Caffè lungo – Per secoli la Russia, potenza continentale, ha cercato di ottenere l’accesso alle acque calde del Mediterraneo attraverso il passaggio dai principali stretti. Nell’ultimo decennio Mosca ha consolidato e rafforzato la propria posizione nell’area mediterranea arrivando a toccare le coste del Nord Africa, sfruttando le instabilitĂ politiche e la debolezza di Stati Uniti e Unione Europea a proprio vantaggio.
L’ACCESSO AI MARI CALDI
Per comprendere la politica estera russa nel Mediterraneo nel XXI secolo è necessario anzitutto approfondire le origini e le ragioni storiche che hanno attratto Mosca in quest’area. Infatti, già nel 1400, l’Impero russo considerava l’accesso al Mediterraneo condizione fondamentale per assicurarsi un ruolo di potenza protagonista sullo scacchiere globale. Obiettivo primario della politica estera russa era dunque quello di ottenere uno sbocco nelle acque calde e navigabili, attraverso un processo a tappe. In quest’ottica era fondamentale il controllo degli stretti e, in particolare, del Bosforo e dei Dardanelli, al tempo territorio dell’Impero Ottomano, potenza in lento ma inesorabile declino. L’accesso ai mari caldi rispondeva a due bisogni vitali, legati a una ragione commerciale e un’altra militare. La prima motivazione, prettamente economica, era connessa alla necessità per la Russia di garantire alla propria flotta mercantile rotte di commercio sicure e fruibili tutto l’anno, senza dover attraversare le gelide acque del Mar Baltico e dell’Oceano Artico. La seconda ragione era invece legata a motivi di sicurezza e alla necessità di incrementare la presenza della flotta militare e la capacità di proiezione verso l’esterno dell’Impero. Tra il 1700 e il 1900 la questione degli stretti rappresentò una delle maggiori cause di frizione tra l’Impero Russo e le altre potenze europee e in particolare con la Gran Bretagna, potenza marittima al tempo incontrastata, che non aveva intenzione di condividere il Mediterraneo e le sue rotte commerciali privilegiate con San Pietroburgo. In epoca sovietica la pressione di Mosca è poi aumentata con tentativi di raggiungere il Canale di Suez, corridoio principale verso le rotte commerciali internazionali e, soprattutto, verso l’Oceano Indiano.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Una nave militare russa attraversa lo stretto del Bosforo a Istanbul, maggio 2020
IL PRETESTO SIRIANO: HMEIMIM E TARTUS
La strategia scelta dalla Russia per arrivare nelle acque del Mediterraneo è passata dunque per un rafforzamento della sua posizione negli stretti e nei cosiddetti mari ristretti del Baltico e del Caspio e, soprattutto, del Mar Nero con l’istituzione, nel 2014, delle basi navali di Novorossiysk e Sebastopoli in Crimea, dalle quali è possibile colpire obiettivi sensibili nel Mediterraneo. Successivamente il conflitto siriano ha fornito al Cremlino il pretesto per fare il proprio ingresso, questa volta in modo definitivo e stabile, nel Mediterraneo orientale. Infatti, in cambio del supporto a Bashar al-Assad, Vladimir Putin ha ottenuto dapprima la base aerea di Hmeimim sulla costa Mediterranea e, nel 2017, una revisione degli accordi sulla base navale di Tartus, in Siria occidentale. I nuovi accordi tra Damasco e Mosca hanno trasformato Tartus, struttura di proprietà dei russi già dal 1971, da scalo commerciale a vero e proprio porto militare. Il patto tra i due Paesi prevede inoltre una concessione di 49 anni, prorogabile automaticamente per altri 25, a meno che una delle parti non intenda recedere. In cambio di questa concessione, nell’accordo viene specificato che il Cremlino “si impegnerà a inviare in Siria, qualora venissero richiesti, degli specialisti per contribuire a riattivare le navi da guerra di Damasco”. Proprio nel maggio scorso alcuni media di Damasco e l’agenzia russa TASS hanno confermato che la Russia si sta impegnando a rafforzare le capacità tecniche della base navale e sta altresì lavorando alla creazione di un molo galleggiante nei pressi della costa per facilitare la riparazione di navi e sottomarini.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Sottomarini russi nella base navale di Tartus, Siria, settembre 2019
DAL BOSFORO AL NORD AFRICA
Nel 1890 l’Ammiraglio statunitense Alfred Thayer Mahan sviluppò la teoria del “sea power”, secondo la quale il potere di una nazione è direttamente proporzionale al dominio dei mari circostanti, al controllo dei principali stretti e al possedimento di basi navali stabili. Il Cremlino sembra aver fatto propria questa teoria: la Russia, potenza primariamente continentale, si impegna ormai da secoli per ottenere questo fondamentale vantaggio geostrategico. Nonostante l’area mediterranea rappresenti da sempre una zona calda, nell’ultimo decennio si è assistito a una crescente instabilità del Medio Oriente e del Nord Africa, a partire dalle Primavere arabe del 2011 fino ad arrivare alla guerra civile libica. Il Cremlino è stato in grado di sfruttare tali crisi politiche e i conseguenti mutati equilibri di forza trasformandoli in opportunità , giocando un ruolo chiave nel conflitto libico a sostegno delle forze del generale Khalifa Haftar e allargando in questo modo il proprio raggio d’azione alla costa nordafricana. Il ruolo di Mosca in Libia ha inoltre permesso al Cremlino di rafforzare i legami con altri Paesi e soprattutto con l’Egitto, rendendo nel dicembre 2020 la cooperazione informale e ordinaria tra i due Paesi un vero e proprio partenariato strategico. Il disimpegno degli Stati Uniti nel Medio Oriente, sommato all’incapacità dei Paesi dell’Unione Europea di adottare una politica estera per il Mediterraneo strutturata, efficace, condivisa e soprattutto lungimirante, potrebbe velocizzare il processo di ingresso della Russia nel Mediterraneo. Il Cremlino potrebbe riuscire, in pochi anni, a imporre e consolidare la propria presenza nell’area mediterranea che va dal Medio Oriente alle coste nordafricane, mutandone forse irreversibilmente gli equilibri geostrategici.
Mariangela Fusco
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