Il Presidente Trump continua a voler cancellare l’eredità di Obama, e a giugno è stato il turno delle politiche verso Cuba. Cosa nasconde questo cambio di rotta della nuova amministrazione?
L’ANNUNCIO – Il 17 giugno, a Miami, il Presidente Trump ha tenuto un discorso in cui ha anticipato il cambiamento di posizione degli USA nei confronti di Cuba. In particolare, Trump ha dichiarato la volontà di porre restrizioni ai viaggi dei cittadini statunitensi verso l’isola, di innalzare barriere economiche per ostacolare le imprese americane che hanno qualsiasi tipo di affari con le aziende dell’Avana controllate dai militari e la liberazione dei prigionieri politici. Paradossale, inoltre, la decisione di riportare in vita la “wet foot, dry foot policy”, una legge (eliminata da Obama) che permette agli immigrati cubani che arrivano illegalmente negli Usa di richiedere il permesso di residenza. L’annuncio è stato fatto in Florida, una scelta politica significativa per due motivi. Il primo: la grande comunità cubana dello Stato è sempre stata contraria alla normalizzazione dei rapporti con Cuba, secondo loro un modo per “premiare” un regime che ha obbligato troppi cittadini a emigrare. Il secondo: la Florida è stata determinante nelle elezioni presidenziali del novembre 2016, e Trump ha preferito annunciare le sue nuove politiche in uno Stato in cui sa di avere un folto gruppo di sostenitori. Significativo anche il teatro in cui si è svolta la conferenza: Little Havana, il simbolo degli esiliati in fuga da Castro. Una scelta non casuale.
Fig.1 – Trump mostra l’ordine esecutivo firmato per cambiare le politiche USA verso Cuba
I VERI OBIETTIVI DEL PRESIDENTE – Continua quindi la demolizione dell’operato di Obama. Da tempo scriviamo infatti che l’attuale presidente sta facendo qualsiasi cosa in suo potere per cancellare l’eredità del predecessore, e le nuove politiche verso Cuba ne sono un’ulteriore prova. La giustificazione del cambio di rotta sta nell’economia. Trump è convinto che la distensione dei rapporti con Cuba sia dannosa per gli USA, che perdono investimenti a favore dell’Avana. Ritorna quindi lo spettro del protezionismo, di quelle politiche di Trump che fanno di tutto per evitare l’internazionalizzazione delle imprese Usa e la delocalizzazione. E ritorna anche l’idea che qualsiasi accordo internazionale fatto in precedenza sia vantaggioso solo per i partner e mai per gli USA e debbano quindi essere rinegoziati. Non c’è dubbio, inoltre, che il presidente stia cercando di rafforzare i suoi rapporti con l’elettorato e di sviare l’attenzione dagli scandali del momento, specialmente dal Russiagate. Trump mira a rovesciare, con le nuove restrizioni, il regime economico e militare di Castro, e vuole mostrare ai suoi cittadini di essere in grado di proteggere i valori democratici Usa anche all’estero, se necessario perfino tramite l’utilizzo di un blocco economico.
LA RISPOSTA DI CUBA – L’Havana ha definito questo cambio di rotta come ostile e inutile. Descrivendo le nuove politiche come “un ritorno ai metodi coercitivi del passato” Cuba, in un comunicato ufficiale, ha però dichiarato di voler continuare ad avere un dialogo rispettoso con gli Usa, in particolar modo dato il poco impatto che le politiche di Trump avranno sull’isola. Cuba ha infatti ripetuto più volte che la sua sovranità non verrà mai messa in discussione dagli Usa e che solo i cittadini cubani decideranno i cambiamenti necessari all’interno del loro Stato, non attori terzi.
Fig.2 – Trump e il suo vice Mike Pence a Miami durante il discorso al Little Havana
L’EREDITÀ DI OBAMA – Trump ha quindi smantellato gli sforzi di Obama che risalgono al 2008, anno in cui per la prima volta è stata menzionata la normalizzazione dei rapporti USA-Cuba. Nel 2015, l’ex presidente era riuscito a riaprire l’ambasciata statunitense nell’isola dopo 54 anni e a togliere L’Avana dalla lista degli Stati che sponsorizzano il terrorismo. Non solo: Obama aveva perfino sollevato le restrizioni concernenti lo spostamento dei cittadini statunitensi verso Cuba e approvato un pacchetto di cambiamenti che includevano l’espansione dei rapporti in ambito umanitario, commerciale ed economico, oltre a promuovere la ricerca medica tra i due Paesi. È necessario specificare, tuttavia, che l’embargo del 1962 non venne totalmente eliminato da Obama, e questo rese insoddisfatto Raul Castro, il quale chiese di terminare il blocco economico, a sua detta una violazione del diritto internazionale, e di liberare Guantanámo dal controllo USA. Ciononostante, la distensione tra Castro e Obama non aveva precedenti. Ora è chiaro, invece, che, dal 22 gennaio, il Presidente attuale è concentrato quasi esclusivamente nel cancellare Barack Obama da libri della politica statunitense.
Giulia Mizzon
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
- L’ambasciata statunitense a Cuba rimarrà aperta, nonostante la rinnovata tensione tra gli Stati Uniti e Cuba.
- È probabile che le politiche di Trump vadano a danneggiare grandi compagnie USA, tra cui i giganti Google e Airbnb, che hanno investito molto nell’isola durante l’amministrazione Obama.[/box]