang Wenbin, portavoce del Ministero degli Esteri cinese, ha sottolineato come questi test, visto il peggioramento della situazione pandemiologica nel Paese, siano necessari poiché riuscirebbero a rintracciare evidenze meno recenti del virus (anche se i dati in merito sono ancora incerti). Le stesse agenzie di stampa cinesi hanno però confermato la presenza di dubbi riguardo alla maggiore efficacia di questi test rispetto ai tamponi orali.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Test per Covid-19 in una installazione sanitaria di fronte la municipio di Seul, dicembre 2020
2. TAMPONI OBBLIGATORI PER GLI STRANIERI IN COREA DEL SUD
Misura molto poco popolare (anche sui social) è stata l’obbligo di tampone (entro il 31 marzo) o multa (fino a circa €1.500) per tutti gli stranieri residenti in Corea del Sud. A Seul la misura ha avuto durata breve (solo 1 giorno), dopo che, anche in questo caso, sono intervenute le ambasciate straniere e alcuni gruppi che si occupano di diritti umani. Secondo questi ultimi la decisione ha fatto apparire gli stranieri come dei “criminali”, causando sui social un’ondata di commenti negativi nei loro confronti. Molti stranieri hanno poi anche espresso timore nel criticare apertamente la misura per paura di ripercussioni sul loro status d’immigrazione. La sospensione ha riguardato l’area metropolitana di Seul, ma non la provincia del Gyeonggi (la prima ad applicare l’obbligo) e le altre province interessate. La sospensione è in realtĂ una modifica dell’obbligo in una raccomandazione per tutti gli stranieri (e anche i cittadini coreani) che lavorano in ambienti ritenuti ad alto rischio di contagio.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Ou Jianhong, Ambasciatrice della Cina in El Salvador, celebra insieme al Ministro della Salute Francisco Alabi l’arrivo delle prime dosi del vaccino Sinovac nel Paese centroamericano, 6 aprile 2021
3. I PROBLEMI DELLA DIPLOMAZIA VACCINALE CINESE
Sono ora molti i Paesi che usano uno dei vaccini cinesi (soprattutto nel Sudest asiatico, ma non solo). Se in parte le spedizioni di vaccini sono destinate ai Paesi lungo la Nuova Via della Seta, la Cina ha puntato anche al Centro e Sud America e all’Africa, con grandi numeri di donazioni e vendite (notevoli i casi di Cile e Paraguay). Tale politica è diventata un tassello importante della diplomazia di Pechino, ma nell’ultimo mese c’è stato un rallentamento delle spedizioni di vaccini, dovuto a problemi di produzione e alla necessità di vaccinare i primis i propri cittadini. Combinando questi rallentamenti con i dubbi sulla trasparenza dei dati sull’efficacia dei vaccini, alcuni Paesi limitrofi, come il Vietnam, non hanno accettato il vaccino cinese, mentre altri, come Indonesia e Thailandia, hanno puntato a diversificare le proprie scorte. Nonostante l’attenzione iniziale, i problemi logistici e il rinnovato scetticismo scientifico non hanno aiutato a solidificare la posizione della Cina sul mercato dei vaccini, ed è possibile quindi che il Paese abbia alla fine perso una grande occasione di affermare la propria potenza diplomatica nel mondo.
Natasha Colombo
“Syringe with flag of China on blue background” by wuestenigel is licensed under CC BY