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Green Economy, modello economico e di vita

La green economy è un modello economico che intende produrre energia in modo sostenibile e fa un uso controllato delle risorse, evitando gli sprechi, in modo tale da migliorare la qualità della vita delle persone, aumentando l’equità sociale e riducendo i rischi ambientali.

QUANDO L’ECONOMIA RISENTE DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI – Come emerge dal rapporto dell’UNEP (United Nation Enviroment Programme) , la green economy non favorisce una prospettiva politica rispetto a un’altra, ma è qualcosa che coinvolge tutti i modelli economici. Essa non si deve sostituire al concetto di sviluppo sostenibile, in quanto rappresenta uno dei mezzi per perseguire la sostenibilità. Sempre dal report dell’UNEP emerge che gli investimenti nell’economia verde nel lungo termine conducono a un miglioramento delle performance economiche. Ciò è reso possibile dal fatto che la green economy aumenta le disponibilità di risorse rinnovabili, riduce i rischi ambientali e ricostruisce le capacità di crescita delle generazioni future.

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Fig. 1 – Un parco eolico, esempio di energia sostenibile e pulita

La società in cui viviamo si è sviluppata grazie a un modello economico imperniato sui combustibili fossili. In questi ultimi anni, tuttavia, la crisi economica, l’acuirsi degli effetti dei cambiamenti climatici, le implicazioni politiche derivanti dalle dipendenze energetiche e l’innalzamento dei livelli dei mari, hanno fatto sì che venisse preso in seria considerazione il problema della sostenibilità del nostro modello di sviluppo brown carbon, fondato dunque sull’utilizzo di combustibili fossili, gas naturali e biomasse.
È bene ricordare, tuttavia, che il modello dell’economia verde non prevede una semplice sostituzione dell’energia pulita a quella generata grazie ai combustibili fossili, bensì richiede una rivisitazione dell’intero stile di vita, a partire da una riduzione delle produzioni, a una diminuzione dell’uso di energia e di risorse naturali, come l’uso dell’acqua e la riduzione dei rifiuti emessi. Prevede dunque una rivisitazione dell’intero stile di vita. Ad esempio la nascita di nuovi supermercati senza imballaggi è perfettamente in linea con questo nuovo modello economico.

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Fig. 2 – Foto di gruppo alla recente COP21 di Parigi

SVILUPPO SOSTENIBILE E POLITICA INTERNAZIONALE – Negli ultimi anni il tema delle energie rinnovabili è divenuto sempre più presente nei dibattiti politici e nella politica internazionale. Questo è dovuto senz’altro all’acuirsi dei disastri naturali quali uragani, siccità, e innalzamento dei livelli dei mari. Questi fenomeni sono sempre più presenti nella vita dei singoli cittadini, e sono dunque divenuti temi di dibattito politico. Vi sono Paesi che rischiano di vedere i propri territori sommersi dall’acqua nell’arco di qualche decennio. Non è un caso se l’ex Presidente delle Maldive Mohamed Nasheed abbia convocato una  riunione del consiglio dei ministri sott’acqua il 24 ottobre del 2009.
I cambiamenti climatici, e in generale l’approvvigionamento delle risorse – che si riducono sempre più -, hanno notevoli conseguenze sul piano geopolitico, come l’insorgere di conflitti, la presenza di Stati che si trovano in condizioni di forza e altri di totale dipendenza, l’aumento dei fenomeni migratori a seguito delle grandi catastrofi. Proprio per questi motivi la comunità internazionale ha tentato più volte di formulare un sistema regolatore internazionale che coinvolgesse tutte le principali economie del mondo negli sforzi per ridurre le emissioni. Si cercò di perseguire questo obiettivo nei vari accordi raggiunti nell’ambito della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sulla lotta ai Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Fino a pochi mesi fa, tuttavia, gli Stati non erano pervenuti a un accordo vincolante su scala globale, e questo ha fatto sì che lo stesso Segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon convocasse un summit sul clima a New York nel settembre 2014. L’intento era quello di catalizzare l’attenzione dei leader mondiali e della comunità internazionale affinché si giungesse ad un impegno concreto e deciso per fermare l’inquinamento terrestre e l’innalzamento della temperatura.

