Il Ministro della Difesa russo Sergei Shoigu e il Comandante in capo della marina militare russa Viktor Chirkov hanno confermato la volontà di schierare, entro il 2015, una squadra navale permanente nel Mar Mediterraneo. Obama in Medio Oriente, la crisi siriana e la Corea del Nord hanno offuscato la notizia del ritorno della flotta russa nel Mediterraneo.
C’ERA UNA VOLTA L’URSS – La presenza russa nel Mediterraneo non è una novità. Dal 1967 al 1992 l’Unione Sovietica schierava nel cosiddetto “ventre molle” della NATO il 5th Operational Squadron (Sovetskaya Sredizemnomorskaya eskadra). La squadra navale destinata al Mediterraneo comprendeva in media tra le 30 e le 50 navi, distaccate dalla Severnyy Flot (Flotta del Nord) e dalla Chernomorskiy Flot (Flotta del Mar Nero). L’obiettivo dichiarato della formazione navale era il contrasto alla 6th Fleet statunitense di base a Napoli (e Gaeta). La flottiglia ha cessato di esistere nel dicembre 1992, in seno al processo di dissoluzione dell’Unione Sovietica. La spartizione delle unità tra gli stati post-sovietici portò ad una sensibile riduzione del numero di scafi a disposizione di Mosca ed al ritiro di alcuni gruppi navali, tra i quali quello di stanza nel Mediterraneo orientale.
IL RITORNO – Gli anni 2000 per la Russia sono stati spesso definiti come l'”Era di Putin”. Tra i punti dei programmi politici avanzati da Vladimir Putin nell’ultimo decennio, la ristrutturazione delle forze armate e il loro ritorno ad un ruolo di primo piano è tra le priorità. La flotta russa ha così ottenuto le risorse finanziare necessarie a garantire l’operatività delle proprie navi e pianificare un graduale ammodernamento. La volontà di operare nuovamente nel Mediterraneo risale al 2004, anno dei primi piccoli eventi addestrativi e “show the flag”. Dal 2008 il Mediterraneo è tornato ad essere una meta abituale delle navi Russe e teatro di esercitazioni maggiori. Da allora voci e smentite sul possibile ritorno di una pedina operativa si sono rincorse. Nelle ultime settimane, la certezza: entro il 2015 una squadra navale russa ricomincerà ad operare nel Mediterraneo. I catalizzatori della decisione sono stati la crisi siriana e la minaccia che l’instabilità ha portato agli interessi russi nell’area. Il tutto unito alla necessità di difendere la base militare di Tartus, ultimo caposaldo della marina russa nel Mediterraneo. Ancora una volta possiamo cogliere una somiglianza col passato, ricordando quando, nel 1967, fu la terza guerra arabo-israeliana a convincere i sovietici della necessità di dislocare proprie unità in Siria.

VERSO IL 2015 – Due-tre anni sono il limite temporale previsto per disporre della flottiglia. Le forze dovrebbero comprendere 10 navi, di cui 5-6 da combattimento più le navi ausiliarie. E’ ufficialmente cominciato anche il toto-base. Sicuramente la base principale sarà Tartus, ma alcuni esperti dubitano che il porto siriano possa essere attrezzato in tempi brevi per ospitare una vera task force. Il presidio di Tartus è solo una base di appoggio logistico che impiega poco personale ed è scarsamente attrezzato. I russi hanno dichiarato che vogliono riqualificare lo scalo, ma anche che si avvarranno di altri porti quali Cipro, Beirut e il Pireo. I rumors ancora una volta corrono. I più timorosi che la crisi siriana si protragga ipotizzano un rischieramento a Beirut come base maggiore, ma da parte libanese non è arrivata una sola parola in merito. I maliziosi, invece, parlano di una futura base a Cipro, recentemente sotto i riflettori per l’impasse finanziaria e il ruolo che gli ingenti capitali russi (legali e non) hanno giocato nell’economia della stessa. Cipro però è anche sede di unità della NATO, che difficilmente accetterebbe una presenza esterna troppo forte e condividerebbe le facilities con l’ex nemico dichiarato. Considerando che la flottiglia sarà posta alle dipendenze della Chernomorskiy Flot e avrà quartier generale a Sebastopoli è però probabile che se Tartus non fosse ampliata a sufficienza entro il 2015 alcune navi potrebbero, molto più semplicemente, trovare appoggio temporaneo nel Mar Nero. I prossimi mesi saranno decisivi e le prove generali inizieranno a metà maggio, quando un gruppo tattico di 5 navi, provenienti dalla Tikhookeanskiy flot (Flotta del Pacifico) attraverserà Suez e si appoggierà a Tartus.
IL MARE NOSTRUM SI RISCALDA – L’ultimo decennio del secolo scorso, dopo la fine della Guerra Fredda, ha visto un raffreddamento del fronte sud. Sedati anche i virulenti conflitti jugoslavi, che non hanno comunque avuto un fronte marittimo, il Mediterraneo sembrava esser divenuto un mare tranquillo, privo di scontri. L’impressione generale del calo di importanza di un mare tutto sommato piccolo e quasi chiuso ha convinto perfino gli Stati Uniti che la rilevanza strategica dello scacchiere meridionale fosse esaurita. Ma, mentre i grandi giochi si spostano negli oceani Indiano e Pacifico, ecco che il piccolo Mare Nostrum si risveglia e rimette tutto in discussione. Il ritorno dei Russi non sancisce certo un nuovo confronto, ma è indicativo della necessità, per gli attori di primo piano, di essere presenti in un teatro che non sembra mai esaurire i colpi di scena. La primavera araba porta con sè pericoli ma anche opportunità. E ognuno vuole guadagnarci. In Siria la caduta di Assad più volte annunciata non è ancora avvenuta e questo significa che egli continuerà a giocare un ruolo nella vicenda siriana ancora a lungo. I rivoluzionari potrebbero rimanere molto delusi, ma le potenze mondiali non scenderanno mai al confronto diretto sul campo per la Siria. I russi dal canto loro non molleranno l’osso, anche perchè l’osso siriano ha il sapore di un miliardo di dollari spesi annualmente a Mosca in armamenti (8% delle esportazioni russe). Anche la Turchia è coinvolta nel conflitto siriano, ma non è questo che ai russi interessa maggiormente. La Turchia è un paese NATO la cui potenza e capacità industriale crescono ogni giorno e il suo millenario ruolo di guardiano dei Dardanelli riporta la Russia al vecchio problema strategico di poter rimanere imbottigliati nel Mar Nero. Dulcis in fundo, la Cina. Quale migliore prova che Pechino sia già una potenza mondiale se non quella che l”‘argomento Cina” ricorra in qualunque teatro operativo. Negli ultimi anni le navi militari cinesi hanno più volte passato Suez e hanno eseguito manovre ed esercitazioni. I cinesi non hanno ancora una “politica mediterranea”, ma maturano crescente interesse in Medio Oriente e sondano il terreno. Mentre lo fanno, le loro unità fanno scalo al Pireo, largamente ricostruito grazie a fondi cinesi, intervenuti in un momento critico per Atene. La Grecia ha salutato gli investimenti cinesi con favore, stringendo sostanziosi accordi di collaborazione per lo stoccaggio di merci e l’appoggio logistico alle unità militari in visita. In poche parole, il Mediterraneo ha ancora da dire la sua e i russi non vogliono lasciarsi sfuggire il dibattito.
Marco Giulio Barone