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Il tesoro di Kim: come funziona l’economia nordcoreana

Dal 2006 sono state adottate di continuo sanzioni che colpiscono la fragile economia nordcoreana. Molte di queste hanno sortito degli effetti ma, grazie alla Cina e ai partner commerciali illegali di Pyongyang, la situazione non appare eccessivamente tragica per il regime di Kim Jong-un. La corruzione e il contrabbando aiutano infatti l’economia del Paese a rimanere a galla

L’ECONOMIA NORDCOREANA E LE SANZIONI INTERNAZIONALI

Fino alla fine degli anni ’80, grazie al sostegno dell’URSS e della Repubblica Popolare Cinese, l’economia nordcoreana era in linea con quella degli altri Paesi comunisti e in lenta evoluzione. Dopo il collasso dell’Unione Sovietica, tuttavia, è venuto a mancare il primo partner commerciale nordcoreano e l’economia ha cominciato a vacillare. A causa del suo isolazionismo, la Corea del Nord si è trovata in gravi difficoltà economiche e senza le adeguate riserve di moneta estera per acquistare prodotti e risorse energetiche. Il deficit economico costantemente passivo e le massicce risorse investite nella difesa non hanno mai permesso alla nazione di uscire da questa impasse le cui conseguenze si possono notare ancora oggi. Altri importanti fattori, che hanno radicalmente condizionato la fragile economia nordcoreana, sono state le molteplici sanzioni economiche imposte dall’ONU a causa dei frequenti test missilistici e nucleari di Pyongyang. Le prime sono state applicate nel luglio del 2006, in risposta al lancio di un missile balistico nel Mar del Giappone. All’inizio questo tipo di sanzioni avevano lo scopo di fermare la proliferazione nucleare nordcoreana, impedendo che venissero venduti alla nazione i componenti per costruire gli ordigni. Un altro obiettivo dell’ONU e delle sue risoluzioni, tuttavia, era di impedire che la Corea del Nord rivendesse le sue testate a Stati terzi altrettanto pericolosi. Con il passare degli anni furono necessari continui giri di vite per cercare di arginare il programma nucleare nordcoreano. Le sanzioni andarono a colpire anche altri settori dell’economia nordcoreana, oltre ad imporre, da parte dei suoi importatori, degli embarghi verso alcuni tipi di merce come armamenti, prodotti di lusso e minerali non reperibili sul territorio coreano. Nel tempo i partner commerciali nordcoreani sono andati diminuendo, in particolare il Giappone, la Corea del Sud e le Filippine hanno interrotto praticamente tutti i rapporti commerciali con lo Stato eremita. Nel caso delle Filippine questa interruzione è avvenuta solo nelle scorse settimane, a seguito delle nuove sanzioni adottate dall’ONU  dopo gli ultimi test missilistici e nucleari del regime di Kim.

IL PROBLEMA DELLE RISORSE ENERGETICHE

In ogni caso la Corea del Nord, con un’economia arretrata e metodi produttivi dello scorso secolo, non è un partner commerciale particolarmente appetibile e le sanzioni internazionali non fanno che peggiorare l’isolamento economico del Paese. Tuttavia, grazie al sostegno della Cina, della Russia e degli aiuti internazionali, la nazione riesce ancora a sostenere la sua popolazione di 25 milioni di abitanti. Con le sanzioni della risoluzione 2375 dello scorso 11 settembre, però, si è cercato di colpire la Corea del Nord nel suo punto di maggiore debolezza: le risorse energetiche. Le nuove sanzioni infatti prevedono, tra le altre cose, il divieto di vendita di gas naturali e un limite alla vendita di greggio. Un’altra parte delle sanzioni che colpisce in modo particolarmente duro l’economia nordcoreana è il provvedimento che limita i visti per i cittadini nordcoreani che lavorano all’estero.

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Fig. 1 – Una barca carica di carbone nordcoreano sul fiume Yalu, confine naturale tra Corea del Nord e Cina

IN COREA DEL NORD SI AFFITTANO LE PERSONE E LA TERRA

La grave mancanza di valuta estera in Corea del Nord è sopperita, infatti, con alcuni metodi più o meno legali. Uno dei più noti esempi è quello che concerne i cittadini nordcoreani che lavorano all’estero. Lo stato affitta letteralmente manodopera a basso costo proveniente dalle campagne a compagnie straniere, prevalentemente cinesi e russe. Questi uomini, impiegati principalmente nella costruzione di grandi infrastrutture come gli stadi adibiti ai mondiali di calcio in Russia del 2018, sono estremamente sottopagati e costretti a turni di lavoro massacranti negli Stati ospitanti. Gli Stati affittuari pagano direttamente in valuta locale la Corea del Nord, che a sua volta paga i lavoratori in won con un tasso deciso arbitrariamente dal regime, non essendo la valuta universalmente accettata. La Corea del Nord, inoltre, affitta anche parte delle sue pescose acque territoriali alla Cina e anche alcune montagne per l’estrazione di minerali e carbone. La Repubblica Popolare è, infatti, il primo partner commerciale nordcoreano e si stima che l’83% delle esportazioni e l’85% delle importazioni coinvolga i cinesi.

