In 3 sorsi – Nonostante l’11 marzo la UE si sia proclamata “Zona di libertĂ LGBTQI”, la successiva legge ungherese contro tali minoranze è apparsa del tutto liberticida, tanto da richiedere un concreto intervento da parte delle Istituzioni europee.
1. LA RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
Lo scorso 11 marzo il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione 2021/2557, con la quale ha proclamato l’Unione europea “zona di libertà per le persone LGBTIQ”.
La tutela di tali diritti ha occupato un ruolo preminente nello scenario europeo degli ultimi anni, caldeggiata non solo da una crescente sensibilità della popolazione per il tema, ma altresì da una visione estensiva del novero dei diritti umani da difendere, tra cui figurano, come si legge nella Risoluzione, anche quelli delle persone LGBTIQ+.
Da quanto detto discende un’inferenza inconfutabile: gli Stati membri sono tenuti a rispettare il diritto alla paritĂ di trattamento e alla non discriminazione quali diritti fondamentali sanciti dai Trattati UE e dalla Carta, in virtĂą degli obblighi e doveri assunti nel quadro del diritto internazionale e dei Trattati dell’Unione.
L’intervento dell’organo legislativo europeo si è reso necessario a causa dell’evidente rischio di gravi violazioni dello Stato di diritto e dei valori su cui si fonda l’Unione da parte della Repubblica di Polonia e dell’Ungheria: nel novembre 2020 nella cittĂ ungherese di Nagykáta è stata vietata la “diffusione e promozione della propaganda LGBTQ“, inoltre sono state adottate leggi liberticide come la “legge omnibus T/9934”, che vieta il riconoscimento giuridico del genere per le persone transgender e intersessuali in Ungheria.
Fig. 1 – La Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il Presidente del Parlamento europeo David Sassoli partecipano a una conferenza stampa
2. LA NORMATIVA ANTI-LGBTQI+ UNGHERESE
Nonostante tali premesse e a scapito di quanto previsto nella Risoluzione del Parlamento europeo, lo scorso 15 giugno il Parlamento ungherese ha approvato la legge, presentata dal partito nazionalista di Orbán, con cui si vieta la diffusione tra i minori di 18 anni di contenuti ritenuti “pro-LGBTQI+”.
Nello specifico nel mirino della legge ungherese ci sarebbero la pornografia e tutti i contenuti sessualmente espliciti o che promuovano la deviazione dell’identitĂ di genere, il cambio del sesso e l’omosessualitĂ .
Alla luce di ciò è verosimile che molti contenuti multimediali, pubblicitari o educativi vengano filtrati prima di essere trasmessi e resi fruibili dai minori di 18 anni, al fine di evitare la riproduzione di programmi evocativi delle minoranze sessuali e di genere.
A fronte della notevole e avversa eco mediatica che l’approvazione di tale normativa ha suscitato il premier ungherese ha reso noto che il provvedimento, più che repressivo dei diritti della minoranza LGBTQI+, è posto a presidio dei diritti dei minori.
Fig. 2 – Gli attivisti per i diritti umani di Amnesty International proiettano una bandiera arcobaleno sull’ambasciata ungherese il 25 giugno 2021 all’Aia, nei Paesi Bassi. Il gruppo per i diritti umani protesta contro una nuova legge ungherese discriminatoria che vieta i riferimenti LGBTQI+ per i minori
3. LA REPLICA EUROPEA
La normativa approvata da Budapest ha attirato le critiche dei vertici europei, i quali si sono espressi fortemente a sfavore del provvedimento e hanno riaffermato il loro costante impegno per la difesa dei diritti delle minoranze contro l’intolleranza e l’odio.
La pronta e granitica risposta di condanna è arrivata proprio dall’organo legislativo europeo, che l’8 luglio scorso ha approvato una Risoluzione con cui si definisce la legge ungherese come adottata in “violazione dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta, dai Trattati e dalla legislazione dell’UE”, espressiva di un “graduale smantellamento dei diritti fondamentali in Ungheria”.
Pertanto, dopo l’inoltro di una richiesta ufficiale di chiarimento all’Ungheria, la Commissione ha preannunciato l’avvio di una procedura d’infrazione accelerata, nonché il possibile congelamento dei fondi destinati allo Stato membro grazie al Next Generayion EU, poiché il bilancio dell’Unione sarebbe male amministrato da una legislazione nazionale collidente con i valori comuni europei.
L’impasse in cui sono avviluppate Ungheria e Istituzioni non pare prossima alla risoluzione e, anzi, il braccio di ferro tra Budapest e Bruxelles si prospetta sempre più feroce. Ciò che al momento è evidente è che, nonostante la vigilanza pervicace delle Istituzioni, esista una spaccatura netta tra Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Croazia e i rimanenti Stati membri in materia di diritti fondamentali, tanto da far pensare a un’Europa a più velocità .
Stefania Rutigliano
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