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La stretta finale

Si riaccendono le proteste in Iran e, contemporaneamente, si fa più dura la repressione. Il regime ordina nuove morti, ma ciò non sembra fermare gli oppositori. Siamo alle soglie di una nuova rivoluzione?

DI NUOVOLa protesta non finisce. Non sono stati i manganelli di giugno a sedarla, non sono bastati i morti uccisi dalla repressione della polizia di Stato dei Basij (i corpi speciali in motocicletta, bastoni e pistole facenti parte dei Pasdaran  fedelissimi del Presidente Ahmadi-Nejad) nelle concitate giornate estive del dopo-elezioni. Non è stata sufficiente l’immagine, penosa e allo stesso tempo ammonitrice, del volto insanguinato di Neda, eroina della protesta dell’“Onda Verde” (il verde è il colore dei riformisti capeggiati da Moussavi, oltre ad essere, probabilmente anche con un certo grado di volontarietà e non solo per coincidenza, il colore dell’Islam) morta in piazza a Teheran colpita da un cecchino. E poi i processi farsa contro i giovani oppositori arrestati e contro la ragazza francese, ricercatrice universitaria, accusata di essere una collaborazionista della presunta macchina da complotto occidentale contro il regime di Teheran; gli stupri e le violenze in carcere; le confessioni estorte con la forza; le condanne a morte di alcuni arrestati. E ancora: la Guida Suprema Ali Khamenei che, neanche un mese fa, mette in guardia l’opposizione e minaccia di estirparla una volta per tutte. Infine la morte dell’Ayatollah Montazeri (ex uomo di fiducia dell’Ayatollah Khomeini, a suo modo simbolo di una certa opposizione all’attuale regime ed emblema della spaccatura interna al mondo clericale sciita) nei giorni scorsi e, durante i funerali, i nuovi scontri in piazza… 

SCIISMO E INGIUSTIZIA – Teheran e altre città dell’Iran hanno dunque dimostrato che la protesta non è finita. Le strade e le piazze dei centri urbani iraniani sono tornate ad essere un fiume verde in occasione della festa dell’Ashura, festività importantissima per il mondo sciita e carica di significato. Il giorno dell’Ashura ricorda infatti quello che, in qualche modo, può essere definito addirittura come l’atto fondante degli ideali e dei sentimenti sciiti. Si ricorda il giorno in cui Yazid, califfo omayyade (antica dinastia che regnava sull’allora impero islamico), trucidò uno dei due figli di ‘Ali (quarto califfo dell’Islam, cugino e allo stesso tempo genero di Maometto, figura centrale e fondante dello stesso sciismo, non a caso definito anche movimento “alide”), Hussein, insieme a decine di suoi compagni, nella rivendicazione del proprio diritto a governare l’impero in virtù proprio della discendenza diretta dal Profeta Maometto. Era il 680 e i fatti accadevano nella città di Kerbala, nell’attuale Iraq. Tale avvenimento per gli sciiti incarna tutti i sentimenti di ingiustizia, usurpazione, torto subito da parte del despota governatore e senso di umiliazione che sono tipici della loro credenza. Non a caso il giorno dell’Ashura (il 10 di Muharram, secondo il calendario islamico) diventa, per trasposizione, il giorno della lotta all’ingiustizia. Non a caso in questa ricorrenza Teheran e le città iraniane sono tornate ad essere teatro di protesta veemente contro il governo di Ahmadi-Nejad e, soprattutto, ormai contro la stessa Guida Suprema Khamenei, Capo di Stato ed incarnazione del potere divino in Iran.

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BACK TO 1979Non a caso, quindi, la repressione è tornata ad essere così violenta e brutale. L’opposizione, i giovani che percorrono le strade delle città iraniane, usano infatti proprio la retorica sciita per rivoltarsi contro il regime e questo è l’aspetto che probabilmente più terrorizza Khamenei e Ahmadi-Nejad. I giovani iraniani dimostrano, in questo modo, di non essere delle pedine mosse da oscure mani occidentali o sioniste contro il legittimo governo islamico degli Ayatollah. E’ così che gli oppositori riformisti riempiono le piazze di Teheran al grido di “Ya Allah!” (“per Allah”) e non mettono in discussione le fondamenta religiose dello Stato iraniano ed i principi della Rivoluzione Islamica posta in essere da Khomeini nel 1979. Capire questo è fondamentale per comprendere fino in fondo la paura e la reazione spropositata e a tratti quasi impulsiva e frenetica della coppia Khamenei-Ahmadi-Nejad. In un certo senso è come se si stesse tornando a quella stagione 1978-1979, in cui in piazza gli Iraniani inneggiavano allo sciismo più genuino, contro la corruzione dello Shah e del suo regime filo-occidentale. Ecco perché tanta rabbia contro l’opposizione, dal momento che gioca sullo stesso piano del regime, mettendone a nudo le contraddizioni e, in un certo senso, le debolezze. 

VERSO LA RIVOLUZIONE ATTO SECONDO? – Ed eccoci alle immagini di ieri ed oggi, agli almeno 15 morti per le strade, alle teste spaccate dalle spranghe e dai manganelli dei Basij, agli spari ad altezza uomo e, nonostante tutto, alla determinazione dei giovani che, armati solo di coraggio e voglia di giustizia e libertà, affrontano la repressione del regime. Tra le vittime dovrebbe esserci addirittura anche il nipote dello stesso Moussavi, oltre a ragazzi e ragazze la cui colpa era manifestare il proprio dissenso. Il messaggio a questo punto diventa chiaro: la protesta non si fermerà, né oggi, né nei prossimi giorni, perché gli oppositori hanno dimostrato di non aver paura delle conseguenze più nefaste cui potessero andare incontro: la morte. Adesso la partita è tutta da giocare, forse siamo al momento decisivo e allo scontro finale. Come accadde nella stagione della Rivoluzione Islamica khomeinista, alcune fonti riportano che dei poliziotti si sarebbero rifiutati di sparare sulla folla e, in più, alcuni importanti settori della società, dai commercianti ad alcuni esponenti del clero, sarebbero pronti ad appoggiare la protesta, perché in fondo l’isolamento internazionale cui ha portato la politica di Ahmadi-Nejad sta danneggiando gli interessi di molti iraniani, che vorrebbero un clima più disteso. Nei prossimi giorni si definirà meglio la situazione, fermo restando che sembra ormai chiaro che la protesta non si plachi, neanche di fronte alle repressioni. La tattica usata dal regime sembra stia fallendo e ciò che sta producendo è solo critica e sdegno a livello mondiale. Una nuova rivoluzione, stando così le cose, potrebbe non essere più un fatto così lontano dalla realtà. 

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