Poco più di un anno fa, la nave Independence faceva il suo ingresso presso il porto di Klaipèda, portando con sé una ambiziosa visione del futuro nelle relazioni tra i Paesi baltici e la Russia. Perché una maggiore emancipazione dalla dipendenza dal gas russo possa avvenire, occorrerà una maggiore integrazione regionale, di cui la Lituania potrebbe assumere il ruolo di leader.
UN ANNO DOPO – Poco più di un anno fa, la Lituania si è finalmente dotata di un impianto flottante di rigassificazione di gas naturale liquefatto (LNG), con lo scopo primario di permettere una sensibile riduzione della propria dipendenza dalle forniture di gas russo. Di questo se ne era già parlato in un precedente articolo, scritto proprio in occasione del varo di questa nuova struttura presso il porto di Klaipèda, nel nord ovest del Paese. L’entusiasmo iniziale, giustificato dalla enorme novità portata da questa nuova struttura, aveva letteralmente contagiato la Lituania, così come testimoniato dal grande clamore mediatico riscosso nei media nazionali e dalla amplissima presenza di pubblico al momento dell’arrivo della nave in porto, dopo il lungo viaggio intrapreso dai cantieri sudcoreani ove era stata costruita.
Se, dunque, all’inizio di questo cammino la Lituania sembrava avviata ad un vero e proprio processo di progressiva indipendenza dalle logiche economiche e politiche di Gazprom, così come anche il precedente articolo aveva diffusamente testimoniato, si rende necessario ora, ad un anno di distanza, cercare di monitorare la situazione per svelare eventuali problematiche emerse durante questo anno.
Fig. 1 – La nave Independence entra nel porto di Klaipéda
ALCUNE CRITICITÀ – Al di là del grande ritorno di immagine di cui ha giovato il governo lituano e più in generale la sua sicurezza nazionale, innegabili appaiono alcuni problemi resi noti dal vice Ministro dell’Energia lituano Aleksandras Spruogis. A un evento organizzato presso l’Europarlamento a Bruxelles lo scorso 11 novembre, il vice ministro ha infatti elogiato l’operato dell’impianto di ri-gassificazione, ma ha anche dichiarato che senza una adeguata rete di infrastrutture regionali questo impianto non sarà mai capace di agire come game changer per la sicurezza regionale. A ben vedere, infatti, nel corso di questo anno passato, poco è ancora stato fatto in questa direzione. Se si tiene conto che la nave Independence potrebbe coprire da sola l’80% del fabbisogno di gas naturale delle tre repubbliche baltiche, essa viene correntemente sottoutilizzata. I motivi di questo sottoutilizzo sono principalmente tre. Il primo riguarda sicuramente la mancanza di infrastrutture adeguate che possano connettere il porto di Klaipèda ai vicini polacchi e lettoni. Se da un lato è in previsione la costruzione di una infrastruttura di connessione tra la Lituania e la Polonia (il progetto GIPL-Gas Interconnection Poland Lithuania), un ambizioso progetto promosso e largamente finanziato dalla Unione Europea nell’ambito della BEMIP (Baltic Energy Market Interconnection Plan initiative), al momento non esiste nulla di concreto riguardo la connessione tra le reti di distribuzione lituana e quella lettone, senza dimenticare che la Lettonia stessa dovrà rapidamente adattare il proprio mercato interno ai parametri previsti dal Terzo Pacchetto Energia dell’Unione Europea.
In secondo luogo, un ostacolo particolarmente importante è rappresentato dai prezzi del gas liquefatto, ancora troppo elevati in confronto a quello gassoso, trasportato tramite i classici gasdotti già presenti sul territorio. Se da una parte il gas liquefatto ha il pregio di poter essere trasportato ovunque e acquistato ovunque sia disponibile nel mondo, esso comporta dei costi più alti di gestione, dovuti sia ad esigenze strettamente tecniche (la liquefazione richiede infatti delle altissime pressioni per essere mantenuto) sia perché il mercato europeo di LNG non è ancora così sviluppato da permettere la stipula di contratti particolarmente vantaggiosi. A distanza di un anno dall’installazione della nave Indipendence, il gas naturale fornito da Gazprom rimane comunque più vantaggioso in termini economici; sia perché le infrastrutture di distribuzione già esistevano, sia perché, ancora prima dell’inizio del funzionamento dell’impianto di Klaipéda, il governo lituano e Gazprom avevano già stipulato nel maggio 2014 un contratto di fornitura ad un prezzo sicuramente più vantaggioso di quelli precedenti.
