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India, tigre o elefante?

Mario Appelius, giornalista e viaggiatore italiano, negli anni Venti così descriveva l’India: “È questa l’India, tutta l’India, con i suoi grandi pensatori e le sue plebi ignoranti, coi suoi templi gremiti di fanatici ed i suoi cenacoli filosofici librati nell’etere metafisico, con la commedia orientale della sua vita interiore”. Molte cose sono cambiate, anche se non troppo. Cerchiamo di capirlo insieme, con 5 domande e 5 risposte.

 

1. Chi governa oggi in India?

 

E’ il Partito del Congresso Indiano, “naturale” successore del Congresso Nazionale Indiano di Gandhi, coalizione di sinistra intercastale e interreligiosa. Nel 2004 il Congresso, guidato da Sonia Gandhi, sorprese gli esperti vincendo contro tutte le previsioni le elezioni politiche, grazie al voto delle classi povere. Sonia rinunciò alla nomina a Primo ministro della coalizione di Governo guidata dal Congresso e l’incarico fu affidato, il 22 maggio 2004, a un sikh, l’economista Manmohan Singh.

In “Manmohan Singh Visionary to Certainty”, K. Bhushan e G. Katyal descrivono come segue l’attuale primo ministro: “E’ il padre delle riforme economiche in India, l’uomo che ha posto le fondamenta per un’India splendente. […] Questo accademico  burocrate–tecnocrate, dalle conoscenze molto tecniche, ma dal basso profilo, che ha servito come ministro delle Finanze tra il 1991 e il 1996, è l’Indiano più qualificato a servire come Primo ministro del Paese dai tempi dell’Indipendenza”.

 

 

2. Ma come si vive in India? Si parla sempre di gravi problemi sociali.

 

La storia e gli avvenimenti mostrano un’India che non ha ancora ben compreso l’uguaglianza sessuale e le femministe che da sempre lottano ottenendo anche grandi risultati. La Costituzione indiana è molto favorevole alle donne e il diritto a non essere discriminati in base al sesso è garantito dalla lista dei diritti fondamentali, ma le donne continuano a subire gravi abusi. Recente è stata anche la denuncia di Sonia Gandhi contro la violenza sulle donne.

Un’altra “nota dolente” è il sistema delle caste, un buon esempio per affermare quanto la disuguaglianza sociale permei, ancora oggi, la società indiana. Le caste sono quella dei Brahamani (sacerdoti/intellettuali), gli Kshatryia (capi guerrieri: aristocratici militari), i Vaishya (commercianti, contadini e pastori), i Sudra (artigiani, servitori, operai ecc.), i “dimenticati” fuoricasta (Paria o Dalit o intoccabili). Cos’è la casta? È uno strato sociale chiuso e ognuno dei quali ha il proprio dharma, ossia una serie di doveri da compiere. È importante precisare che formalmente dal 1950 la Costituzione Indiana sancisce l’uguaglianza di tutti gli uomini sotto il profilo sociale, religioso, sessuale e politico, ma la realtà racconta di una società rigidamente strutturata, con tutto ciò che ne consegue, ovvero una continua violazione dei diritti fondamentali dell’uomo. In un Paese dove la new technology e la new economy convivono con la miseria e Bollywood conquista Oscar, la tradizione è spesso un ostacolo da aggirare e allo stesso tempo una ricchezza da spendere nel migliore dei modi sul mercato globale.

Federico Rampini conferma questo dualismo riportando nel suo “La speranza Indiana” quanto afferma la femminista U. Butalia: “L’India è il paese delle contraddizioni”. Anche Pier Paolo Pasolini nel suo diario di viaggio del 1961, “L’odore dell’India” scriveva: “La gente che in India ha studiato sa che non ha speranza”. Pochi decenni e qualcosa è cambiato: l’India è oggi patria di multinazionali, madre di Premi Nobel, scienziati ed artisti, ed eppure comunque la povertà colpisce la maggioranza della popolazione. Un esempio contraddittorio è la baraccopoli di Dharavi a Mumbai, abitata da persone che conoscono bene il ciclo dell’economia, dove capi d’azienda che non si fanno concorrenza scambiano solidalmente forza lavoro e materie ma sono allo stesso tempo circondati da “altipiani” di rifiuti, distese di baraccopoli, per non parlare dello sfruttamento del lavoro minorile e della piaga della prostituzione, spesso minorile. Paradossi di un Paese emergente.

La grande India è inoltre conflitto etnico, di civiltà, e religioso; solo per fare un esempio, gli scontri tra la popolazione indigena dei Bodo e i migranti musulmani nello stato indiano dell’Assam hanno portato alla morte di almeno 32 persone e altrettanti feriti. I dissapori sono iniziati nella notte di venerdì 20 luglio 2012, quando alcuni uomini non identificati hanno ucciso quattro giovani nel distretto a maggioranza Bodo di Kokrajhar.

