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Azerbaijan: la difficile indipendenza dall’economia “fossile”

Che aria si respira a Baku? La crescita economica è stata impetuosa, ma il persistere del basso prezzo del petrolio potrebbe essere la spina nel fianco del Presidente Alyiev, che sarà chiamato nei prossimi anni a fare scelte di politica economica importanti per non compromettere la stabilità politica interna.

UN BILANCIO IN CHIARO-SCURO – Tracciare un bilancio univoco sugli avvenimenti che hanno caratterizzato la vita economica e politica dell’Azerbaijan nel 2015 non è certamente cosa semplice. Sullo scacchiere politico internazionale il Paese ha ottenuto importanti riconoscimenti, non ultimo l’invito al G20 di Antalya, e le elezioni tenutesi in autunno hanno confermato la leadership di Aliyev e garantito al Paese un ulteriore periodo di stabilità sociale e politica. I segnali provenienti dall’economia sono andati, però, nella direzione opposta. In primavera, anche per far fronte al calo del prezzo del greggio, il manat, la moneta azera, è stato svalutato del 33% nei confronti del dollaro e del 30 % nei confronti dell’euro con effetti dirompenti sull’inflazione e di conseguenza sul potere d’acquisto della popolazione. Gli stessi progressi fatti nell’aumento del reddito pro capite e dello sviluppo dei settori non direttamente collegati al petrolio rischiano di essere inficiati.

LA CRESCITA NEGLI ULTIMI ANNI – Se si fa eccezione per una significativa contrazione dell’economia registratasi nel 2011 (anche in quel caso si trattò di un problema frutto delle oscillazioni del prezzo del greggio), l’Azerbaijan ha fatto registrare negli ultimi anni una crescita imponente. L’aumento delle entrate ha consentito al governo di Baku di rafforzare alcune politiche economiche, quali ad esempio il percorso di diversificazione dell’economia, che allo stato attuale per la quasi totalità dipendente dallo sfruttamento delle ingenti riserve di idrocarburi. Parallelamente si è assistito all’aumento dei trasferimenti di risorse in politiche ed investimenti volti al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. Misure necessarie anche a garantire la stabilità politica del Paese e che hanno fatto registrare risultati interessanti, dato che il reddito pro capite ha raggiunto nel 2014 il valore di 7.590 Dollari. Si tratta, ovviamente, di dati che vanno valutati con le dovute precauzioni dal momento che, come avvenuto nel 2011 e nella primavera del 2015, rischiano di essere relativizzati dalla volatilità del prezzo degli idrocarburi.
Nonostante le numerose dichiarazioni entusiastiche dei vertici politici di Baku, la diversificazione dell’economia azera non ha raggiunto risultati tali da consentirle di superare senza danni eccessivi l’attuale andamento del prezzo del greggio. Il 95% dell’export ed il 70% del prodotto interno del Paese dipendono dalle esportazioni di idrocarburi. I settori non oil, che pure stanno facendo registrare importanti segnali di crescita, non generano ancora volumi di ricavi tali da sostenere gli investimenti necessari. Fino ad ora, a questo scopo sono stati dirottati gli introiti della vendita degli idrocarburi; l’attuale andamento dei prezzi ha però ridotto sensibilmente le somme a disposizione del bilancio pubblico per il sostegno alla diversificazione.

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Fig. 1 – Le relazioni tra Azerbaijan e Turchia sono molto strette

IL DILEMMA DELLA SPESA PUBBLICA  L’Azerbaijan sta ottenendo sempre maggiore considerazione sullo scacchiere internazionale principalmente grazie a due caratteristiche: da un lato la posizione geografica unita alle importanti risorse del sottosuolo, dall’altro la stabilità politica. Heidar e Ilham Aliiyev hanno garantito al Paese la stabilità politica anche attraverso una parziale redistribuzione dei ricavi provenienti dalla vendita degli idrocarburi alla popolazione attraverso una serie di politiche di welfare.
Lo schema ha finora retto ma le proteste che si sono registrate in primavera hanno lanciato dei segnali di rottura che non possono essere sottovalutati. La riduzione del prezzo del greggio ha indebolito sensibilmente la capacità di spesa del Paese ed obbligherà Baku, qualora gli attuali trend venissero confermati, ad una scelta. Le attuali entrate non consentono, infatti, di mantenere intatti i livelli di spesa. Le spese per politiche sociali, infrastrutture ed investimenti nei settori non oil non potranno essere tutte mantenute agli attuali livelli.

