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Lo stato delle relazioni tra Tunisia e Unione Europea – Parte I

La Commissione Europea ha approvato un nuovo pacchetto di aiuti per la Tunisia per sostenere il Paese dopo gli attacchi terroristici del 2015. L’impegno rappresenta un’occasione per ricostruire la storia delle relazioni tra l’Unione Europea e il suo “partner privilegiato” nella sponda sud del Mediterraneo. La prima parte del nostro approfondimento è dedicata al quadro storico delle relazioni

L’INIZIO

Fin dai primissimi anni dalla sua fondazione, la Comunità Economica Europea ha guardato alla sponda sud del Mediterraneo come ad un’area ad alto impatto strategico, con cui cooperare e costruire sempre più strette relazioni, commerciali e non solo. A partire dalla fine degli anni Sessanta, la Tunisia è stata, in diverse occasioni, vero e proprio pioniere di questa “partnership privilegiata”. Nel 1969, Comunità Europea e Tunisia siglarono un accordo di cooperazione quinquennale, di natura essenzialmente commerciale, in base al quale i manufatti importati venivano esentati dall’applicazione di dazi doganali, ma vincolati ad un sistema di quote stabilito in base alla situazione economica in Europa. In particolar modo, nel settore agricolo, la CEE impose restrizioni sull’importazione di alcuni prodotti competitivi per il mercato europeo, conservando però tariffe preferenziali per agrumi e olio d’oliva. Nel 1976, nel quadro della nuova Politica Globale Mediterranea vennero siglati nuovi accordi bilaterali di cooperazione con i Paesi del Maghreb. Non più solo di natura strettamente commerciale, attraverso la firma di appositi Protocolli Finanziari i nuovi accordi fornirono aiuti economici per lo sviluppo, la modernizzazione e la diversificazione del settore agricolo e industriale dei Paesi coinvolti. Più tardi, tuttavia, l’ingresso nella CEE di Grecia, Spagna e Portogallo e l’adozione di nuove restrizioni all’esportazione verso l’Europa danneggiarono seriamente l’export di Paesi fondamentalmente agricoli come Tunisia e Marocco.

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Fig. 1 – Operaio tunisino durante la lavorazione delle olive per la produzione di olio (dicembre 2007). 

L’APPROFONDIMENTO DELLA RELAZIONE

Fu così che nel 1985 furono istituiti i Programmi Integrati Mediterranei, nuovi strumenti comunitari volti a elaborare azioni pluriennali per il finanziamento di interventi nel settore produttivo, delle infrastrutture e per la valorizzazione delle risorse umane, grazie alla mobilitazione dei Fondi strutturali della CEE e dei prestiti della Banca Europea per gli Investimenti. Nel 1990, la Politica Mediterranea Rinnovata provvide al rinnovo dei Protocolli Finanziari fissando nuove modalità di cooperazione per lo sviluppo socio-economico dei Paesi partner e, per la prima volta, includendo aiuti allo sviluppo democratico, alla tutela dell’ambiente e alla difesa e promozione dei diritti umani. Quest’evoluzione fu riconfermata nel 1995, con la creazione del Partenariato Euro-Mediterraneo, inaugurato dal c.d. “Processo di Barcellona” e fondato sull’intervento in campi fondamentali: politico e di sicurezza, economico e finanziario, sociale e culturale. L’Unione Europea articolò una serie di iniziative volte al riavvicinamento delle politiche economiche nei settori dell’industria, delle telecomunicazioni e dell’energia, alla creazione di reti di cooperazione euro-mediterranee e di un’area di pace e stabilità nella regione. Queste iniziative vennero finanziate da prestiti della Banca Europea per gli Investimenti e da aiuti a fondo perduto nell’ambito del Programma Meda, gestiti dalla Commissione Europea con l’aiuto del Comitato Med. In particolar modo, il Programma Meda aveva lo scopo di incoraggiare le riforme socio-economiche nei Paesi mediterranei, attraverso azioni bilaterali e iniziative regionali che prevedevano il trasferimento di risorse nel quadro, rispettivamente, dei Programmi Indicativi Nazionali e del Programma Indicativo Regionale. Nello specifico, il Programma tunisino dava priorità al processo di privatizzazione, alla ristrutturazione del settore finanziario e alla riforma del sistema scolastico e, in virtù di questo, la Tunisia ricevette un finanziamento di più di 400 milioni di euro e un prestito dalla BEI di oltre 600 milioni.

