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Buran: lo shuttle sovietico

AstroCaffèNon molti sanno che anche i sovietici svilupparono la propria navetta spaziale con il programma Buran, destinato a rivaleggiare con lo statunitense Space Shuttle

UN RIVALE PER LO SPACE SHUTTLE – La corsa allo spazio tra Stati Uniti e Unione Sovietica non si concluse con l’atterraggio sulla Luna dell’Apollo-11. La rivalitĂ  proseguì negli anni successivi, quando Mosca divenne leader nel campo dei laboratori spaziali con equipaggio grazie al programma Saljut fino a costruire la prima stazione spaziale vera e propria: la famosa Mir. Gli USA si concentrarono invece sullo sviluppo e la costruzione di un veicolo spaziale per la prima volta riutilizzabile e che permettesse un accesso allo spazio piĂą frequente e meno costoso. La storia dello spazio è anche storia di spie. E quelle sovietiche non tardarono a venire a conoscenza del programma Space Shuttle statunitense avviato nel 1972. GiĂ  nel 1974 Mosca decise di iniziare il programma Buran per realizzare una propria flotta di navette riutilizzabili e non rimanere indietro nella sfida tecnologica con la NASA. Ovviamente, a entrambe le superpotenze non sfuggivano le potenzialitĂ  per la Difesa nel possedere veicoli spaziali di questo tipo.
Il veicolo ricalcava in gran parte lo Space Shuttle per quanto concerne le dimensioni. Il Buran aveva però maggiore capacitĂ  di carico sia per l’orbita sia per riportare satelliti a terra. Inoltre era dotato di un sistema di rientro e atterraggio automatici (quelli dello Shuttle erano semi-automatici, la parte finale dell’atterraggio era eseguita manualmente dal comandante e dal pilota) e mancava di motori principali poichĂ© la spinta fino all’orbita era data per interezza dal razzo vettore Energiya e dai suoi quattro razzi ausiliari di spinta.

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Fig. 1 – L’unico esemplare completato del programma Buran in una foto del 1992

UN UNICO VOLO – Lo Shuttle statunitense effettuò le prove di atterraggio su pista grazie a un apposito veicolo per test chiamato Enterprise. Esso veniva agganciato sul dorso di un Boeing 747 modificato, portato in alta quota e rilasciato in modo da “planare” fino ad atterrare. Il Buran usava un sistema diverso. Il veicolo di prova, chiamato OK-GLI era dotato di appositi motori jet che consentivano un decollo autonomo. Furono effettuati 25 voli con equipaggio tra il 1985 e il 1988. Nel frattempo continuava la selezione e l’addestramento dei cosmonauti che avrebbero portato il primo Buran operativo, l’OK-1K1, in orbita. Il gruppo era costituito da sette uomini, ma solo due riuscirono a completare l’iter addestrativo e a fare un viaggio nello spazio a bordo delle capsule Soyuz: Igor Volk e Anatoli Levchenko.
I vertici dell’ente spaziale sovietico decisero che la prima missione dell’OK-1K1 sarebbe stato effettuato senza equipaggio. Il 15 novembre 1988 il veicolo fu lanciato con un razzo Energiya da Baikonur nel Kazakhstan. Il volo durò 3 ore e 25 minuti (circa due orbite) e si concluse con un atterraggio di successo presso il medesimo cosmodromo.

https://www.youtube.com/watch?v=cnnTFJ1BcHw

Video 1 – Video di epoca sovietica dell’unico volo del Buran 

CHIUSURA DEL PROGRAMMA E FINE “INGLORIOSA” – La finanze dell’Unione Sovietica alla fine degli anni Ottanta erano allo stremo e di lì a poco la superpotenza si sarebbe disgregata. La neonata Russia abbandonò il programma Buran nel 1993. L’unico veicolo operativo, l’OK-1K1, fu messo in un hangar a Baikonur vicino al suo gemello ancora in costruzione (completato a piĂą del 90%). Nel 2002 il crollo del tetto della struttura lo distrusse, uccidendo anche otto operai. Il gemello, l’OK-2K2, fu spostato in un altro edificio e lì rimane tutt’ora in stato di abbandono assieme a un altro esemplare incompleto. La sorveglianza è davvero minima e spesso avventurieri riescono ad addentrarsi nell’hangar e a effettuare riprese all’interno (oltre a entrare nelle navette) praticamente indisturbati.

Video 2 – Viaggio all’interno dell’hangar dove si trovano due esemplari di veicoli del progamma Buran in stato di abbandono 

Emiliano Battisti

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Il razzo Energiya forniva con i propri motori tutta la spinta necessaria a portare il Buran in orbita. Lo stadio principale era dotato di quattro motori RD-0120 che bruciavano ossigeno e idrogeno liquidi, mentre i quattro razzi ausiliari di spinta usavano come propellente ossigeno e cherosene liquidi con i motori RD-170. La capacità di carico era di 100 tonnellate in orbita terrestre bassa (LEO) e 20 tonnellate in orbita geostazionaria (GEO). Dopo il programma Buran non fu più utilizzato.[/box]

Foto di copertina di San Diego Air & Space Museum Archives Licenza:

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Emiliano Battisti
Emiliano Battisti

Consulente per la comunicazione per un’azienda spaziale e Project Officer and Communications per OSDIFE, sono Segretario Generale e Direttore della comunicazione dell’APS Il Caffè Geopolitico e Coordinatore dei desk Nord America e Spazio. Ho pubblicato il libro “Storie Spaziali”.

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