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Gabon: il presidente che non piaceva a nessuno

Le elezioni di agosto hanno riconfermato presidente Ali Bongo, erede di una dittatura quarantennale, che sembra tuttavia intenzionato a decostruire. Le opposizioni e il popolo in piazza insorge, e il nuovo Presidente sembra non poter piĂą godere neanche dell’appoggio internazionale 

RISULTATI TUMULTUOSI – A partire dal 31 agosto, in seguito all’annuncio dei risultati delle elezioni presidenziali, che confermavano la vittoria del Presidente uscente Ali Bongo Ondimba, il Gabon ha conosciuto un picco di violenza che si è protratto per ben 48 ore. Migliaia di arresti, centinaia di feriti e alcuni morti: i ribelli hanno dato fuoco alla sede del Parlamento, in segno di protesta. A incoraggiare l’insurrezione popolare sembra essere stato il principale avversario di Bongo nella competizione elettorale, Jean Ping, già ministro degli Affari esteri dal 1999 al 2008 e Presidente della Commissione dell’Unione Africana.

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Fig.1 – Manifestanti a Libreville, Gabon, 31 agosto 2016

Secondo i risultati della Cenap, Ali Bongo è stato rieletto con il 49.80% dei voti contro il 48,23% di Jean Ping, con una differenza di circa 6000 voti. Ping ha chiesto un riconteggio dei voti, in particolare del distretto di Haut Ogouué, storico feudo della famiglia Bongo dove l’affluenza alle urne è stata più alta che in qualsiasi altro distretto – circa 99% ‒ e la vittoria del presidente Bongo schiacciante.

L’OPINIONE DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE – Sulla vicenda elettorale del Gabon, la Francia ha espresso la propria preoccupazione riguardo le condizioni di trasparenza delle elezioni. «Riteniamo opportuno che vengano pubblicati i risultati di ciascun seggio. Sono in gioco la credibilità del sondaggio e la reputazione internazionale del Gabon stesso» ha dichiarato il ministero degli Esteri francese. Anche Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, si è schierata dalla parte dell’opposizione gabonese, richiamando il governo alla pubblicazione dei risultati elettorali. Ali Bongo sembra non poter contare sull’appoggio di nessuno, neanche di una storica alleata come la Francia, da sempre implicata negli affari interni al Gabon.

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Fig.2 – Ali Bongo Ondimba, Presidente del Gabon con la moglie Sylvia Bongo Ondimba annuncia che prenderà parte alle elezioni presidenziali del 2016 

Durante gli scontri, le truppe francesi presenti in Gabon hanno ricevuto ordine di restare nella propria base, per marcare la distanza dagli affari interni del paese. La strategia della non ingerenza potrebbe rientrare nel progetto di abbandonare uno dei centri nevralgici della Françafrique, una scelta necessaria e determinata anche dal fatto che altri colossi internazionali – Cina, Stati Uniti, India e Giappone – hanno cominciato a interessarsi al continente africano. Un’ulteriore spiegazione è legata alla fine del quarantennio di Omar Bongo e al succedergli del figlio Ali che, contrariamente alle aspettative, sembra intenzionato a distanziarsi dalla politica del padre.  Nessuno dei principali capi di stato africani ha fatto delle dichiarazioni riguardo lo scandalo delle elezioni in Gabon. I dirigenti dell’Unione Africana – di cui Jean Ping ha fatto parte fino al 2012 ‒ hanno espresso il loro rammarico per l’escalation di violenza, augurandosi che questo episodio non metta in pericolo la pace e la stabilità all’interno del paese.

UN NUOVO GABON – Dal 1967 al 2009 Omar Bongo ha guidato le sorti del Gabon in un regime di cordialità e reciproca fedeltà con l’Eliseo. La prima presidenza di Ali Bongo, del resto, era stata salutata con entusiasmo dalla Francia e dall’allora presidente Sarkozy. Negli ultimi anni le cose sembrano essere decisamente cambiate. Una delle questioni di rottura è l’affare Total: per decenni la Total ha estratto petrolio per il valore di miliardi di dollari, con il beneplacito del Presidente e del governo. Nel 2016 la presidenza Bongo ha richiesto una verifica fiscale sulla Total in Gabon, avanzando l’ipotesi che la compagnia non stesse pagando tutte le tasse dovute allo Stato.