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Fig. 2 – Rappresentante tunisino e dell’Unione Europea firmano accordi in ambito culturale

L’ACCORDO DI ASSOCIAZIONE

In questo stesso contesto, sempre nel 1995, l’Europa stipulò con la Tunisia un accordo di associazione entrato in vigore nel 1998, primo di una nuova generazione di accordi euro-mediterranei che andavano a sostituire i precedenti siglati negli anni Settanta. In aggiunta alla cooperazione economica, commerciale e finanziaria, il nuovo accordo confermava l’importanza attribuita nel quadro del Partenariato euro-mediterraneo al rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali e si prefiggeva la promozione di una più solida cooperazione sociale, culturale e in materia di istruzione, attraverso il dialogo interculturale, la promozione del diritto al lavoro, della parità tra sessi e il controllo dei flussi migratori. In ambito commerciale, l’accordo di associazione prevedeva la progressiva istituzione di una zona mediterranea di libero scambio dei prodotti industriali, in vigore dal 2008, nel rispetto delle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Nell’arco di un periodo di transizione di 12 anni, sarebbe stata garantita la libera circolazione delle merci attraverso la graduale eliminazione delle tariffe doganali e delle restrizioni quantitative all’importazione o all’esportazione, pur conservando la possibilità di adottare misure di salvaguardia a tutela di settori particolarmente vulnerabili. Il quadro dell’accordo venne completato con la creazione di due strutture istituzionali: il Consiglio di associazione, con formazione ministeriale, incaricato di adottare risoluzioni e formulare raccomandazioni per il perseguimento degli obiettivi stabiliti, e il Comitato di associazione, incaricato di garantire il rispetto dell’accordo e dirimere controversie eventualmente sorte tra le Parti. Tuttora, l’accordo del ’98 costituisce la base giuridica delle relazioni tra Unione Europea e Tunisia, sebbene queste siano state ulteriormente approfondite nel corso degli anni a seguire. A partire dal 2004, le relazioni tra le due sponde del Mediterraneo sono state gestite nel quadro della Politica Europea di Vicinato (PEV), per l’attuazione della quale è stato adottato nel 2005, nello specifico caso tunisino, il piano bilaterale d’azione UE-Tunisia, e fu istituita nel 2008, a livello regionale, l’Unione per il Mediterraneo, erede del Partenariato euro-mediterraneo. Obiettivi, ancora un volta, la stabilità della regione, il dialogo politico, la crescita economica, l’integrazione dei mercati e il rispetto dei diritti fondamentali.

Fine prima parte

Maria Di Martino

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

In realtĂ , sul successo dell’Unione per il Mediterraneo, il giudizio è severo. Lo scoppio della crisi economica nel 2008 e la scarsa propensione all’erogazione di finanziamenti, ma soprattutto l’immediata debolezza politica di un progetto che di fatto nasceva su una serie di compromessi al ribasso (nella Dichiarazione di Parigi che diede vita all’Unione si scelse di non trattare questioni, pur fondamentali, come immigrazione, lotta al terrorismo e diritti umani) ne hanno di fatto minato l’efficacia. Per un approfondimento sul tema, si rinvia al lavoro di Antonio Blanc Altemir ed Eimys Oritz Hernandez, “The Union for the Mediterrean, Ufm: a critical approach“.[/box]

Foto di copertina di ell brown Licenza: Attribution-ShareAlike License

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Maria Di Martino
Maria Di Martino

Classe 1991, coltivo la passione per il mondo arabo fin dagli studi triennali all’Orientale di Napoli, dove lo studio della lingua, della storia e delle istituzioni musulmane mi ha insegnato ad osservare le dinamiche mediorientali con lo sguardo di un vicino consapevole della loro importanza. Laureata magistrale in Relazioni Internazionali alla Sapienza di Roma, con una tesi in diritto internazionale dell’economia e dello sviluppo, all’interesse per l’analisi geopolitica accompagno una personale sensibilità per i diritti umani, sognando un futuro di ricerca e azione per la loro difesa, poiché ancora idealisticamente convinta che parlare di Stati possa significare, prima di tutto, parlare di persone.

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