Chi mai pensa che uno stato possa essere rappresentato da un mobile? Eppure esiste una teoria applicabile alla situazione iraniana attuale
LA STRUTTURA – Si dice che un treppiede sia la piĂą instabile delle strutture politiche di governo. In essa, tre fazioni, correnti, partiti o associazioni sono in equilibrio tra loro per sostenere l’ordinamento statale. E’ instabile perchĂ© è necessario un equilibrio perfetto tra di esse per mantenere lo status quo e, dunque, permettere la sopravvivenza del sistema.L’Iran dopo Khomeini viene spesso considerato un paese dove i conservatori detengono il potere reprimendo i riformisti, ma non è proprio così. In particolare, è errato considerare i conservatori come un’unica entitĂ indivisa. In realtĂ la pace interna era garantita da un particolare rapporto tra i riformisti, i conservatori e gli ultraconservatori: un treppiede appunto.Quando i riformisti hanno tentato di portare avanti riforme sostanziali, sono stati bloccati dai conservatori e dagli ultraconservatori. Ma non sono stati eliminati, perchĂ© i conservatori ne avevano bisogno per convogliare le tensioni della popolazione giovane desiderosa di libertĂ e contemporaneamente per contrastare le spinte estremiste degli ultraconservatori, giudicate foriere di un futuro isolamento del regime degli Ayatollah. In tal modo, lo status quo è sopravvissuto per anni: nessuna fazione poteva eliminare le altre e dominarle, perchĂ© le altre operavano in senso contrario. A una prima occhiata può sembrare che i riformisti non siano mai stati in una tale situazione di “parità ”; qui però non si parla di uguaglianza istituzionale, bensì del fatto che il sistema iraniano, con le sue tre anime, abbia impedito che le spinte dei due estremi potessero portare il sistema-paese verso un cambiamento sostanziale.
INSTABILITA’– Un treppiede politico mostra la sua instabilitĂ e crolla quando due delle tre “gambe” che lo sorreggono decidono di rompere l’equilibrio coalizzandosi per distruggere la terza. In Iran questo è successo quando i conservatori legati all’Ayatollah Ali Khamenei hanno fatto rieleggere Presidente Mahmud Ahmadi-nejad, legato alla corrente ultraortodossa dell’Ayatollah Mesbah-Yazdi, di fatto eliminando ogni illusione che i riformisti potessero avere ancora un ruolo nel paese. E’ stato il segnale di voler eliminare il “piede” riformista, che pure aveva dato chiari segni di necessitare un po’ piĂą d’ascolto data la crisi economica interna e la crescente critica verso Ahmadi-nejad degli ultimi anni. E’ stata vista anzi come un tentativo di spostare il paese su posizioni ancora piĂą ortodosse, per di piĂą attraverso elezioni considerate truccate.Mir-Hussein Moussawi non è certo un campione del riformismo, ma sarebbe stato un buon compromesso per mantenere vivo lo status quo. Conservatore senza idee riformiste, ma apprezzato per la sua opposizione ad Ahmadinejad. Aver orchestrato la sua sconfitta appare invece ora un errore per Khamenei: Moussawi (nella foto, manifesti in suo favore) sta raccogliendo supporto trasversale dai riformisti e da quei conservatori che si rifiutano di vedere un paese guidato dal clero piĂą estremista o che sono nemici del Presidente. E il grido “morte al dittatore”, le immagini di Khamenei bruciate o cancellate, la repressione e i martiri della protesta che stanno diventando simboli ben piĂą potenti degli slogan passati, ci mostrano un paese sull’orlo della guerra civile.I Pasdaran e le milizie Basiji sono ora abbastanza forti da mantenere il paese saldamente sotto il governo attuale. Ma per quanto? Quanto ci vorrĂ perchĂ©, per esempio, alcune unitĂ dell’esercito regolare – anche se male armate – decidano di appoggiare i ribelli ora che anche parte del Clero conservatore meno estremista è con loro? Khamenei pensava che sopprimendo i riformisti lo sgabello sarebbe rimasto in equilibrio comunque, su due piedi. Invece sta crollando tutto insieme.