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Il land grabbing cinese: origini, peculiarità e prospettive (I)

La Cina si pone sempre più come protagonista delle relazioni geopolitiche mondiali; ma più cresce la sua influenza, maggiore diventa la necessità di assicurare ai propri cittadini una completa sicurezza alimentare, anche sfruttando la rilevanza politica internazionale. Il land grabbing viene da qui

LA CINA E LA SICUREZZA ALIMENTARE – La food security sembra essere l’obiettivo cui gli stati leader della dialettica mondiale oggi guardano con decisione. La sfida è aperta e ambiziosa, in quanto le stime ufficiali parlano di una popolazione del globo pari ad oltre 9 miliardi di persone nel 2050. Le risorse produttive basteranno per tutti? Avremo cibo per ogni abitante del pianeta? Le grandi potenze stanno cercando di rispondere adeguatamente alla sfida.
La Cina non fa eccezione, benché non sia lo Stato che controlla più terre al di fuori dei confini nazionali; nella classifica stilata da Land Matrix, prestigioso osservatorio internazionale, è “solo” decima. Ma la classificazione è meramente quantitativa e non illustra le modalità di acquisizione del controllo né tanto meno come questo venga poi praticato. Le nazioni occidentali, come Stati Uniti (land grabber più attivo al mondo), Regno Unito, Olanda, cercano per lo più un accordo con il governo locale e impiantano progetti di sviluppo infrastrutturale e occupazionali.
Le potenze che hanno grandi disponibilità finanziare, come quelle del Golfo e la Corea del Sud, acquistano direttamente attività produttive e cercano un riparo sicuro per procurarsi derrate alimentari tanto più preziose se si considera la loro scarsa espansione territoriale e una popolazione folta e esigente.
Brasile, India e Malesia, avendo numeri ancor più imponenti, cercano la giusta remunerazione per i propri investimenti. Il modus operandi cinese è tendenzialmente diverso, poiché manda avanti il canale diplomatico e non quello affaristico-negoziale. Ha iniziato così a guardare fuori dai propri confini e ad acquistare produzioni all’estero, riuscendo a finalizzare l’intensa attività diplomatica svolta dal Governo nazionale; in seguito procura il capitale, conclude la fase di ideazione e porta il progetto avanti in solitaria con mezzi, tecnologia, maestranze e operai per lo più cinesi. Qual è l’origine di un fenomeno così importante? Secondo il censimento del 2007 la Repubblica popolare contava all’epoca 1.321.851.900 abitanti, con una distribuzione molto irregolare sul territorio. Per lo più i cinesi erano (e sono ancora) concentrati nelle grandi province orientali.
Hanno avuto uno sviluppo demografico inarrestabile fino a quando non è stata introdotta la politica del figlio unico nel 1979. Voluta da Deng Xiao Ping, la normativa è stata ribaltata nel novembre 2013 dalla Corte Suprema, che ha reso possibile la doppia discendenza. Fu questo il primo approccio scelto all’epoca per contrastare con efficacia l’aumentare esponenziale della popolazione cinese. Negli anni Cinquanta il tasso di fertilità era di quasi sette figli a donna, negli anni Settanta era sceso a meno di tre. Ma era ancora troppo per un Paese che aveva il 20% della popolazione mondiale e solo il 9% delle terre coltivabili. 

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Fig. 1 – Come garantire accesso al cibo a oltre un miliardo e mezzo di cinesi?

DEMOGRAFIA E CIBO – L’ottimo paretiano della demografia mondiale prevede di portare a due il numero medio di figli per donna in età feconda, rapporto che ben garantisce nel tempo l’equilibrio tra nascite e decessi. La partita della food security gioca un ruolo straordinariamente importante per gli equilibri geopolitici degli anni a venire e non basta tenere nella dovuta considerazione l’andamento numerico della popolazione. Entrano in gioco altri fattori decisivi come la quantità di terre fertili a disposizione di uno Stato. Secondo il rapporto del Population reference Bureau dell’ONU, la Cina del 2014 ha 1.364 milioni di abitanti e ne avrà solo 70 milioni di più nel fatidico 2050, anno in cui la FAO ha stimato che si arriverà ad un totale di 9 miliardi in tutto. Significa che l’aumento ci sarà, ma sarà molto più modesto del passato, frutto probabilmente della politica del figlio unico; si prevede quindi un tasso di fertilità delle donne cinesi pari all’ 1,79%.
Analogamente, l’India dovrebbe scavalcare la Cina come nazione più popolata del globo, a quota 1 miliardo e 600 milioni. Dovrebbe accadere nel 2030. Il trend della distribuzione della popolazione ha avuto due fasi distinte nell’ultimo quinquennio. Durante la prima, alla fine del 2010, la popolazione urbana cinese veniva ancora stimata in poco più di 665 milioni (pari al 49,65% del totale) e quella rurale continuava a primeggiare potendo contare su 675 milioni di persone (pari al 50,32%) del totale. La crescente industrializzazione del gigante cinese, unita ai già ricordati risultati di lungo periodo della politica del figlio unico, aveva condotto il Paese verso una sovrabbondanza di forza lavoro delle campagne, che ha generato poi il fenomeno dell’abbandono progressivo delle terre in favore delle grandi città. 