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Fig. 2 – Il Presidente Aliyev alle urne

Ridurre le spese per il welfare si presenta come una scelta difficilmente praticabile a meno che non si decida di sacrificare la stabilità politica del Paese. Come abbiamo visto, il reddito medio è cresciuto costantemente negli ultimi anni e anche la percentuale di persone che vivono sotto la soglia di povertà si è ridotta dal 50% del 2001 al 5% del 2013. La maggioranza della popolazione indigente vive nelle zone rurali non interessate dal business degli idrocarburi, ad ulteriore riprova della dipendenza del Paese da tale business. La crescita del prodotto interno lordo pro capite, seppur imponente, si regge, però, su basi fragili e con l’aumento dell`inflazione, frutto della svalutazione monetaria avvenuta in primavera, molti degli sforzi sinora fatti rischiano di venire annullati. Difficilmente quindi una riduzione delle entrate potrebbe riverberarsi su una riduzione delle spese di welfare.
Parallelamente, al fine di garantire la stabilità economica e politica del Paese nel medio – lungo periodo vanno sostenuti ulteriormente gli investimenti nei settori non idrocarburiferi. Non sarebbe, quindi, una mossa intelligente ridurre i volumi di investimenti pubblici in tali settori e sarebbe auspicabile, anche in funzione anti-ciclica, un aumento degli stessi. L’alternativa agli investimenti pubblici potrebbe essere l`attrazione di capitali privati esteri. Affinché ciò accada sono però necessarie una serie di riforme interne che cerchino, ad esempio, di porre un argine all’elevato livello di corruzione presente nelle strutture pubbliche dell’Azerbaijan. Si tratta di misure che richiedono una forte volontà politica e che necessiteranno di periodi di tempo medio-lunghi per avere degli effetti. Per quanto riguarda il business degli idrocarburi la corruzione non ha rappresentato finora un freno all’ingresso di capitali esteri, anche a fronte degli elevati rendimenti di tali investimenti. Al contrario per quanto riguarda i settori non oil, vista anche la diversa marginalità da essi prodotta, la corruzione rappresenta un limite importante all’insediamento di nuove attività a capitale privato non azero.
L’altro grande capitolo di spesa pubblica che potrebbe essere sacrificato è quello legato allo sviluppo della rete infrastrutturale. Probabilmente il settore che potrebbe essere sacrificato senza scatenare immediati contraccolpi nell’immediato ma che rischia di avere effetti dirompenti nel medio – lungo periodo. Lo sviluppo dell’economia locale non può, infatti, sicuramente prescindere da una infrastruttura funzionante.

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Fig. 3 – La dipendenza dagli idrocarburi è croce e delizia per l’economia azera

UNA DIFFICILE OPERA DI BILANCIAMENTO – Se il prezzo del greggio continuerà a mantenersi stabile agli attuali livelli anche nei prossimi mesi, o addirittura anni, per il governo di Baku diventerà sempre più difficile garantire la stabilità economica del Paese. Nelle ultime settimane si sono addirittura moltiplicati i segnali che vanno verso una ulteriore riduzione dei prezzi, situazione che potrebbe protrarsi per tutto il 2016 e probabilmente anche oltre. Al fallimento del vertice OPEC di dicembre hanno, infatti, fatto seguito le dichiarazioni dell’Iran di voler aumentare la propria produzione con una conseguente ulteriore riduzione del prezzo del barile.
Con queste premesse, la sfida del Governo di Baku nel mantenere la stabilità politica senza sacrificare lo sviluppo economico futuro del Paese diviene sempre più complicata. Nel breve periodo non dovrebbero registrarsi ulteriori contraccolpi ma qualora l`attuale prezzo del greggio continui a muoversi sul trend attuale, nel medio periodo non sarà per niente facile per Baku riuscire a bilanciare i vari interessi in gioco. Sacrificare lo sviluppo dei settori diversi dagli idrocarburi e delle infrastrutture al fine di mantenere la stabilità sociale del Paese potrebbe infatti rivelarsi vincente a breve ma deleterio a medio-lungo termine. A pagarne le conseguenze sarebbe a quel punto la stessa stabilità politica.
Nell’attesa di un aumento del prezzo del greggio al governo di Baku non resta quindi altro che cercare di dividere le risorse disponibili in maniera tale da non pregiudicare nessuno degli aspetti sopra menzionati e garantire, seppur a velocità ridotta rispetto ai piani iniziali, lo sviluppo dei settori non oil, riducendo la dipendenza dal mercato mondiale del greggio e soprattutto garantendosi una certa stabilità, disponendo di attività produttive anti-cicliche.

Felice Di Leo

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più

Il vertice dell’OPEC tenutosi il 4 dicembre 2015 a Vienna ha discusso la possibilità di tagliare la produzione di greggio al fine di bilanciare domanda e far risalire il prezzo del greggio. Non è stato però possibile giungere ad un accordo vista la contrarietà dell`Arabia Saudita a tagliare la propria produzione.

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Foto: hapulcu,

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Felice Di Leo
Felice Di Leo

Classe 1982, laureato in relazioni internazionali e diplomatiche presso l´Orientale di Napoli con una tesi sulla politica economica di Gerhard Schröder.

Dopo aver lavorato per cinque anni presso la struttura crisi di impresa del ministero dello sviluppo economco negli anni, speriamo, piú duri della crisi mi sono trasferito a Stoccarda dove mi occupo di consulenza per le istituzioni finanziarie.

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