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Cosa vuol dire diplomazia digitale?

I twitter in tempo reale dell’ambasciatore Claudio Bisogniero ai suoi follower americani, le foto su Flickr del reading di poesie in ambasciata, i video Youtube dell’anno della cultura italiana negli Usa, l’Italia spiegata ai bambini americani, gli indirizzi Facebook dei consolati: tutto questo in una sola schermata. Da fine ottobre 2012 tutti possono accedere alla nuova piattaforma social media dell’Ambasciata italiana a Washington, prima tappa della nuova strategia digitale della Farnesina.

 

CONTINUITÀ DIGITALE – Il volto sorridente a sinistra è quello di Claudio Bisogniero, nominato ambasciatore il 6 febbraio 2012 dopo gli ultimi anni spesi al comando centrale della Nato. L’uomo è figlio di Riccardo Bisogniero, protagonista della crisi di Sigonella durante il 1985 tra Italia e Usa. Una coincidenza che qualcuno ha interpretato come “scherzo del destino”, ma che in realtà si inserisce in una linea di continuità tra diplomatici innovatori. Bisogniero è infatti il successore a Washington di Giulio Terzi di Sant’Agata, ministro degli Esteri del governo Monti, e come lui condivide la necessità per l’Italia di aprirsi alla nuova diplomazia digitale.

 

PUBLIC DIPLOMACY  2.0. Hacker in doppiopetto? Spammer multipli sulle poste elettroniche dei presidenti stranieri? Niente di tutto questo. “La public diplomacy consiste – scrive Antonio Deruda, nel suo libro “Diplomazia digitale” – in una comunicazione diretta con i cittadini stranieri, nell’intento di influenzare il loro giudizio e, in maniera indiretta, quello dei loro governi”. Una strategia che un tempo si limitava ad articoli di giornale, scambi di cittadini e iniziative culturali. E che oggi arriva direttamente sulle schermate digitali dei cittadini stranieri. E che si basa su una parolina magica: “interazione” con gli utenti.

 

IL CAMBIO DI PASSO – Si è verificato con il passaggio di consegne tra Franco Frattini e Giulio Terzi di Sant’Agata nel 2011. Il ministro degli esteri del governo Monti, infatti, ha ricoperto la carica di ambasciatore a Washington dal 2009 al 2011, prima di entrare alla Farnesina. Da un ministro che twittava prevalentemente in italiano comunicati ufficiali e rassegne stampa, si è passati a un “tecnico” cresciuto nella patria della nuova diplomazia digitale. Che celebra i caduti della strage di Nasiriyya su Second Life, dialoga con i suoi fan direttamente su Facebook, e invita a prendere il thè in Farnesina i suoi “top commenter”.

 

In un’intervista a Wired, il ministro ha dichiarato infatti che “sin dal mio arrivo in Farnesina, ho voluto dare un forte impulso sia a livello centrale, che a livello di Rete diplomatica e consolare nel mondo, affinché siano aperti, e utilizzati con regolarità, profili istituzionali sui principali social media, fra cui Facebook, Twitter e Youtube”.

Se l’incarico di Terzi finisce con il governo Monti, a Washington si continua a sperimentare. Abbiamo intervistato per voi, via mail, l’ambasciatore Claudio Bisogniero. Nelle sue risposte, c’è una piccola anticipazione di quello che diventerà la public diplomacy italiana nel prossimo futuro. A meno che qualcuno, in patria, non decida di fare marcia indietro e di tornare a comunicare per mezzo di comunicati stampa in pdf…

 

A quando risale l’apertura del suo account Twitter? Per quale scopo è stato aperto? Lo gestisce personalmente?

 

Claudio Bisogniero: Sono su Twitter con il mio profilo @CBisogniero dal mio arrivo a Washington come ambasciatore d’Italia nel febbraio 2012. Ovviamente, sin dall’inizio, lo gestisco in prima persona. L’ottica è quella di migliorare ed ampliare l’interazione con il mondo esterno ed aprire le porte dell’Ambasciata ai milioni di cittadini italiani e di origine italiana negli Usa, ma anche a tutti gli americani e stranieri interessati al nostro meraviglioso Paese.

 

“We have to listen and engage more”, ha detto durante una conferenza del ciclo Twiplomacy. Secondo quale criterio risponde ai tweet dei suoi followers?

 

C.B.: L’obiettivo è quello di rispondere al numero maggiore possibile di persone che mi contattano con domande sul nostro Paese, sulle relazioni tra Italia e Stati Uniti, sulle nostre attività culturali e consolari. Nel caso di richieste specifiche consiglio di inviare le proprie richieste anche via mail in modo che i miei collaboratori possano dare una risposta completa.

Saper ascoltare vuole dire quindi facilitare il dialogo tra l’Ambasciata e l’utente. In quest’ottica abbiamo dato grande importanza ai social media, ad esempio, per veicolare tutte le informazioni relative all’Uragano Sandy l’autunno scorso, in modo da rendere disponibili gli aggiornamenti sulla situazione e tutti i numeri di emergenza della rete diplomatica per gli italiani in visita negli Usa e per tutti i connazionali che avessero bisogno di assistenza. Questo dialogo lo stiamo continuando ad alimentare anche con il profilo Twitter dell’Ambasciata @ITALYinUS.

 

Twitter o Facebook, qual è il social network più utile per il lavoro di un diplomatico?

 

C.B.: Non sta a me esprimere preferenze di tipo generale sull’utilità di Twitter e Facebook. Tutti i social media, nelle loro diverse funzionalità e applicativi, possono rispondere alle esigenze del nostro lavoro. Sta al singolo sfruttarne le qualità che più rispondono ai nostri obiettivi. Nel mio caso, Twitter si adatta perfettamente al mio lavoro e mi permette un approccio più personale e quasi quotidiano.