COMMERCI ILLEGALI

Oltre a queste attività svolte alla luce del sole, la Corea del Nord si rifornisce di valuta estera anche sfruttando metodi decisamente poco legali. Negli anni ’70 una buona parte del terreno coltivabile nordcoreano era adibito alla coltivazione degli oppiacei, che venivano poi rivenduti in Cina o nel resto dell’Asia a prezzi competitivi. Ora, con l’avvento delle droghe sintetiche, il governo nordcoreano è diventato uno dei più grandi produttori al mondo di meta-anfetamine, come la famigerata Crystal Meth. Queste sostanze stupefacenti sono redistribuite in tutta l’Asia, spesso anche da ufficiali dell’Esercito del Popolo. Un’altra redditizia attività illegale è la stampa ed il riciclaggio di dollari contraffatti, spesso scambiati in Cina con organizzazioni criminali locali. La perdita in valuta è del circa il 40% ma in questo modo si ottengono facilmente i dollari necessari per acquistare beni solamente importabili come, ad esempio, le risorse energetiche colpite da queste nuove sanzioni. Allo stesso modo sono contraffatti e venduti in Cina pacchetti di sigarette di marche americane.

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Fig. 2 – Un soldato nordcoreano controlla un tratto di riva dello Yalu, attraverso cui si svolgono molti traffici illegali con la Cina

CHE COSA STA FUNZIONANDO PER IL REGIME

Quindi, nonostante le continue sanzioni che si vanno ad aggiungere alle precedenti, l’economia nordcoreana è meno al collasso di quanto possa sembrare. Addirittura si stima che sia in crescita tra l’1 ed il 5% annui, soprattutto grazie ai traffici illegali. Le misure prese non sono dunque sufficienti a stritolare questa fragile economia, poiché il problema principale sono i partner commerciali. Il primo è ovviamente la Cina, che conduce una enorme mole di traffici alla luce del sole attraverso il confine, ma questa probabilmente è solamente la punta dell’iceberg. Tutti i traffici illegali che coinvolgono le due nazioni devono essere sicuramente sufficienti a non far crollare l’economia della Corea del Nord su sé stessa. La connivenza delle autorità regionali cinesi, e probabilmente anche quella del Governo centrale di Pechino, aiutano notevolmente il regime di Kim a restare a galla. Che il colosso asiatico approvi in sede ONU le sanzioni, per poi aiutare più o meno segretamente il regime, è veramente preoccupante. A Pechino sanno esattamente che cosa può e non può fare crollare la Corea del Nord e tutte le sanzioni ad oggi approvate non sono state affatto sufficienti a bloccare le iniziative militari del Governo nordcoreano. Anche il tessile nordcoreano è stato colpito dall’ultima risoluzione: molte aziende cinesi infatti subappaltano la creazione di abiti per poi terminarli in patria e apporre il logo Made in China. Tuttavia, con la mole di traffici illegali che si dipanano dalla Corea del Nord, come possiamo essere certi che le misure che sono introdotte per fiaccare l’economia siano efficaci? Esistono commissioni specifiche all’ONU che fanno rispettare queste risoluzioni, ma è impossibile controllare tutte le operazioni illegali che il regime conduce con i suoi partner commerciali. Inoltre corruzione e contrabbando la fanno da padrone, soprattuto a cavallo del fiume Yalu.

IL RAPPORTO DIFFICILE CON LA POTENZA CINESE

È tuttavia evidente che anche la pazienza del colosso cinese si stia esaurendo. Le azioni del regime nordcoreano si stanno facendo sempre più aggressive e sconsiderate, anche grazie alle continue provocazioni mediatiche del Presidente statunitense Donald Trump. Uno degli ultimi test missilistici nordcoreani è passato molto vicino alla zona costiera cinese ed era visibile dai grandi centri abitati dell’area, fatto che non è per niente piaciuto a Pechino. La Cina sta quindi cominciando ad implementare con rigore le ultime sanzioni ONU, andando a chiudere le joint-venture sino-nordcoreane e vietando la creazione di nuove. Il Governo cinese ha anche proibito ai suoi principali istituti di credito di fare affari con nuovi clienti della Corea del Nord e ha diminuito considerevolmente, seppur in modo discontinuo, le importazioni di carbone. Pechino sembra ancora intenzionata a difendere la fragile Corea del Nord da un attacco americano, ma Pyongyang deve stare attenta a non minare la pazienza del colosso asiatico. Perdere una volta per tutte il sostegno della Cina, a causa delle proprie azioni sconsiderate, sarebbe infatti una catastrofe irreparabile per l’incerta economia nordcoreana e per il regime di Pyongyang.

Federico Giovanni Sala

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Nelle scorse settimane una nuova provocazione via Twitter di Donald Trump è stata interpretata dal regime nordcoreano come una vera e propria dichiarazione di guerra. Pyongyang ha dunque affermato che cercherà di distruggere tutti gli aerei americani che si avvicineranno troppo al confine nordcoreano.[/box]

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Federico Giovanni Sala
Federico Giovanni Sala

Studente di Relazioni Internazionali presso l’Università degli Studi di Milano. Laurea triennale in Lingue Orientali all’Università di Bergamo dove ho studiato Giapponese. Sono appassionato di tutto ciò che riguarda l’oriente, in particolar modo la geopolitica e la cultura. Amo studiare le lingue e poterle utilizzare in ciò che faccio. Da sempre ho osservato da lontano l’Asia Orientale, per poi andare a vivere in Giappone per un breve periodo. L’America Latina è un’altra mia zona di interesse e ciò mi ha portato a studiare anche lo Spagnolo ed il Portoghese. Mi piace condividere quello che so con gli altri, sperando di farli appassionare a ciò che suscita il mio interesse.

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