Il terzo motivo del sottoutilizzo di questo impianto si ricollega sostanzialmente alla dichiarazione di Jurijs Spiridonovs, sottosegretario lettone al ministero dell’Energia, in occasione dello stesso evento tenutosi presso l’Europarlamento poco prima citato: “Il gas non ha nazionalità […] anche se tutti noi decidiamo di muoverci correttamente nel rispetto delle regole, qualora il prezzo del gas liquefatto rimarrà più alto di quello fornitoci dalla Russia, senza dubbio compreremo proprio quello russo, senza averne paura, dal momento che la nostra strategia è quella di ottenere gas al più basso prezzo possibile”. Questa pura logica di mercato mostrerebbe quindi tutte le problematicità che la mossa strategica lituana di un anno fa sta comportando. La mancanza di una fitta rete di interconnessioni regionali non solo non permette la realizzazione di accordi commerciali vantaggiosi, bensì scoraggia anche gli investimenti esteri; in modo particolare, la fondamentale presenza dei player di LNG americani, leader nella produzione e distribuzione di questo prodotto, i quali però necessitano di una maggiore presenza di infrastrutture sul campo, in modo tale da facilitare il loro accesso al mercato europeo, concedendo prezzi sicuramente più vantaggiosi degli attuali.
Fig. 2 – La presidente lituana, Dalia Grybauskaite durante la conferenza in occasione dell’arrivo della nave Independence.
UNA BUONA MOSSA STRATEGICA? – Come valutare dunque la scelta del governo lituano di dotarsi di questo impianto? Se i risultati ancora non possono definirsi totalmente soddisfacenti, non va rinnegata la lungimiranza strategica in chiave di sicurezza energetica che la Lituania, in questo leader tra i Paesi baltici, ha dimostrato di avere. Probabilmente è ancora troppo presto per poter offrire un giudizio completo; ma al momento si può certamente affermare che ancora tanto rimane da fare. La strada da intraprendere è quella di una maggiore integrazione regionale tramite la creazione di nuove infrastrutture, che possano finalmente permettere alle tre repubbliche baltiche di emanciparsi sempre più dalla nomea di “isole energetiche”, per passare così sempre più a farsi riconoscere come valorosi partner del mercato energetico sul continente europeo. È grazie allo sviluppo di nuove infrastrutture che sarà possibile ottenere prezzi maggiormente vantaggiosi dai produttori di LNG, poiché è solo tramite di esse che si potrà allargare il mercato dei fruitori.
La Lituania pare essersi incamminata in un percorso virtuoso, da cui probabilmente ne potrà uscire da leader regionale nel campo della sicurezza energetica. Non è un caso, infatti, che la NATO abbia voluto aprire un centro di eccellenza per la sicurezza energetica proprio a Vilnius, a ulteriore testimonianza del valore strategico della Lituania in questo settore.
Fulvio Milesi
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
Oltre che a portare futuri benefici in termini di maggiore sicurezza energetica, l’LNG lituano richiederà sempre più figure professionali competenti e preparate nella gestione di questa importante fonte di energia e di business. Per questo motivo, è in corso l’apertura di un centro di eccellenza per gli studi sull’LNG, presso l’Università di Klaipèda, per poter promuovere la formazione di ingegneri e di figure professionali specificamente dedicati a questo settore, in modo tale da permettere un proficuo sviluppo economico futuro del suo impianto e porre le basi per quella leadership regionale a cui il paese sembrerebbe aspirare. [/box]
Foto: gedasst