In 3 sorsi – La lista dei dieci regimi più sanguinari della Storia, segnalata nei giorni scorsi dal Caffè Geopolitico come contenuto esterno, ha provocato accesi dibattiti tra i nostri lettori. Molti hanno criticato la metodologia impiegata per redigere la lista, mentre altri se la sono presa per l’enfasi posta sui crimini di certi regimi invece che su quelli di altri. Sicuramente la metodologia usata dagli autori della lista è discutibile, impedendo un’adeguata contestualizzazione storica degli eventi, ma il documento risulta comunque abbastanza accurato e offre diversi spunti interessanti di riflessione. Ne segnaliamo almeno tre
1. TRAGEDIE NON EUROPEE – Con le significative eccezioni dell’Olocausto e delle repressioni staliniane, buona parte dei tragici eventi discussi nella lista sono avvenuti al di fuori dell’Europa e continuano a esercitare un’influenza profonda sulle attuali vicende politiche, sociali e culturali delle regioni extra-europee. Basti pensare alle continue polemiche tra Tokyo e Pechino sui crimini commessi dall’Esercito Imperiale giapponese durante la guerra del 1937-45. Oppure al peso esercitato dalla questione del genocidio armeno sulla politica internazionale della Turchia. Capire le vicende luttuose del passato aiuta quindi a comprendere la mentalità di certi Paesi sulla scacchiere internazionale e può agevolare il dialogo diplomatico con loro. Sfortunatamente l’opinione pubblica europea continua ad avere una visione estremamente ristretta della Storia contemporanea, focalizzandosi unicamente sulle proprie esperienze nazionali. Ciò rappresenta un serio problema in un mondo sempre più globalizzato, dove flussi migratori e culturali possono esportare la memoria conflittuale di un Paese o di una regione in un altro continente e provocare nuove tensioni politiche. È il caso del Belgio, per esempio, dove la recente immigrazione congolese ha riportato con forza alla ribalta i crimini commessi da Leopoldo II in Africa centrale durante i primi anni dell’era coloniale, portando addirittura a richieste pubbliche di rimozione della statua del sovrano dal Palazzo Reale di Bruxelles. O degli Stati Uniti, dove la comunità di origine coreana cerca di influenzare la politica nazionale per ottenere scuse ufficiali da parte del Giappone per le proprie brutali politiche coloniali in Corea. Chi ignora la Storia, anche quella non strettamente sua, lo fa quindi a suo rischio e pericolo.
Fig. 1 – Un anziano cittadino cinese piange durante le commemorazioni per il massacro di Nanchino, compiuto dall’Esercito Imperiale giapponese nel 1937
2. LUCI E OMBRE DEL SECOLO SCORSO – La maggior parte dei crimini esposti nella lista è avvenuta nel XX secolo, ovvero l’epoca con il maggiore progresso scientifico e sociale della Storia umana. Il fatto che tale progresso non sia riuscito a impedire orribili genocidi come quello nazista, ma li abbia addirittura agevolati in una certa misura impone un’attenta riflessione sulle sue contraddizioni e sui suoi rischi. L’apertura della politica alle masse popolari ha infatti scatenato violente emozioni difficilmente controllabili, mentre lo sviluppo tecnologico di nuovi mezzi di comunicazione e di sorveglianza ha reso più facile l’operato propagandistico e repressivo degli Stati, soprattutto di quelli non democratici. Allo stesso tempo lo sviluppo di nuove tecnologie belliche ha reso i conflitti armati più brutali e distruttivi, favorendo l’adozione di tattiche spietate contro la popolazione del nemico. Non a caso buona parte dei massacri citati nella lista sono avvenuti in contesti di guerra civile o internazionale, dove scontro militare e violenza politica di massa si sono fusi con risultati devastanti. Si tratta di tendenze ancora presenti nel nostro tempo – seppur con modalità un po’ diverse – e il dibattito storico sulle loro origini potrebbe aiutare a contenere i loro effetti negativi, evitando un’eventuale ripetizione delle tragedie del passato.
Fig. 2 – Poster propagandistico sovietico dell’era staliniana
3. IL FASCINO OSCURO DELLE IDEOLOGIE – I regimi inclusi nella lista sono estremamente diversi tra loro, sia a livello ideologico che istituzionale, ma hanno in comune l’uso sistematico della violenza per realizzare i propri obiettivi politici. Monarchie costituzionali, monarchie tradizionali, repubbliche di origine rivoluzionaria, Governi socialisti o nazionalisti…Alla resa dei conti nessuno di loro ha esitato a massacrare milioni di persone per profitto, paura, odio o ambizione utopica. I dibattiti su chi sia peggio o meglio tra di loro sono quindi abbastanza ridicoli e nascondono a volte una non troppo velata simpatia per le ideologie alla base di tali campagne repressive.
Fig. 3 – Una donna cambogiana osserva le foto delle vittime dei Khmer rossi durante una visita al Museo del Genocidio di Phnom Penh
Anche questo è un argomento degno di riflessione: perchè regimi responsabili di crimini orrendi vengono ancora visti in modo positivo da molti occidentali, che non hanno mai sperimentato direttamente la loro propensione alla violenza di massa? Perchè si tende a difenderli o giustificarli a dispetto delle enormi sofferenze da essi inflitte a milioni di persone? È una protesta provocatoria contro i numerosi difetti delle attuali democrazie occidentali? È una forma di nostalgia idealizzata per un mondo politico giudicato (a torto) come più “puro” rispetto a quello odierno? Oppure è la semplice ricerca di un’identità forte in un’epoca di ideali deboli e relazioni liquide? In ogni caso pensare che le dittature novecentesche o le loro ideologie possano rappresentare una soluzione per i problemi del nostro tempo è fuorviante e pericoloso. Oltre che terribilmente offensivo nei confronti delle loro vittime.
Simone Pelizza
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
Per approfondire meglio gli argomenti trattati nell’articolo e nella lista originale di About-History.com si consigliano:
Raul Hilberg, La Distruzione degli Ebrei d’Europa, Einaudi, 1999
Adam Hochschild, Gli Spettri del Congo, Rizzoli, 2001
Bernard Bruneteau, Il Secolo dei Genocidi, Il Mulino, 2006
Oleg Chlevnjuk, Storia del Gulag, Einaudi, 2006
Frank Dikotter, Mao’s Great Famine, Bloomsbury, 2011 [/box]
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