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Burkina Faso, tra jihadismo e transizione politica (parte II)

Analisi – Il 2025 sarĂ  cruciale per il Burkina Faso: l’evoluzione del terrorismo jihadista ha portato una ridefinizione dell’assetto politico, parzialmente sedimentato dal 2022, e una modifica degli equilibri geopolitici del Paese. A che punto siamo e cosa aspettarsi.

Qui la prima parte dell’analisi.

WAGNER, ECOWAS E FRAMMENTAZIONE REGIONALE: NUOVE GEOGRAFIE DELLA SICUREZZA NEL SAHEL

In risposta all’aggravarsi della minaccia terroristica, il Burkina Faso ha adottato un approccio securitario che combina operazioni militari su larga scala e un radicale riorientamento delle alleanze strategiche. Dopo il secondo colpo di Stato del 2022, guidato dal capitano Ibrahim TraorĂ©, il Governo militare ha progressivamente preso le distanze dagli storici partner occidentali, in particolare dalla Francia, accusata di inefficacia e di secondi fini nelle politiche antiterrorismo. Nel gennaio 2023, il Burkina Faso ha formalmente richiesto il ritiro delle truppe francesi, ponendo fine a una cooperazione militare decennale. A questa decisione ha fatto seguito il ritiro dal G5 Sahel, alleanza regionale di sicurezza fondata nel 2014 per contrastare l’espansione jihadista. Il vuoto lasciato dalla Francia è stato in parte colmato dalla crescente presenza della Federazione Russa, che si è affermata come un nuovo attore di riferimento nella sicurezza regionale attraverso l’invio di istruttori militari e, secondo fonti autorevoli come il Counter Extremism Project, di membri del gruppo paramilitare Wagner. Quest’ultimo ha giĂ  operato in contesti come la Repubblica Centrafricana, il Mali e la Libia, dove è stato piĂą volte accusato di gravi violazioni dei diritti umani. In Burkina Faso, la presenza di Wagner risponde all’esigenza del Governo di disporre di capacitĂ  militari immediate ed efficaci, ma comporta gravi rischi di dipendenza e di opacitĂ  nella gestione della sicurezza. Inoltre, la narrativa pro-russa viene veicolata attraverso campagne di disinformazione sui social media, mirate a screditare le potenze occidentali e a rafforzare la legittimitĂ  della giunta militare. Parallelamente, la ComunitĂ  Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS) ha assunto una posizione ambigua. Da un lato ha espresso preoccupazione per il ritorno dei colpi di Stato militari nella regione e ha minacciato sanzioni, come nel caso del Mali e del Niger; dall’altro lato ha mantenuto canali di comunicazione aperti con Ouagadougou, cercando di favorire una transizione politica graduale. Tuttavia, l’uscita annunciata nel gennaio 2024 del Burkina Faso, del Mali e del Niger dall’ECOWAS ha segnato una rottura profonda con l’ordine regionale post-coloniale, e ha spinto i tre Paesi a formare l’Alleanza degli Stati del Sahel (AES), una confederazione militare e politica che riflette il comune orientamento anti-occidentale e sovranista.

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Fig. 1 – Il presidente Ibrahim TraorĂ© incontra Putin a San Pietroburgo, 27 luglio 2023

L’AES E I TENTATIVI DI COORDINAMENTO TRA NIGER, MALI E BURKINA FASO

La formazione dell’AES non è solo simbolica: prevede una mutua assistenza in caso di minaccia esterna e una cooperazione su intelligence, addestramento e logistica. Tuttavia, tale unione è ancora priva di una struttura istituzionale stabile e soffre dell’isolamento diplomatico internazionale. A livello operativo il Burkina Faso ha intensificato l’impiego dei Volontaires pour la DĂ©fense de la Patrie (VDP), una milizia civile che affianca l’esercito regolare. Secondo l’International Crisis Group, i VDP costituiscono una risposta necessaria all’insufficienza numerica delle Forze Armate, ma la mancanza di addestramento e supervisione ha contribuito a numerosi episodi di violenza contro civili e minoranze etniche, aggravando le tensioni locali e alimentando ulteriormente la propaganda jihadista. La reazione dei Paesi confinanti, in particolare Ghana e Costa d’Avorio, è stata di rafforzamento delle capacitĂ  difensive lungo le frontiere, nel timore di un’espansione del jihadismo. Questi Stati hanno anche aumentato la cooperazione in materia di intelligence con gli attori occidentali, nel tentativo di prevenire infiltrazioni. Tuttavia, il coordinamento tra i Paesi dell’area resta frammentato, complice anche la mancanza di una visione condivisa e l’indebolimento delle piattaforme regionali come il G5 Sahel e l’ECOWAS. La crescente assenza di un meccanismo multilaterale affidabile per il contrasto al terrorismo contribuisce alla frammentazione della risposta, lasciando spazio all’iniziativa di singoli attori esterni. In assenza di un supporto internazionale strutturato e di una strategia regionale concertata, il Burkina Faso rischia di rimanere intrappolato in una spirale di violenza e di isolamento diplomatico, con un Governo sempre piĂą dipendente da attori esterni come Wagner, la cui agenda rimane opaca e in larga parte scollegata dalla stabilitĂ  a lungo termine del Paese. Le implicazioni di questa traiettoria sono profonde, non solo per la sicurezza interna del Burkina Faso, ma per l’intera regione dell’Africa occidentale, dove il rischio di contagio insurrezionale è piĂą alto che mai.

