Il Kirghizistan ha recentemente approvato tramite referendum una nuova riforma costituzionale, che accresce significativamente il potere del Primo Ministro a scapito di quello delle altre figure istituzionali. Un cambiamento che potrebbe consentire ad Almazbek Atambayev di restare al potere anche al termine del suo mandato presidenziale nel 2017.
In Kirghizistan si è votato domenica scorsa in un referendum per modificare la Costituzione del 2010. Secondo i dati riportati dalle autorità kirghize, la riforma costituzionale proposta dal Governo ha ottenuto l’80% di voti favorevoli, anche se l’affluenza alle urne non è andata oltre il 42%. Sono stati segnalati alcuni casi di brogli elettorali, soprattutto nella capitale Bishkek, ma è improbabile che impediscano l’adozione della riforma da parte delle istituzioni kirghize.
L’approvazione della riforma costituzionale da parte degli elettori rappresenta un grosso successo per il Presidente Almazbek Atambayev, protagonista incontrastato della scena politica kirghiza dal 2006. Il suo mandato presidenziale è infatti in scadenza (ottobre 2017) e le modifiche apportate alla carta costituzionale potrebbero consentirgli di ripresentarsi alla guida del Paese come Primo Ministro, come già avvenuto nel 2010-11. Non a caso la nuova Costituzione prevede maggiori poteri per il Premier, che potrà nominare o licenziare direttamente i membri del suo esecutivo, mentre limita sostanzialmente quelli di altre autorità istituzionali come il Parlamento o le corti giudiziarie. Allo stesso tempo il Kirghizistan non sarà più costretto ad avviare processi di revisione legale su richiesta di organismi internazionali, rendendo di fatto più difficile la posizione dei dissidenti politici imprigionati dal Governo. Le nuove disposizioni costituzionali sono infine abbastanza dure contro la comunità LGBT e le minoranze etniche del Paese, affermando che il matrimonio è solo tra un uomo e una donna e adottando un linguaggio fortemente nazionalista. Per tutti questi motivi i principali Partiti d’opposizione hanno contrastato il progetto di riforma del Governo, ma senza successo.
Quello dell’11 dicembre è il settimo referendum costituzionale dal 1991. Non sarà probabilmente l’ultimo.
Simone Pelizza
Foto di copertina di United Nations Industrial Development Organization Rilasciata su Flickr con licenza Attribution License