Trump sta cercando di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. Tuttavia, uno di queste potrebbe avere delle gravi conseguenze sull’intera comunità internazionale e sull’ambiente: abbandonare l’accordo di Parigi sul clima. Cosa succederebbe se gli Stati Uniti decidessero di ritirarsi?
DONALD TRUMP E L’AMBIENTE – Il cambiamento climatico e la salvaguardia dell’ambiente sono due temi delicati quando si parla di Donald Trump. Dopo la decisione di completare il Dakota Access Pipeline, la cui ultimazione andrebbe a danneggiare le popolazioni native Sioux, di limitare i fondi dell’Environmental Protection Agency, di voler promuovere il consumo di carbone e di non credere al cambiamento climatico (definito una bufala inventata dai cinesi per danneggiare l’industria statunitense), la paura è che Trump decida di uscire dall’accordo di Parigi. Questo accordo, che risale all’anno passato e conosciuto come COP21, è stato fortemente voluto dagli Stati Uniti di Obama e ratificato insieme alla Cina il 3 settembre 2016. Ora rischia di saltare nel caso in cui Trump decidesse di far recedere gli USA. Gli impegni presi da Obama riguardo il cambiamento climatico sono stati chiari e precisi e elencati in un documento conosciuto come Intended Nationally Determined Contributions (INDCs). Queste sono delle azioni che gli Stati si sono impegnati a mettere in atto per limitare il riscaldamento climatico a massimo due gradi prima del 2050 e di arrivare all’ambizioso target di zero emissioni entro la metĂ del secolo. Da gennaio 2017, sembra che Trump voglia cancellare gli sforzi del presidente che l’ha preceduto senza nessun ripensamento.
Fig. 1 Â – Obama durante un discorso al COP21 di Parigi
GLI IMPEGNI PRESI DAGLI USA – Ogni Stato agisce unilateralmente per combattere il cambiamento climatico. Gli Stati Uniti, insieme alla Cina, sono la nazione che più deve darsi da fare, essendo uno degli Stati più inquinanti al mondo. Washington si è impegnata a ridurre le emissioni del 28% entro il 2025, promettendo di sviluppare il settore delle energie rinnovabili per compensare alla fine dell’utilizzo di carbone, petrolio e altre sostanze inquinanti. Tutto questo grazie a una combinazione di leggi, disposizioni, e misure, tra cui troviamo in prima linea il Clean Air Act, una legge che obbligherebbe gli impianti di energia elettrica a ridurre le loro emissioni e taglierebbe le tasse o garantirebbe incentivi a coloro che utilizzano energia pulita come quella eolica o solare. I settori che inquinano di più negli Stati Uniti e che sono stati presi in considerazione da Obama per raggiungere gli obiettivi del COP21 sono i trasporti (che rappresentano il 27% delle emissioni USA) e la produzione di elettricità da carbone, gas e petrolio. L’ex presidente aveva perfino investito più di 80 miliardi di dollari per sviluppare il settore dell’energia pulita, soldi che in futuro potrebbero andare persi.
LE CONSEGUENZE DEL RITIRO – Partiamo dal presupposto che l’accordo di Parigi non permette che un Paese che lo ha ratificato possa semplicemente ritirarsi con effetto immediato. La strategia che il Presidente potrebbe utilizzare, però, sarebbe quella di uscire dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), la quale organizza le conferenze sul clima. L’iter per ritirarsi è relativamente semplice: una volta avvisato il Segretario Generale ONU, si deve aspettare un anno prima che il ritiro diventi ufficiale ed effettivo. In questo modo si uscirebbe indirettamente anche dal COP21. Trump potrebbe anche decidere di non portare avanti gli impegni presi da Obama, grazie alla mancanza di un meccanismo di enforcement nell’accordo di Parigi che possa controllare i firmatari. Se gli USA si ritirassero dal COP21 le conseguenze sarebbero globali. La Cina potrebbe ritenersi tradita dallo Stato che ha ratificato con lei l’accordo e che si è poi ritirato mesi dopo. Pechino avrebbe quindi la possibilità di recedere (e con lei molti altri), usando la defezione degli Stati Uniti come giustificazione. Inoltre, Obama si era impegnato a investire nei Paesi in via di sviluppo per far in modo che riuscissero a raggiungere i loro obiettivi per combattere il cambiamento climatico. Se Trump si ritirasse molti Paesi non avrebbero più abbastanza fondi per rispettare i loro impegni e potrebbero decidere di seguire gli USA. Se il COP21 fallisse la temperatura globale potrebbe aumentare di 4 gradi centigradi nei prossimi anni, causando effetti irreversibili con cui stiamo già cominciando a fare i conti.
Fig. 2 – Il presidente Donald Trump durante un discorso prima della firma dell’Energy Independence Executive Order, una serie di misure che minaccerebbero l’ambiente a favore della crescita industriale
LE MULTINAZIONALI TRADISCONO TRUMP –  La possibilità che Trump possa recedere dall’accordo di Parigi ha scioccato e preoccupato anche le multinazionali statunitensi. Prima fra tutte ExxonMobil, il cui ex CEO è il Segretario di Stato Rex Tillerson. ExxonMobil è una multinazionale leader nel settore dell’energia che si è dichiarata contraria all’eventualità che Trump possa abbandonare il COP21. Exxon ha perfino inviato una lettera alla Casa Bianca il 22 marzo 2017, prima che il presidente smantellasse le disposizioni di Obama per combattere il cambiamento climatico. Nella lettera sono state espresse le opinioni della multinazionale, che riassumono un totale sostegno all’accordo di Parigi in quanto rappresenta un framework efficiente per limitare i danni del riscaldamento climatico, ormai inarrestabile. Non solo la multinazionale dell’energia, ma molte altre aziende hanno espresso il loro supporto al COP21: tra queste Mars In, Staples, The Gap, e ConocoPhillips. Anche Rex Tillerson, sia prima che dopo la sua nomina a Segretario di Stato, ha affermato che il cambiamento climatico esiste ed è una minaccia. Il fatto che il Capo di Stato e il capo della diplomazia USA abbiano un’opinione completamente diversa sul tema potrebbe fare in modo che l’accordo di Parigi non venga abbandonato. Purtroppo abbiamo imparato che Trump ha intenzione di mantenere la maggior parte delle sue promesse elettorali e che le previsioni con lui non funzionano quasi mai. Possiamo solo sperare che le pressioni dei businessmen di cui lui una volta faceva parte facciano effetto.
Giulia Mizzon
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą
Lo scorso novembre si è chiuso il COP22 a Marrakesh, la Conferenza per decidere la strategia finale per rendere operativo l’accordo di Parigi entro il 2018. Dopo l’elezione di Donald Trump a presidente USA, i firmatari di Parigi hanno cercato di tutelare gli impegni presi da Obama dichiarando gli effetti del COP21 irreversibili. [/box]
Foto di copertina di climatealliance rilasciata con licenza Attribution License