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Super Martedì 3: Trump e Hillary in testa. Ma spunta Kasich

Caffè Americano – La tornata elettorale del 15 marzo (il cosiddetto Super Martedì 3) si è conclusa. Questi, i risultati: tra i democratici, Hillary Clinton vince in  Illinois, Ohio, North Carolina e Florida. Scontro serratissimo con Sanders per il Missouri. Per i repubblicani, Donald Trump si aggiudica Florida, Illinois, North Carolina. Lotta sul filo del rasoio con Cruz in Missouri. L’Ohio va invece al suo governatore, John Kasich. Marco Rubio, nuovamente a bocca asciutta, si ritira definitivamente dalla corsa presidenziale.

IL TRIONFO DI HILLARY –  L’ex first lady può adesso riuscire a dormire sonni piĂą tranquilli. Dopo l’improvviso exploit del rivale, Bernie Sanders, in Michigan la settimana scorsa, Hillary aveva iniziato seriamente a temere per la tenuta della sua corsa. SennonchĂ©, la serie di vittorie riportate oggi, le conferisce un netto predominio, tanto in termini di delegati quanto sul fronte dell’immagine. Bernie Sanders ha fallito soprattutto nei due Stati che piĂą di altri avrebbero potuto risultare inclini al suo messaggio: Ohio e Illinois. E adesso Hillary può guardare l’avversario da una posizione di forte distacco, essendo ormai riuscita quasi certamente a blindare la nomination democratica (ammesso tuttavia che lo scandalo Emailgate non torni seriamente a tormentarla).

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Fig. 1 – Hillary Clinton può tirare un sospiro di sollievo

A questo punto, la forza contrattuale di Sanders all’interno del partito democratico diminuisce notevolmente. E la stessa ipotesi (più o meno realistica) circolata la settimana scorsa su un possibile ticket presidenziale con Hillary si fa oggi decisamente più lontana. Difficile prevedere un ritiro del senatore del Vermont. Con ogni probabilità, proseguirà la sua battaglia politica in queste primarie e non è assolutamente esclusa una sua candidatura da indipendente nella corsa per la Casa Bianca. Un’eventualità cui i Clinton non guardano con eccessiva simpatia.

TRUMP AVANZA MA NON SFONDA – Il miliardario newyorchese Donald Trump riesce a conquistare North Carolina, Illinois e Florida. Vittoria particolarmente importante, quest’ultima, innanzitutto per l’elevato numero di delegati in palio (ben 99), attribuiti secondo il sistema uninominale (il cosiddetto winner takes all). Ma in particolare il trionfo di Trump nel Sunshine State ha determinato il ritiro di Marco Rubio dalla corsa presidenziale. Dopo una campagna dai risultati magrissimi (aveva sinora vinto soltanto in Minnesota, Porto Rico e District of Columbia), il giovane senatore si è visto infliggere una pesantissima sconfitta proprio nel suo feudo elettorale, dove aveva progettato la riscossa.

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Fig. 2 – La disfatta in Florida ha rappresentato la fine della corsa per Rubio

Rubio ha quindi annunciato il suo ritiro. Si conclude così una campagna sfortunata, costellata da una serie di strategie fortemente contraddittorie. Soprattutto negli ultimi giorni, il senatore ha dato di sé un’immagine schizofrenica: da una parte cercava di accreditarsi come serio candidato dell’establishment partitico ed erede della tradizione repubblicana; dall’altra inseguiva Trump sul suo stesso terreno, ricorrendo a insulti e volgarità. Salvo poi tornare poco decorosamente indietro e chiedere scusa a quei sostenitori moderati che non lo avevano più molto in simpatia. I punti decisivi del suo fallimento sono stati comunque due. Innanzitutto l’immagine di candidato prefabbricato che non è mai riuscito a togliersi di dosso. Ma – più in profondità – un messaggio elettorale paradossalmente anacronistico: un reaganismo di ritorno, ormai inadatto per un elettorato (quello statunitense) sempre più arrabbiato e frustrato: un elettorato che di “fiducia”, “ottimismo” e “futuro” non vuol più sentir parlare.

E SPUNTA KASICH – La vittoria (non del tutto inattesa) di John Kasich in Ohio pone in luce alcuni elementi interessanti. Innanzitutto, nonostante il notevole vantaggio acquisito in termini di delegati, perdendo stasera in Ohio, Trump non può ancora blindare matematicamente la nomination. In secondo luogo, con questa vittoria, Kasich lancia un serio messaggio al partito repubblicano: non soltanto mostra di essere l’unico candidato moderato rimasto in corsa (soprattutto dopo l’addio alle scene di Rubio). Ma punta a presentarsi come figura fondamentale per la general election di novembre, in cui storicamente l’Ohio risulta uno Stato importantissimo per arrivare alla Casa Bianca. Nel dettaglio, secondo i beninformati, la strategia di Kasich sarebbe innanzitutto quella di impedire a Trump di conseguire il quorum di delegati necessario per ottenere la nomination. In seconda istanza, poi, arrivare a una brokered convention da una posizione di forza, per emergere magari come candidato repubblicano allo Studio Ovale.

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Fig. 3 – Kasich rientra in gara, in maniera sorprendente (ma non troppo)

CRUZ NON SI ARRENDE – Il buon risultato conseguito in Missouri denota segni di vitalità da parte del senatore texano, il quale punta sempre più a rafforzare la propria posizione in seno al partito. Eppure, qui si pone un problema. Mentre Kasich, lo si diceva, non fa mistero di puntare a una brokered convention per silurare Trump, Cruz nell’ultimo dibattito repubblicano ha escluso categoricamente una simile possibilità. Che dietro le consuete manfrine tra lui e il creso Donald vi sia in realtà un accordo segreto per correre in ticket? Chissà.

Stefano Graziosi

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Per un riepilogo del computo dei delegati del GOP, ecco questa infografica del New York Times.  [/box]

Foto: Gage Skidmore

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Stefano Graziosi
Stefano Graziosi

Nato a Roma nel 1990, mi sono laureato in Filosofia politica con una tesi sul pensiero di Leo Strauss. Collaboro con varie testate, occupandomi prevalentemente di politica americana. In particolare, studio le articolazioni ideologiche in seno al Partito Repubblicano statunitense.

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