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Missione in Niger: pro o contro?

Dopo le numerose indiscrezioni giornalistiche, la missione italiana in Niger prende il via a seguito dell’autorizzazione del Parlamento. Alle numerose insidie ed incognite fanno da contraltare anche le opportunità che la presenza nel Sahel potrebbe rappresentare per il nostro Paese in una logica internazionale futura

LA MISSIONE ITALIANA 

Il 17 gennaio il Parlamento italiano ha approvato il decreto della Presidenza del Consiglio incentrato sul rinnovo delle missioni internazionali del nostro Paese e sulla partecipazione a nuove operazioni all’estero dei nostri contingenti militari. Tra quest’ultime, l’opinione pubblica italiana e anche quella internazionale, ha dato particolare risalto alla missione che, in tempi brevi si attiverà in Niger, il paese del Sahel sempre più impegnato nel contrasto ai gruppi di trafficanti illegali e terroristi, decisamente attivi in un territorio quattro volte più grande di quello italiano. Dopo le ricostruzioni ufficiose di diversi organi di stampa nazionali e le conseguenti smentite ufficiali provenienti dallo Stato Maggiore Difesa, l’atto legislativo – la Scheda n.2 della Parte I afferente le nuove missioni – elenca tutta una serie d’informazioni sulle peculiarità e caratteristiche dell’operazione. L’obiettivo della missione è duplice in quanto da un lato la presenza italiana, su precisa richiesta del governo del Niger, va ad integrare gli assetti già presenti in loco – statunitensi e francesi – volti a contrastare le attività illegali dei trafficanti e di coloro che minacciano la sicurezza e la stabilità nella regione; dall’altro i militari italiani supporteranno le forze armate nigerine nelle attività di sorveglianza del territorio, certificando la missione come “no combat”, cioè senza una partecipazione diretta dei militari italiani ad operazioni belliche. Per quanto riguarda i numeri e la composizione del contingente, nei primi sei mesi saranno impiegati 120 unità mentre la quota massima che potrà essere raggiunta nell’arco dell’anno non potrà superare i 420 militari effettivi. Durante tutta la fase operativa, le unità specialistiche presenti in teatro saranno diverse: un gruppo di “force protection” – si vocifera costituito dalla Brigata Paracadutisti Folgore -, una squadra CBRN per le rilevazioni chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari, un team medico e l’unità ISR dedita alle funzioni di raccolta Informativa, Sorveglianza e Ricognizione. Il contingente avrà altresì a disposizione 130 mezzi terrestri e due mezzi aerei.

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Fig.1 – Il Primo Ministro italiano Paolo Gentiloni accoglie il Presidente del Niger Mahamadou Issoufou durante il summit G7 lo scorso 27 maggio, a Taormina

La base giuridica alla missione proviene dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 2359 del 2017 e soprattutto grazie all’accordo bilaterale con il Niger stipulato l’1 Novembre 2017. L’esborso economico dell’operazione è pari a 30.050.995 milioni di euro per i primi nove mesi mentre per l’intero anno la stima arriva a 49.482.101 milioni di euro.

I PRO DELL’OPERAZIONE

La decisione di inviare appartenenti alle forze armate italiane in Niger ha provocato reazioni contrastanti nell’opinione pubblica italiana. Gli aspetti positivi dell’operazione si concentrerebbero in tre punti: il primo è che se l’Italia guarda sempre più all’Africa come scacchiere privilegiato della propria politica estera, il Niger spicca in qualità di pietra angolare su cui cementare questa nuova dottrina. In questa chiave di lettura, infatti, vi rientra sia l’apertura a Niamey della prima Ambasciata Italiana in un paese del Sahel sia la volontà di destinare al Niger il 40% degli aiuti umanitari italiani in Africa. Allo stesso tempo, la decisione di impegnarsi in prima linea rappresenta un segnale per i vari partner/competitors europei che l’Italia non vuole e non deve essere lasciata ai margini delle questioni riguardanti la politica estera comunitaria di cui il Niger, de facto, è entrato a farne parte dietro forti pressioni francesi. In prospettiva futura, tale impegno militare potrà essere, sempre in sede europea, una preziosa nota di credito qualora emergessero nuovi contesti ancora più centrali per gli interessi italiani come per esempio quello libico.

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Fig.2 – Il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron e il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni in una conferenza stampa congiunta tenutasi a Palazzo Chigi l’11 Gennaio 2018

I CONTRO DELL’OPERAZIONE

Non bisogna sottovalutare il malcontento che serpeggia tra la popolazione nigerina, palesata in varie forme – dai blog della diaspora alle timide proteste di piazza – contro il governo nazionale anche a causa della sempre più evidente e invadente presenza di eserciti stranieri sul territorio nazionale. In particolare, parte della cittadinanza non riscontra benefici concreti dalla collaborazione con i contingenti stranieri nella lotta al terrorismo e ai traffici illegali. Infatti, il timore principale è che la presenza possa tramutarsi, mediante la cessione e/o la costruzione di basi militari, da provvisoria a stabile e duratura con il solo scopo di accaparrarsi le ingenti risorse minerarie e non di cui gode il Niger, in primis l’uranio. Sebbene i principali destinatari di tali accuse siano oltre al governo compiacente anche i militari francesi, gli italiani, se fossero percepiti come corpi estranei alle dinamiche interne nigerine, potrebbero non godere, almeno inizialmente, del supporto locale, elemento fondamentale in missioni di addestramento e supporto a forze armate straniere in territori “caldi”. Infine, se il settore di competenza italiano sarà, come riportato da alcuni organi di stampa nazionali, quello in prossimità del poroso confine con la Libia – lungo 350 chilometri nel deserto – dove operano all’unisono mercanti di armi, di droga e di esseri umani e gruppi riconducibili alla galassia jihadista, l’intera missione potrebbe celare ulteriori insidie.

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Fig.3 – Proteste nella capitale Niamey per via delle precarie condizioni economiche in cui versa la popolazione nigerina

In conclusione, considerando le possibili difficoltà che potrà incontrare, il contingente italiano dovrà nel più breve tempo possibile adattarsi alle caratteristiche peculiari e intrinseche del nuovo teatro facendo riferimento alle esperienze già vissute in altre operazioni condotte con risultati più che positivi.

Giulio Giomi

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più. È degli ultimi giorni la notizia, diffusa dalla radio francese RFI, che il governo nigerino non fosse a conoscenza della missione italiana in Niger. Ancora da chiarire se si tratti di una mancanza del nostro governo, o piuttosto di una manovra diplomatica volta a esercitare pressione sull’Italia in questo delicato frangente.

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Foto di copertina di Free Grunge Textures – www.freestock.ca Licenza: Attribution License

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Giulio Giomi
Giulio Giomi

Nato a Livorno nel 1988, mi sono laureato in Relazioni Internazionali presso l’Università LUISS di Roma. Precedentemente, ho ottenuto la laurea triennale in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università di Pisa. Sono stato uno stagista presso il NATO Defense College e l’HQ della FAO. Quando non mi occupo di geopolitica, mi dedico alle altre mie due passioni: viaggi e calcio.

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