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Orlando, il terrorismo colpisce la comunitĂ  LGBT

Domenica notte un uomo ha ucciso almeno 50 persone in un celebre locale della comunità LGBT di Orlando, in Florida. Tra omofobia ed estremismo islamico, rivendicazioni dell’ISIS e smentite, le indagini sono ancora in corso, ma l’attentatore potrebbe essere un lupo solitario.

I FATTI – Alle 2 di domenica 12 giugno (le 8 in Italia) un assalitore solitario ha preso di mira il locale “Pulse” di Orlando, in Florida, club frequentato dalla comunità LGBT. Omar Mateen, cittadino statunitense di origine afghana, ha aperto il fuoco sulle circa cento persone presenti, uccidendone 50 e ferendone 53, alcune delle quali in modo grave – le cifre sono purtroppo in aggiornamento. Alcuni clienti sono riusciti a fuggire (anche grazie all’appello lanciato subito sul profilo Facebook del “Pulse”), mentre altri (più o meno trenta) sono stati presi in ostaggio da Mateen e liberati dai reparti speciali della polizia, che alle 5 del mattino hanno annunciato la morte dell’assalitore. Successivamente le Forze dell’Ordine hanno reso noto che l’uomo fosse armato di un fucile AR-15, di una pistola e di un congegno esplosivo. Il bilancio, che come anticipato non è definitivo, rende la strage del “Pulse” la peggiore della storia statunitense.

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Un’immagine dall’esterno del ‘Pulse’ durante l’intervento della polizia

LE PRIME DICHIARAZIONI – L’azione di Mateen è sicuramente un gesto terroristico, per le modalità con le quali è stata condotta e per le reazioni che ha suscitato. Il presidente Obama ha parlato di «un atto di terrore e di odio», così come in precedenza il governatore della Florida, Rick Scott. L’origine afghana dell’assassino ha subito avviato speculazioni circa l’eventualità di una matrice islamica del massacro. Tuttavia la questione non è così semplice da definire, a maggior ragione se ci si limita alle semplici illazioni. Interrogata sul movente di Mateen, in un primo momento l’FBI ha risposto cautamente che ci fossero alcune indicazioni sulle simpatie estremistiche dell’assalitore, ma niente che potesse confermarle con certezza. Il padre, invece, ha smentito seccamente il coinvolgimento di Omar in ambienti del terrorismo islamico, ponendo l’attenzione sull’omofobia del figlio, il quale avrebbe manifestato un crescente odio nei confronti degli omosessuali dopo aver visto una coppia gay a Miami. La dichiarazione è tuttora vagliata dalle Autorità, soprattutto perché poche ore dopo l’irruzione nel “Pulse” un uomo è stato arrestato a Santa Monica con l’auto carica di armi ed esplosivi mentre era in viaggio per la manifestazione del Gay Pride di Los Angeles. Inoltre il padre di Mateen secondo il Washington Post sarebbe a sua volta un sostenitore dei talebani, posizione ribadita in un programma televisivo locale da lui condotto e in alcuni video su YouTube, in cui arriva addirittura a candidarsi alla Presidenza dell’Afghanistan.

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TRA OMOFOBIA E TERRORISMO ISLAMICO – Nell’arco della giornata sono cominciate poi a emergere anche altre informazioni, provenienti da fonti legate alla polizia: non solo Omar Mateen ha chiamato il 911 prima dell’attacco al “Pulse” giurando fedeltà allo Stato Islamico e paragonandosi agli attentatori della maratona di Boston, ma era anche in una lista di sostenitori del Califfato redatta dall’FBI. L’Agenzia lo aveva indagato e interrogato in seguito a segnalazioni nel 2013 e nel 2014, salvo poi non dare seguito ai sospetti. Sul web alcuni profili legati all’estremismo islamico hanno lodato l’operato di Mateen, definendo la strage «il miglior regalo per il Ramadan», però secondo quanto riportato da Rita Katz, direttrice del Site Intelligence Group (specializzato nel monitoraggio del jihadismo online), l’ISIS avrebbe rilasciato un messaggio di giubilo per l’attentato, attribuendolo a un suo «combattente». Le indagini, comunque, sono ancora nel vivo e nessuna ipotesi è scartata con certezza. Mateen potrebbe essere un lupo solitario privo di collegamenti diretti con organizzazioni terroristiche radicalizzatosi in autonomia. In questo senso sarà fondamentale ricostruire l’eventuale percorso verso l’estremismo, se è vero, come ha raccontato la ex moglie, che Mateen, manesco e mentalmente instabile, non fosse in realtà molto credente. In modo simile ad altre circostanze, quali l’attacco a San Bernardino (dicembre 2015) o al “Bataclan” di Parigi (novembre 2015), l’attentatore ha scelto un soft target, cioè un obiettivo poco protetto perché ritenuto di per sé al sicuro dal terrorismo, anche nella percezione comune. La storia di Mateen deve essere riportata alla luce dagli inquirenti: fino ad allora la strage resta un episodio di «terrorismo domestico». Intanto, comunque, appare molto probabile che il massacro sia stato organizzato senza alcun coordinamento con gruppi terroristici o reti di sostegno.

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Immagini dal Gay Pride di Los Angeles

I CRIMINI CONTRO LA COMUNITÀ LGBT – Tra gli aspetti che più stanno facendo discutere gli USA, oltre alla questione della circolazione delle armi, è la persistenza di un elevato numero di azioni omofobiche, che secondo l’FBI costituiscono più del 20% dei crimini d’odio. Come nel caso dell’incendio nel quartiere di Capitol Hill a Seattle durante la festa di Capodanno del 2014 (realizzato da Musab Masmari, che si proponeva di sterminare gli omosessuali). O come quando nel 1997 Eric Rudolph, autore dell’attentato al villaggio olimpico di Atlanta, piazzò un ordigno in un locale frequentato da donne omosessuali, allo scopo di fermare «l’agenda gay» – argomentazione tornata alla ribalta recentemente con la grande campagna contro le leggi discriminatorie nel North Carolina e i pronunciamenti della Corte Suprema sui matrimoni egualitari. L’episodio più celebre, però, è il rogo dell’UpStairs Lounge di New Orleans, nel 1973, che causò 32 morti e che, per quanto non sia stato direttamente un crimine d’odio (il colpevole fu probabilmente un cliente gay allontanato), mostrò come gli omosessuali fossero ancora considerati da relegare ai margini della società. In quella circostanza ampie parti della politica e della stampa non vollero parlare dell’accaduto, né mancarono occasioni di pubblica derisione delle vittime o di negata celebrazione dei funerali religiosi. La polizia, invece, tralasciò le indagini (il fatto resta ancora senza colpevoli), nonostante si trattasse di uno dei più gravi atti criminali della storia statunitense, il peggiore ai danni della comunità LGBT. Fino a oggi.

Beniamino Franceschini

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

In questo video del Washington Post un breve profilo di Omar Mateen.[/box]

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Beniamino Franceschini
Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’UniversitĂ  di Pisa, sono docente di Geopolitica presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Pisa. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa.

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