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Fig.3 – Jean Ping, principale esponente dell’opposizione e avversario di Ali Bongo durante le presidenziali 2016

Il lancio del Plan d’Égalité des Chances nel febbraio 2016 ha confermato l’intenzione di Ali Bongo di affrancare il paese dalla sua dipendenza dal petrolio, investendo nel capitale umano e rafforzando altri settori dell’economia. Attualmente il Gabon è il quinto più grande esportatore di petrolio africano, ma deve fare i conti con l’ondeggiare dei prezzi globali del greggio: il desiderio di diversificare l’economia è diventato una necessità quando nel 2014 il prezzo del greggio è crollato del 70%.

CAMBIARE INSIEME – Annunciando questo Piano per le pari opportunità Ali Bongo si è concentrato su quattro obiettivi: incrementare l’accesso al lavoro e alle opportunità di formazione professionale, migliorare l’accesso alla sanità, implementare programmi per l’emancipazione delle donne, e decostruire un sistema fondato sul privilegio e le concessioni per costruire una società più democratica. L’intera propaganda del presidente si fonda proprio sul motto “changeons ensemble”, un invito ottimista alla popolazione gabonese a rinunciare a ogni tipo di favoritismo.

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Fig.4 – Ali Bongo durante una delle visite alle università del Gabon, marzo 2016

Gli scettici si domandano se questo invito spassionato da parte del presidente possa essere realmente sincero. Dopo tutto, durante la presidenza del padre Ali Bongo ha ricoperto il ruolo di ministro degli affari esteri (1989-1991), rappresentante di Bongoville – precedentemente conosciuta come Lewai ‒ nell’Assemblea Nazionale (1991-1999) e ministro della difesa dal 1999 fino alla morte di Omar nel 2009. Se c’è qualcuno in Gabon che ha approfittato della politica del privilegio fino a questo momento, quello è proprio Ali Bongo Ondimba.

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Venerdì 23 settembre la Corte Costituzionale gabonese ‒ dopo aver accolto il ricorso da parte dell’opposizione e della comunità internazionale ‒ ha dichiarato che l’elezione di Ali Bongo per il suo secondo mandato presidenziale è legittima. Jean Ping ha dichiarato iniqua la decisione della Corte costituzionale per la quale la percentuale di vittoria di Bongo è addirittura più alta: 50,66% dei voti contro il 47,24% di Ping. Ali Bongo resta a capo del Paese, ma in molti intorno a lui sembrano volere la sua testa. [/box]

Foto di copertina di Foreign and Commonwealth Office Rilasciata su Flickr con licenza Attribution License

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Caterina Pucci
Caterina Pucci

Nata nel 1990, il giornalismo è una vocazione che ho cominciato a coltivare sin dall’adolescenza. All’università, ho scelto di assecondare l’interesse per le lingue straniere, specializzandomi in inglese e arabo. Intanto, scrivevo per una rivista della mia città, Altamura. Nel 2013, il grande passo: mi sono trasferita a Milano per studiare Relazioni Internazionali. Sacrificando l’estate del 2014, ho trascorso un mese a Rabat per seguire un corso intensivo di lingua araba. L’ultimo semestre della mia vita accademica l’ho passato a Gent, in Belgio. Nel 2015, mi sono laureata con una tesi in Storia dell’Asia Islamica sul pensiero di Ali Shariati e la rivoluzione iraniana. Ho cominciato a lavorare come Assistente alla Comunicazione per l’Istituto di Cooperazione Economica Internazionale (ICEI) di Milano. In quel periodo, ho cominciato a scrivere per Il Caffè Geopolitico e ad ottobre 2016 sono diventata Responsabile del desk Africa. Continuo a occuparmene con passione da allora, mentre nella vita lavoro come redattrice. Continuando a perseguire il sogno di diventare una brava giornalista.

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