Per quanto riguarda invece l’Ambasciata e l’intera rete diplomatico-consolare negli Usa stiamo cercando di puntare ad una presenza articolata sui social media e contiamo ormai oltre dieci profili Twitter, sette utenze su Facebook e svariati canali YouTube e Flickr.

 

Il Center For Strategic & International Studies ha definito (2007) il diplomatico del futuro come “decentralizzato, flessibile e tecnologicamente mobile”. Lei ha un aggettivo da aggiungere a questa descrizione?

 

C.B.: Innovativo. Credo che il futuro della diplomazia, nelle sue molteplici sfaccettature, dalla diplomazia per la crescita alla public diplomacy, sia sempre più legato all’innovazione e alla capacità da parte del corpo diplomatico e del mondo politico di investire in nuove idee, riadattando la nostra attività di politica estera per meglio rispondere alle nuove sfide.

 

Qual è il ruolo di Facebook, Twitter, Youtube nella public diplomacy italiana in America?

 

C.B.: Prima di tutto è bene ricordare che i social media – ovvero la cosiddetta diplomazia  digitale o Twiplomacy – non hanno rimpiazzato la nostra attività diplomatica tradizionale, sia in termini di rapporti tra governi che di public diplomacy. È vero però che tali strumenti ci hanno avvicinato all’utenza finale, permettendo un approccio più personale. Il modo in cui stiamo “comunicando” il programma del “2013, Anno della Cultura Italiana negli Stati Uniti”, ne è un esempio concreto. Non solo infatti possiamo complementare meglio la nostra attività istituzionale, anche attraverso immagini e video sull’evento che diffondiamo sui social network oltre che sul sito Internet, ma il pubblico con cui interagiamo continua ad aumentare, generando un interesse crescente per l’iniziativa.

 

Come è nata l’idea del nuovo Social Media Hub dell’ambasciata di Washington? Quanti visitatori unici avete registrato nel primo mese? Qual è il pubblico di riferimento (Americani, Italo-Americani, pubblico giovanile/adulto, giornalisti..)?

 

C.B.: l’idea del Social Media Hub (www.twiplomacy.it/usa) è tanto semplice quanto innovativa. Ci consente infatti di concentrare in un’unica pagina la nostra attività multimediale e dei vari social media con cui operiamo. È nata come un esperimento di public diplomacy – indirizzato quindi al pubblico americano e alla comunità italiana e italoamericana negli Usa – che per ora attrae circa 400 visitatori unici al mese. Ma il fattore più interessante è come la pagina continui a circolare sui social networks, con circa 300 “share” ad oggi, attirando un numero sempre crescente di visitatori virtuali. Ad esempio quasi 1.000 persone hanno visto il nostro video di presentazione del 2013. Senza ombra di dubbio, visti anche i commenti sia su Twitter che off-line, l’Hub continua a piacere e ad attrarre pubblico, come anche il mini portale Italy4Kids per bambini e studenti, e il sito ad hoc per il 2013 (www.italyinus2013.org). Per ora si tratta tuttavia di un esperimento e come tale puntiamo a migliorarlo nel tempo, per rispondere sia alle esigenze del pubblico che alle nostre priorità.

 

In che misura il lavoro di Alec Ross ha influito sulla nuova strategia digitale delle rappresentanze in America?

 

C.B.: Alec è prima di tutto un amico ed un grande conoscitore dell’Italia, dove ha vissuto e studiato ai tempi dell’università. La sua attività come Consigliere per l’Innovazione del Segretario di Stato Hillary Clinton ha certamente contribuito a cambiare il modo in cui gli Stati Uniti si relazionano al mondo dei social media. La vera rivoluzione sta soprattutto nell’aver instaurato un dialogo con interlocutori meno tradizionali rispetto a quelli della diplomazia classica. A tale riguardo, il Dipartimento di Stato, grazie proprio alla Clinton e alla carismatica figura di Alec Ross sta facendo da apripista a molti altri governi, non solo quello italiano. Sta a noi ora investire in questa esperienza e creare una sempre più salda realtà di diplomazia digitale per il nostro Paese.

 

Le ambasciate e gli istituti italiani di cultura negli Usa stanno sperimentando nuove forme di diplomazia digitale. Potranno essere d’esempio anche per le sedi diplomatiche negli altri Paesi?

 

C.B.: Come ho ricordato in precedenza, la diplomazia digitale è in continua evoluzione e rappresenta un importante punto di riferimento per tutta la rete diplomatica italiana nel mondo. L’impulso dato dal ministro Giulio Terzi in questo settore ha senz’altro contribuito all’apertura di nuovi canali di comunicazione sui social media per tanti dei nostri ambasciatori, Ambasciate, ma anche Consoli e Consolati.

 

Twiplomacy, l’intervento di Alec Ross.

Foto di copertina: ©ItalianEmbassy/flickr

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Jacopo Franchi
Jacopo Franchi

25 anni, una laurea in Lettere Moderne, un Erasmus e un’esperienza da Web e Social Media Editor per Cafebabel, a Parigi. I miei interessi professionali spaziano dalla politica europea, al web e al giornalismo. Collaboro al Caffè Geopolitico perché credo nella sua missione di raccontare l’attualità internazionale, superando i nostri ristretti confini. Nel mio piccolo, credo nell’Europa unita dei popoli, delle culture e dei giovani. Grazie a Internet, possiamo realizzare uno scambio continuo e proficuo tra autori e lettori. La rivista è fatta per voi, e ha bisogno del vostro contributo, i vostri commenti e consigli  per poter crescere sempre di più.

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