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Fig. 2 – La Cina si sta imponendo sempre più come potenza globale… anche in campo di produzione e consumo di cibo

CIBO E RELAZIONI INTERNAZIONALI – È stata calcolata in 150 milioni di persone l’entità della forza lavoro agricola che ha lasciato i campi per andare in città a lavorare nelle fabbriche, garantendo alle industrie di Stato continuità produttiva a salari molto bassi. Le campagne si sono via via impoverite e gli ex braccianti sono andati a costituire il proletariato urbano, con relativo ulteriore depauperamento delle terre incolte e abbandonate. Al termine del processo di inurbanizzazione, si è calcolato dopo il 2020, la Cina avrà sempre meno addetti alla terra (anche per via del diffondersi del livello superiore di scolarizzazione) e potrebbe vivere un’ulteriore fase di richieste di aumenti salariali consistenti e generalizzati. Il Governo ha fissato in 120 milioni di ettari la superficie necessaria per sfamare la popolazione; per arrivarci è stato addirittura sospeso il programma di riforestazione delle aree marginali.
La seconda fase, nell’analisi della distribuzione della popolazione, comincia invece nel gennaio 2012 con la notizia, diffusa dall’Istituto Nazionale di Statistica, dell’avvenuto sorpasso della popolazione urbana su quella rurale; si prevede già che entro il 2050 la Repubblica popolare avrà 221 città con almeno un milione di abitanti e un miliardo di cinesi abiterà in città entro il 2030.
Tra dieci anni il PIL cinese sarà prodotto al 90% in città. Da un punto di vista sociologico si è così creato il nuovo ceto medio, urbanizzato e dalla disponibilità economica più elevata, disposto a spendere di più per avere proteine animali nella dieta e arrivare a uno stile di vita più completo, anche in virtù delle sempre più numerose occasioni di contatto con il mondo, e quindi l’alimentazione, occidentale. Le ripercussioni a livello sociale e nutrizionale non si sono fatte attendere, un po’ come successe in Italia dopo il boom economico dei primi anni Sessanta. Oggi un cinese consuma mediamente 54 kg di carne in un anno contro i 25 di venti anni fa; il consumo di maiale ha avuto un incremento del 45% nell’ultimo decennio. Ciò determina la necessità di avere più spazio anche per l’allevamento di zootecnia da carne e l’esigenza di soddisfare una platea di consumatori più esigente e preparata. L’alimentazione mondiale sta cambiando e ora la dieta dei cinesi è un elemento da seguire con particolare interesse.

Andrea Martire

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
Relazioni internazionali sempre più orientate alla sicurezza alimentare; dopo EXPO, possiamo dire, con i negoziati sul TTIP, la food security sembra essere uno dei più significativi driver internazionali. Per saperne di più ricordiamo il nostro libro, “Le provocazioni di Expo” sempre attuale.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente sulla rivista della Fondazione Italia-Cina “Mondo Cinese”.

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Andrea Martire
Andrea Martire

Appassionato di America Latina, background in scienze politiche ed economia. Studio le connessioni tra politica e sociale. Per lavoro mi occupo di politiche agrarie e accesso al cibo, di acqua e diritti, di made in Italy e relazioni sindacali. Ho trovato riparo presso Il Caffè Geopolitico, luogo virtuoso che non si accontenta di esistere; vuole eccellere. Ho accettato la sfida e le dedico tutta l’energia che posso, coordinando un gruppo di lavoro che vuole aiutare ad emergere la “cultura degli esteri”. Da cui non possiamo escludere il macro-tema Ambiente, inteso come espressione del godimento dei diritti del singolo e driver delle politiche internazionali, basti pensare all’accesso al cibo o al water-grabbing.

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