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Fig. 3 – Energia solare: un altro modo di essere “green”

Nel dicembre del 2015 alla COP21 si è riusciti a giungere a un accordo condiviso da tutti i Paesi membri dell’UNFCCC, compresi i quattro  che inquinano maggiormente – Europa, Stati Uniti, Cina e India. Inoltre per la particolare struttura che presenta l’Accordo di Parigi, ossia la previsione di obiettivi volontari INDC (Intended Nationally Determined Contributions) da parte dei singoli Stati in materia di riduzione dell’inquinamento, si è riusciti ad avere un’adesione molto ampia. Tali obiettivi volontari verranno monitorati a partire dal 2023 e poi ogni cinque anni. Inoltre, nell’ambito di questo importante accordo, è stata prevista la creazione di un fondo da parte dei Paesi ricchi per consentire alle nuove economie emergenti di portare avanti il processo di industrializzazione avvalendosi di pratiche green, senza che questi siano eccessivamente penalizzati dai limiti alle emissioni.
Lo stesso World Economic Forum in questi giorni ha pubblicato l’undicesimo Global Risk Report, in cui i cambiamenti climatici appaiono, per le conseguenze da essi derivate, il più grande rischio globale: «la mancata mitigazione e il mancato adattamento al cambiamento climatico sono il rischio globale numero uno in termini di impatto, mentre il rischio più probabile è costituito dalle migrazioni involontarie su larga scala, che registrano quest’anno la più forte crescita in termini di impatto e di probabilità».

LA SVOLTA GREEN DELLA CINA – L’11 novembre 2014 tra Cina e Stati Uniti è stato stretto un accordo volto a regolare e ridurre le emissioni di CO2. Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha annunciato di voler ridurre le emissioni del 26%-28% rispetto i valori del 2005 entro il 2025. Contemporaneamente, il Presidente della Cina Xi Jinping ha annunciato di voler ridurre le emissioni di CO2 entro il 2030 e aumentare del 20% la quota di energia prodotta da fonti non fossili entro il 2030. Ad ogni modo il grande investimento cinese verso il mondo della green economy è evidente, ed è interessante notare che ad oggi la Cina possiede il più grande mercato del fotovoltaico al mondo.
La green economy rappresenta inoltre una grandissima opportunità sotto il profilo del mercato del lavoro. Stanno nascendo moltissime imprese e start up volte a introdurre nuove tecniche di produzione sostenibile, e si stanno creando nuove figure professionali e nuovi posti di lavoro. È un mercato fortemente in crescita. Con l’affermarsi di questo nuovo modello economico non tarderanno a manifestarsi le ripercussioni sul piano geopolitico: anche se in quest’ultimo periodo il forte abbassamento del prezzo del petrolio sta rallentando questo processo, molto probabilmente ci sarà un mutamento nei rapporti di forza. I Paesi totalmente dipendenti sotto un profilo energetico, con l’introduzione di questi metodi alternativi di produzione dell’energia, potranno rivedere i loro rapporti con i Paesi fornitori. Non sarà un cambiamento immediato, ma nel lungo termine potremmo aspettarci cambiamenti radicali nelle relazioni tra Stati.

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Terfè Gerotto

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

È la prima volta da quando viene realizzato il Global Risks Report del World Economic Forum (WEF) che i cambiamenti climatici rappresentano il più grande rischio a livello globale, tale da superare anche i rischi che derivano dal possibile uso di armi di distruzione di massa, dalla scarsità di risorse idriche e dal crollo del prezzo del petrolio. Con il termine “rischio” il WEF intende «un evento incerto o condizionale che, qualora si verificasse, potrebbe generare un significativo impatto negativo per numerose nazioni e imprese nell’arco dei prossimi dieci anni». [/box]

Foto: jacilluch

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Terfè Gerotto
Terfè Gerotto

Nata ad Addis Abeba nel 1994, studentessa di giurisprudenza al terzo anno all’Università di Bologna. Molto interessata alle relazioni internazionali, ha partecipato a diverse simulazioni delle Nazioni Unite in Italia ed in Serbia, inoltre ha preso parte ad un Progetto europeo in Lettonia, nell’ambito del programma Youth in Action. Da sempre appassionata al sociale ed al mondo delle organizzazioni internazionali, è stata volontaria di Croce Rossa Italiana per quattro anni, Youth Ambassador per ONE.org, cofondatrice dell’associazione universitaria AlmaMUN Society, Junior Editor per l’University of Bologna Law Review ed attualmente coordinatrice della sezione giovani per il Nord Italia dell’NGO Italian Climate Network. Le piace molto il settore ambientale e il diritto internazionale. Al termine degli studi vorrebbe intraprendere una carriera internazionale.

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