In 3 sorsi – A fronte del basso tasso di vaccinazione, la Russia registra un leggero incremento nel numero di contagi. Al di fuori dei confini nazionali il soft power di Sputnik V rinvigorisce l’alleanza “altruista” sino-russa. Tuttavia con la Covid-19 si apre la seconda crisi demografica russa, con possibili conseguenze economiche.
1. I NUOVI NUMERI DEL CONTAGIO
Rettificando il nostro bollettino circa lo status quo della pandemia nella Federazione russa (ci eravamo lasciati a gennaio 2021), le statistiche ufficiali riportano un leggero aumento all’interno di un quadro generale in costante miglioramento.
Come riporta l’agenzia Tass il 16 maggio, i casi settimanali di Covid-19 in Russia non superano i 60mila per la seconda settimana consecutiva. Dal 10 al 16 maggio la Russia ha registrato 59.983 nuovi casi di coronavirus rispetto ai 57.007 della settimana precedente – dunque con un aumento del 5,2%. Secondo le stime riportate dalla sopracitata Tass il tasso di diffusione è salito a 1,06 ed è stato superiore a 1 per otto giorni consecutivi in sei regioni su dieci.
Ad oggi il basso tasso di vaccinazione come concausa di una modesta domanda interna spiega questo lieve, seppur non trascurabile, incremento di contagi nel Paese. Alla luce delle nuove statistiche il Ministro della Salute russo Mikhail Murashko ha invitato la popolazione russa a vaccinarsi per prevenire l’inizio di una terza ondata, proprio nel Paese che per primo vantò un vaccino efficace contro la Covid-19.
Fig. 1 – Un centro di vaccinazione mobile a Novosibirsk, nella Siberia meridionale
2. IL SOFT POWER VACCINALE SINO-RUSSO
Ebbene, a margine dei dati presentati sembra che Mosca stia dando priorità alle relative dinamiche geopolitiche piuttosto che ai bisogni domestici della popolazione.
“Lo Sputnik V è diventato uno strumento di soft power per la Russia”, ha detto Michal Baranowski, direttore del German Marshall Fund nella sede di Varsavia.
Sputnik V rappresenterebbe un’altra arma ibrida per il Cremlino, il nuovo vessillo di una strategia di divide et impera contro l’Occidente.
Finora solo due Stati membri dell’UE – Ungheria e Slovacchia – hanno rotto con l’approccio collettivo del blocco, ordinando delle dosi di vaccino russo, e solo l’Ungheria lo ha utilizzato. Intanto l’Austria si è detta pronta a comprare 1 milione di dosi e la Germania sta negoziando per 30 milioni.
Sta di fatto che Mosca non è il solo Paese a fregiarsi di altruismo nella cooperazione internazionale. Nell’ultimo mese le aziende cinesi hanno stipulato una serie di accordi per produrre oltre 260 milioni di dosi del vaccino Sputnik V, che è stato approvato per l’uso in più di 60 Paesi, tra cui un gran numero di nazioni in via di sviluppo come Messico, India e Argentina. La diplomazia vaccinale sino-russa sottolinea anche l’egoismo dell’Occidente circa la limitata distribuzione del vaccino nei Paesi in via di sviluppo. Una narrazione sicuramente conveniente sia per Mosca che per Pechino, entrambe promosse leader nel Sud del pianeta.
Fig. 2 – Un’ operatrice sanitaria prepara una dose di Sputnik V in Tunisia, marzo 2021
3. CRISI DEMOGRAFICA
Se da un lato la strategia politica della Russia tace un forte istinto di autoconservazione, un’analisi complessiva delle sue dinamiche contraddice tale linearità.
L’8 febbraio il Servizio Statistico Federale (Rosstat) ha reso noti i dati demografici per il 2020, dimostrando che la Russia ha registrato il più grande decremento della popolazione dal 2005, aprendo le porte a quella che è stata definita la seconda crisi demografica del Paese.
Tuttavia, come facilmente deducibile è possibile dimostrare l’interdipendenza tra l’effetto pandemico della Covid-19 e il calo demografico, inteso come nesso causale di influenza del primo sul secondo. Difatti si registra un incremento del tasso di mortalità del 18% rispetto al 2019. Oltre la mortalità record e il calo della natalità, si aggiunge anche un decremento nell’afflusso migratorio necessario a bilanciare i conti.
Tali tendenze demografiche negative sono destinate ad avere gravi conseguenze per il mercato del lavoro russo e, più in generale, per la sua economia.
Secondo gli analisti intervistati da Izvestia il calo demografico post-pandemico rallenterà il tasso del PIL nel 2021 di 0,01-0,5 punti percentuali. Un duro colpo per l’ottimismo iniziale degli esperti, che avevano previsto una crescita del 3,3% per quest’anno, e che potrebbe essere reso più pesante anche dal default migratorio. Nel 2020 l’afflusso di migranti in Russia ha infatti compensato meno di un quinto il declino naturale della popolazione.
Elisa Del Sordo
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