Le interviste del Caffè – Era il 3 febbraio 2016, quando il corpo di Giulio Regeni venne ritrovato. Sono passati due anni e, ancora, della veritĂ non c’è traccia. Ne parliamo con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, che segue, passo passo, l’evolversi di questa vicenda e che da sempre si occupa di violazioni dei diritti umani
Per tutti, anche per coloro che hanno sempre letto superficialmente di Giulio Regeni, abbiamo pensato di ricostruire le cinque tappe fondamentali di questo viaggio, con i passi concreti che ancora restano da fare.
I primissimi istanti dopo
Secondo lei qual è il fattore più importante che ha impedito di far chiarezza, di fare luce sin da subito su quanto avvenuto?
L’aver perso tempo nei primissimi istanti, le 48 ore attese prima di avviare contatti con ufficiali e autoritĂ per chiedere notizie su Giulio. E poi nei due anni successivi. La difficoltà è stata, in tanti casi del genere, l’impunitĂ di un sistema che si auto protegge tra ritardi, depistaggi e promesse non mantenute, non fornendo informazioni. ImpunitĂ su cui si basa il sistema di violazioni dei diritti umani.
Il ruolo dell’Italia
Cosa potrebbe fare nel concreto l’Italia per ottenere maggiori risposte?
Il lavoro della Procura va benissimo. Sul fronte del lavoro politico, delle istituzioni, una cosa da non fare in un periodo coincidente con le elezioni per entrambi i paesi è mettere in piedi una moratoria non ufficiale… senza dirlo, ma facendolo.
Come dire, ora ci sono le elezioni e se ne parla dopo… ed è giĂ tardi.
Insopportabile. Occorre fare pressioni sul piano politico e non dare l’idea che con il ritorno dell’ambasciatore vada tutto bene. Che la ricerca della veritĂ sia qualcosa da ricordare ogni tanto. Ma soprattutto la mia proposta tocca il piano delle azioni internazionali, mancate completamente e che potrebbero avere un impatto importante.
Facciamo degli esempi.
Il ricorso a tutti quei meccanismi delle Nazioni Unite sui diritti umani, quali la Commissione di Ginevra, il Comitato contro la tortura, per fare qualche esempio. Attivare questi meccanismi internazionali consentirebbe soprattutto di avere ulteriori indagini e stavolta da parte di organi delle Nazioni Unite. Essere sotto la lente delle Nazioni Unite sarebbe un colpo importante per l’Egitto sul fronte della reputazione.
Il costo politico e diplomatico
Quale costo (diplomatico, politico) avrebbero secondo te le tue proposte? Posto che questo è un approccio greve, in questo caso sarebbe anche giusto pagarlo, un prezzo. O no?
La reputazione sul piano internazionale sarebbe il costo da pagare per l’Egitto. Nel mondo della diplomazia ciò che si cerca di evitare è la brutta figura. Che l’autoritĂ dell’Onu consenta di avere un esperto sul campo nel paese è un fatto che potrebbe avere dei risvolti importanti. Quello che l’Italia non ha fatto è stato portare la questione dei diritti umani in Egitto nei fora internazionali che si occupano di diritti umani. Questo perchĂ© storicamente tendiamo a risolvere le questioni in sede bilaterale ma stavolta era necessario comportarsi diversamente. ​
Ci sono persone che sui social (da Ravenna) hanno esultato per la rimozione dello striscione giallo dal Municipio. Cosa dice lei a parte dell’opinione pubblica e alle istituzioni che non comprendono l’importanza di avere la veritĂ ?
​Posto che quanto ci costa come detto è un approccio greve, fino a che punto dobbiamo pagare per avere la veritĂ su questo ragazzo? Come detto dalla mamma di Giulio di ineludibile c’è solo la veritĂ e la veritĂ va cercata ad ogni costo. PerchĂ© è un interesse superiore. Ne va della reputazione di un paese e delle istituzioni. Quanto giallo abbiamo visto in Italia? Sono stati colorati con lo striscione 248 enti locali. Tutto questo spinga a dare la ragione all’idea che la veritĂ supera ogni altra cosa.
E poi risolviamo subito anche un equivoco. Se ci fossero relazioni tese tra Italia ed Egitto ci rimetterebbe di piĂą l’Egitto. Non l’Italia. Lo dimostrano il giacimento di Zhor, recentemente inaugurato, e le centinaia di migliaia di turisti italiani pronti a tornare al Cairo, una delle conseguenze del ritorno dell ambasciatore. Il costo è per l’Egitto, non per l’Italia.
Le responsabilitĂ di Al-Sisi
Viste le responsabilitĂ gravissime del regime di Al Sisi chi chiede la veritĂ non si accontenterĂ di nulla tranne che dell’incriminazione diretta del presidente egiziano, cosa che è verosimile non accadrĂ mai. Dunque quale obiettivo si può sperare di ottenere realisticamente?
​Non è automatico che l’obiettivo sia Al-Sisi anche perchĂ© avrebbe un valore politico che non avrĂ mai, ovvero che alla fine Giulio sia stato uno strumento per far cadere Al-Sisi. No. Giulio è un ragazzo che è stato assassinato in Egitto e noi dobbiamo avere i nomi dei responsabili dell’arresto, della sparizione forzata, della tortura e dell’omicidio. E poi, chi ha ordinato e depistato questi reati?
Si parte da lì per ottenere la catena di comando.
Esatto, dobbiamo partire da lì. Dall’avere l’elenco di nomi che la procura egiziana ha consegnato al Cairo, nomi dei servizi segreti civili e da lì si parte, con tutte le difficoltĂ che una catena di comando che si regge su un sistema di impunitĂ comporta. Solida perchĂ© tutti ne fanno parte, ma fragile perchĂ© se uno si sfila crolla tutto. Detto questo, Al Sisi poteva non sapere che un ragazzo italiano fosse sparito, ma una cosa la sa: di presidiare il sistema che ho descritto.
Giulio “cittadino europeo”Â
Un’Europa coesa avrebbe potuto, potrebbe ancora aiutare? Ognuno gioca per sĂ© e penso alla missione di Hollande subito dopo il ritrovamento del corpo di Giulio. PerchĂ© secondo me in quei primi istanti Al Sisi si è sentito braccato. Ma poi con la missione francese la sensazione è stata quella di esser tornato a “respirare”. Una rottura delle relazioni da parte di tutti con l’Egitto sarebbe servita?
L’Europa è unita nel commettere e nel tollerare violazioni dei diritti umani, ma quando si tratta di proteggerli ognuno va per conto suo. Infine, io non ho mai sentito una dichiarazione piĂą ipocrita di questa: “Giulio era un cittadino europeo”. Fosse stato così avremmo avuto 27 ambasciatori richiamati, oltre al nostro.
Mariangela Pira
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Riccardo Noury è Portavoce e Direttore Comunicazione di Amnesty International – Sezione Italiana
La campagna di Amnesty #veritĂ pergiulioregeni la trovate qui[/box]
Foto di copertina di alisdare1 Licenza: Attribution-ShareAlike License