In 3 sorsi – Si aprono nuovi orizzonti di cooperazione tra l’UE e l’Armenia, dopo la conclusione di un Accordo di Partenariato Completo e Rafforzato nei settori di energia, trasporti, ambiente e ricerca. Fondamentale anche la questione del Nagorno-Karabakh, sulla quale Donald Tusk ha ribadito l’impegno diplomatico di Bruxelles
1. UNA RIQUALIFICAZIONE DELLE RELAZIONI BILATERALI – Sembrano ormai conclusi i negoziati del rinnovato accordo di cooperazione tra l’Unione Europea e l’Armenia, un’intesa rafforzata che sarà sottoposta al consueto processo di ratifica e firma dei Paesi membri dell’UE, che ne anticiperà la sottoscrizione il prossimo mese di maggio. A comunicare il fruttuoso esito dei colloqui bilaterali è stato il Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk durante la due-giorni del Presidente armeno Serž Sargsyan a Bruxelles, il 27-28 febbraio scorso.
L’Accordo di Partenariato Completo e Rafforzato mira anzitutto all’individuazione di nuovi spazi di collaborazione economica. Ma dalla dichiarazione di Sargsyan traspare anche il significato simbolico dell’intesa, emblema della vicinanza culturale e della gratitudine di Yerevan nei confronti del continente europeo.
Autorevoli fonti diplomatiche rivelano che il documento avrebbe una natura non dissimile dal precedente Accordo di Associazione del 2013, pur spogliato delle previsioni che avrebbero dovuto regolamentare l’area di libero scambio. Essendo infatti l’Armenia membro dell’Unione Economica Eurasiatica (UEE) capitanata da Mosca, si può intuire che i nuovi fronti della cooperazione con Bruxelles – in particolare energia, commercio, trasporti e ambiente – dovranno rispettare una mappa ben precisa. In ogni caso Yerevan potrà prendere parte a programmi europei di rilievo quali, ad esempio, il COSME, rivolto alle piccole e medie imprese, ed Horizon 2020, in materia di ricerca e di innovazione.
Ad oggi l’UE rappresenta il principale partner economico e donatore internazionale dell’Armenia, che nel triennio 2014-2017 ha beneficiato di sovvenzioni pari a circa 140-170 milioni di Euro da impiegare nello sviluppo del settore privato, dell’amministrazione pubblica e della giustizia.
Eppure, anche l’influenza russa è vasta ed ampiamente percepita nella piccola repubblica post-sovietica di appena 3 milioni di abitanti.
Fig. 1 – Incontro tra il Presidente armeno Sargsyan e il Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk a Bruxelles, 27 febbraio 2017
2. L’ARTE DEL COMPROMESSO – Nel novembre 2012 l’allora Commissario europeo per l’allargamento e la politica di vicinato, Štefan Füle, preannunciava la conclusione delle trattative per l’Accordo di Associazione tra l’UE e l’Armenia, che sarebbe stato formalizzato esattamente un anno più tardi, in occasione del summit di Vilnius. Ma pochi mesi sono stati più che sufficienti per cambiare le carte sul tavolo negoziale: cogliendo di sorpresa Bruxelles, nel settembre 2013 l’Armenia era già pronta ad aderire all’Unione Doganale Eurasiatica, trasformatasi da lì a breve nel blocco economico dell’UEE.
Anche nel corso degli anni successivi, la politica estera del Presidente armeno è stata spesso un manifesto di ambiguità. Se pure non sia del tutto corretto ritenere il Paese una pedina nelle mani di Mosca, tuttavia il Cremlino ha saputo sfruttare abilmente la debolezza strategica di Yerevan. Si è parlato a lungo della propaganda neo-sovietica e della risonanza dei media russi su parte dell’opinione pubblica armena, così come ci si è interrogati sulle reali intenzioni della geografia di integrazione eurasiatica che porta la firma di Putin. Nel frattempo l’Europa ha preferito percorrere altri binari di cooperazione, evitando di interferire nel delicato settore della sicurezza nazionale.
Per una serie di ragioni, il sospeso Accordo di Associazione del 2013 è stato definito come un clamoroso insuccesso per la diplomazia europea, troppo discreta, ma anche per la strategia multi-vettoriale dell’Armenia, incapace di conciliare le aspettative di due partner così distanti.