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Fig. 2 – Il Presidente del Niger Abdourahamane Tiani (al centro) mostra i documenti costitutivi dell’AES insieme ai Presidenti del Mali Assimi Goita (a sinistra) e del Burkina Faso Ibrahim Traore (a destra) in occasione del primo summit dell’Alleanza, Niamey, 6 luglio 2024

PROSPETTIVE E ORIZZONTI PER IL BURKINA FASO

Il baricentro del futuro del Burkina Faso ruota attualmente intorno alla sua stella politica più luminosa: il 37enne Presidente Ibrahim Traoré, in carica dal 2022, ha preso le redini del Governo dal suo predecessore ad interim Paul-Henri Sandaogo Damiba e gode di una popolarità senza precedenti, soprattutto tra i più giovani. Questo favore è più che percepibile e ha trovato riscontro in occasione della cerimonia d’insediamento ad Accra del Presidente John Dramani Mahama, durante la quale gli è stata riservata un’accoglienza regale e un’acclamazione da parte di tutti i leader dei Paesi africani presenti. Le sfide che attendono il Presidente Traoré sono molteplici e dalla elevata difficoltà: il terrorismo, che rappresenta una grave e terribile minaccia per la sicurezza del Paese, la sanità in estrema difficoltà e, non ultima, una consapevolezza crescente per le Istituzioni democratiche. In tal senso, un recente sondaggio suscita una preoccupazione non sottovalutabile: due burkinabé su tre ritengono un’azione militare necessaria contro un potere troppo dilagante della politica.
I punti salienti del discorso d’insediamento del Presidente TraorĂ© erano, nel 2022, piĂą o meno questi, con un impegno al loro raggiungimento entro il 2024. Nella realtĂ  non sono stati ottenuti risultati soddisfacenti, anzi, l’isolamento del Burkina Faso preoccupa l’intera comunitĂ  internazionale, soprattutto dopo il ritiro dall’ECOWAS e il rinnovato accordo con l’AES, con la ratifica lo scorso 27 marzo del Trattato che la istituisce, adottato il 6 luglio 2024 a Niamey. Non solo. In seguito al vertice del 2023, in linea con gli alleati dell’AES, Mali e Niger, il Burkina Faso si è schierato con Mosca. Le conseguenze per la popolazione sono state chiare: offerta di corsi gratuiti di lingua russa e graffiti pro-Russia sono cominciati ad apparire nella capitale Ouagadougou. Questo avvicinamento a Mosca avviene in un momento storico nel quale la stessa Russia opera per evitare l’isolamento nella comunitĂ  internazionale. Gli obiettivi politici (e militari) della cooperazione tra Ouagadougou e Mosca sembrano tuttavia allontanarsi sempre di piĂą dai bisogni della societĂ  civile, piegata da anni di violenza terroristica, da colpi di Stato e da un’economia sempre piĂą in crisi. L’opinione pubblica burkinabĂ©, stando agli ultimi studi, non ritiene comunque piĂą delle prioritĂ  la crescita democratica, lo sviluppo inclusivo e la sconfitta dei gruppi terroristici. La stessa attivitĂ  parlamentare è percepita, da una larga parte della societĂ , come un peso per il raggiungimento degli obiettivi politici. La percezione di una leadership forte come quella del Presidente TraorĂ© inganna gran parte della popolazione, che rivede in lui la luce di Thomas Sankara, la fierezza di Kwame Nkrumah e, non ultima, la centralitĂ  dell’esercito come strumento di difesa contro la tirannia della politica. Eppure, un vero sviluppo inclusivo per il Burkina Faso richiederĂ  la consapevolezza che la piĂą grande arma a disposizione sia la rappresentanza e che il dibattito parlamentare non possa essere sostituito dal ricorso all’esercito.

Daniele Atzori
Fabio D’Agostino

Photo by David_Peterson is licensed under CC BY-NC-SA

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Perchè è importante

  • Il Burkina Faso ha interrotto le relazioni con la Francia e si è avvicinato alla Russia, accogliendo il gruppo Wagner e fondando insieme a Mali e Niger la nuova alleanza regionale AES dopo aver abbandonato l’ECOWAS, con un indebolimento della cooperazione multilaterale.
  • Il Presidente TraorĂ©, acclamato internamente, guida il Paese verso l’isolamento diplomatico e rafforza i legami con Mosca, mentre la popolazione, stremata dalla crisi, individua sempre meno nella democrazia una prioritĂ .

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Fabio D'Agostino
Fabio D'Agostino

Classe 1988, ho conseguito la laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso “La Sapienza”, UniversitĂ  di Roma. Ho proseguito la mia formazione con un master in “Intelligence Operativa”, “Strategic Intelligence Ops” ed un corso di Antiterrorismo presso l’EUI. Ho sempre avuto la passione per la scrittura, considerandola un’arte responsabile, d’impegno, capace di offrire uno sguardo attento sulla contemporaneitĂ .

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