 

 

Mappa politica dell'India
Mappa politica dell’India

3. Eppure ora l’India fa parte dei cosiddetti BRICS, cioè l’élite dei Paesi emergenti. E’ un’economia solida?

 

Finanza.com riporta che l’economia dell’India crescerà nel primo trimestre dell’anno in corso del 5% rispetto al 2012, tasso di crescita meno elevato dell’ultimo decennio; il centro di statistica nazionale di New Delhi si aspettava un aumento del Pil pari al 5,5%. Cosa dovremo dire se paragonato a quello italiano che secondo le stime del FMI sarà pari al -1% per il 2013?

In questo Paese la metà della popolazione (460 milioni di persone), riporta William Dalrymple, ha un reddito giornaliero di non più di dieci rupie (15 centesimi di euro). La dignità è un optional perché ci sono altri ben più proficui orizzonti a cui guardare. L’India con il suo sviluppo economico a cascata e le ambizioni politiche promette (grazie anche ai rapporti con la Cina) di trasformare gli equilibri geopolitici in Asia e di rimettere in discussione quanto stabilito nel post Guerra Fredda. Secondo la Deutsch Bank, entro il 2020, la tigre asiatica sarà la terza economia al mondo. Eppure i frequenti blackout energetici, la fame di materie prime estere, la corruzione e un immobilismo politico negli ultimi anni, assieme alla crescita esponenziale della popolazione (destinata a superare quella cinese) pongono dubbi su quanto sostenibile sia il modello indiano. A dispetto delle buone premesse citate sopra, secondo l’Economist il governo Singh è bloccato in Parlamento nella sua opera riformista e il Paese continua a crescere più per l’intraprendenza dei singoli imprenditori che per lo sviluppo di una solida politica economica statale.

 

 

4. In che stato sono le attuali relazioni commerciali tra Italia e India?

 

Le due nazioni sono state fino a ora buoni partner commerciali, sperando che le accuse di corruzione a Finmeccanica prima e la vicenda dei Marò ora non portino ad una eccessiva evoluzione negativa dei rapporti. Eppure solo nei primi cinque mesi del 2011 l’interscambio commerciale Italia-India ha registrato una crescita del 29,3% rispetto agli stessi mesi del 2010. Del resto l’India continua ad avere bisogno di ingenti investimenti esteri e non potrà ignorare il contributo dell’Italia, che ha una forte presenza nel Paese. Allo stesso modo però la nostra attuale mancanza di peso diplomatico potrebbe favorire i nostri competitor europei (Francia, Gran Bretagna, Germania), che sarebbero fin troppo felici di prendere fette di mercato indiano a nostro svantaggio.

A tale proposito, va sottolineato come la Camera di Commercio Indiana per l’Italia abbia in programma una missione commerciale multisettoriale a Mumbai dal 13 al 18 Aprile 2013.

 

 

5. Cina e India: relazione d’interesse?

 

Sono due giganti diversi e con grandi aspirazioni egemoniche. Due grandi mercati in continua espansione per qualsiasi servizio e bene di consumo. Due civiltà antiche, due universi che hanno un passato di 5.000 anni, e di conseguenza una sottigliezza storica che sfugge a molti europei. Due nazioni che primeggiano (e si scontreranno) nella scienza e nella tecnica (il nucleare è solo un “piccolo” esempio). L’India è la culla di tutte le nostre lingue nonché crogiuolo di razze e culture. Due modelli, comunque, alternativi. L’India, sulla carta, è la più vasta democrazia al mondo. La Cina un dinamico e modernizzatore Stato autoritario. In futuro vedremo sempre più concorrenza o rivalità? Da equilibri, accordi o competizione tra le due potenze dipenderà la storia futura almeno del sud dell’Asia, in particolare in campo energetico (entrambe hanno una crescente fame di risorse naturali), commerciale e di influenza geopolitica.

 

Tomas Sanvido

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Tomas Sanvido

Appassionato del mondo ma non troppo uomo di mondo. Estimatore della politica internazionale ma non sempre dei suoi protagonisti. Viaggio quando posso, lavoro a più non posso. Mi interesso, principalmente ma non esclusivamente, di politica estera dell’estremo oriente e di cooperazione allo sviluppo. Invitato, nel 2013, in qualità di “Top poster” per la “Facebook Diplomacy” presso il Ministero degli Esteri. Il mio motto è “un viaggio di mille miglia comincia dal primo passo” (Lao Zi). Prossima impresa: imparare il cinese. Gradino dopo gradino arriverò… al piano!

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