Indipendentemente da ciò che è stato in passato, la fine del 2015 ha segnato la ripresa dei negoziati bilaterali in vista dell’attuale accordo per un partenariato rafforzato: un documento giuridicamente vincolante, fondato su nuove priorità ed importanti appuntamenti, sui quali il Presidente armeno ha richiamato l’attenzione.
Al primo punto, la necessità di approfondire il dialogo politico e potenziare la cooperazione bilaterale, compatibilmente con gli impegni assunti dall’Armenia nel quadro dell’UEE. In secondo luogo, le imminenti elezioni parlamentari del prossimo 2 aprile, occasione in cui osservatori internazionali e locali saranno invitati a monitorare un processo elettorale libero, democratico e trasparente. Infine, una nota sintetica sul nodo irrisolto del Nagorno-Karabakh, piccola enclave armena dell’Azerbaijan: un conflitto che – spiega Sargsyan – Yerevan oggi si mostra pronta a combattere con le sole armi della diplomazia, a patto che venga rispettato il diritto del popolo dell’Artsakh all’autodeterminazione.
Fig. 2 – Il Palazzo del Governo di Stepanakert, capitale dell’autoproclamata Repubblica del Nagorno-Karabakh
3. 2017: L’ANNO DELL’APPROCCIO DIPLOMATICO? – La politica estera di Sargsyan è un delicato gioco di equilibri, un ponderato bilanciamento tra fiducia nei partner euro-asiatici e condivisione dei valori europei, una visione multiforme che vorrebbe dimenticare linee divisorie e sfere di influenza, trasformando idealmente l’Armenia in un ponte tra UE e UEE.
In ogni caso, l’ascendente di Mosca su Yerevan è notevole. Colossi russi detengono posizioni di monopolio in alcuni settori chiave come l’energia, i trasporti e le comunicazioni. Le rimesse dei lavoratori immigrati nella Federazione Russa concedono un sospiro di sollievo all’economia armena, perennemente a rischio. Ma al di sopra di tutto si pone la questione della sicurezza e il problema del Nagorno-Karabakh: il terreno sul quale la fedeltà al Cremlino si è mostrata per anni una scelta semi-obbligata.
La protezione militare è quanto Mosca può continuare ad offrire ad un piccolo Stato di periferia dell’ex URSS, intimorito dalle rivendicazioni territoriali dell’Azerbaijan ed estenuato dalle tensioni con la Turchia. Ma nel frattempo il Paese si confronta con nuove esigenze, crescono le richieste di emancipazione dalla Russia, si fa vivo il desiderio di una democrazia più ampia e di un maggiore coinvolgimento della società civile nella vita politica.
Ed è qui che Bruxelles può entrare in scena, tentando di colmare uno spazio vuoto, fatto di molte domande e poche risposte. La storia dell’Europa unita è profondamente differente da quella della Federazione Russa: anzitutto, l’UE è sorta da un progetto di pace e sicurezza sovranazionale, non è mai stata diretta protagonista di conflitti internazionali ed è ancora oggi impegnata nella promozione di ideali comuni, dal rispetto della democrazia alla tutela dei diritti fondamentali.
Questi i valori sui quali Bruxelles e Yerevan dovranno lavorare congiuntamente per cementare la partnership politica, ma soprattutto per formulare una strategia comune per la sicurezza e la stabilità del Caucaso meridionale: storica regione geopolitica tra Europa e Russia, nonché porta d’ingresso verso l’Asia Centrale.
Fig. 3 – Veduta notturna di Yerevan, capitale dell’Armenia, con sullo sfondo il vicino Monte Ararat
Luttine Ilenia Buioni
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
Il 2 aprile il popolo armeno sarà chiamato alle urne per l’elezione dei membri dell’Assemblea Nazionale, ossia il Parlamento. Saranno le prime elezioni politiche dopo le riforme costituzionali del dicembre 2015, consentite dal referendum popolare che ha sancito il passaggio da un sistema semi-presidenziale ad una repubblica parlamentare. Di conseguenza, il prossimo Presidente verrà eletto nel 2018 non più in base al voto popolare, ma dai membri del Parlamento. Nel frattempo, il Partito Repubblicano (RPA) dell’attuale Capo di Stato Sargsyan è dato per favorito alle prossime parlamentari del 2 aprile, sia per la posizione di vantaggio di cui il partito gode in termini di risorse finanziarie ed economiche, sia per la debolezza e l’elevata frammentazione dei movimenti di opposizione.[/box]
Foto di copertina di Rita Willaert rilasciata con licenza Attribution License