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Bomba o nonn bomba?

Dopo la scoperta di una nuova centrale per l’arricchimento dell’uranio in Iran, il mondo si interroga sull’effettiva concretezza della minaccia nucleare Iraniana. Un intervento di Israele potrebbe causare una pericolosa escalation militare nella regione

LA PEGGIORE DELLE IPOTESI – Proviamo un secondo ad immaginare quello che in America chiamerebbero il ‘worst case scenario’, ovvero la peggiore delle situazioni possibili a seguito di un determinato evento: l’Iran riesce finalmente, dopo tanti anni di sforzi, investimenti, trattative, e progetti più o meno segreti, a costruire un ordigno nucleare; monta la testata su uno dei suoi già rodati missili a lunga gittata e lo punta verso Israele. Un giorno questo missile cade su Tel Aviv, incenerendo praticamente all’istante un’intera città e tutta la sua popolazione (quasi 400.000 persone), ed esponendo a radiazioni nocive quasi altri tre milioni di persone che vivono nell’area metropolitana adiacente alla città. In risposta l’aviazione Israeliana carica le sue testate nucleari su aerei da combattimento; i jet decollano, diretti verso Teheran, e la bombardano: sarebbe così che nel giro di poche ore il mondo intero si troverebbe a far fronte ad una crisi nucleare senza precedenti.

SOLO UN’IPOTESI, O UN RISCHIO CONCRETO? – Chiariamolo subito, le nostre sono soltanto ipotesi che potrebbero apparire soltanto nei nostri incubi peggiori. Tuttavia sono anni ormai che siamo abituati a sentire il Presidente della Repubblica Islamica, Mahmoud Ahmadinejad, auspicare alla distruzione di Israele. Unendo quindi queste dichiarazioni ad un programma nucleare che, per quanto lentamente, avanza in maniera inesorabile, la possibilità che una catastrofe del genere si possa effettivamente consumare non può essere considerata del tutto utopica: infatti, nonostante il governo Iraniano abbia ripetutamente dichiarato che il proprio programma atomico sia finalizzato allo scopo civile, e non bellico, la scoperta avvenuta circa due mesi fa di una nuova centrale segreta, situata presso la città di Qom, ha insospettito non poco le leadership mondiali. Non sarebbe inoltre la prima volta che Teheran si fa sorprendere a costruire e a mettere in funzione degli impianti non dichiarati: già nel 2002 un gruppo di opposizione Iraniano rivelò alla stampa la costruzione di una centrale sotterranea altamente fortificata per l’arricchimento dell’uranio a Natanz; appena pochi anni dopo, la CIA scoprì dei progetti per la costruzione di armi e testate nucleari. Sono queste e altre le ragioni che portano quindi numerosi esperti sia in Israele che nel resto del mondo a sospettare che l’impianto di Qom non sia l’ultimo segreto nell’intricata cornice del programma nucleare Iraniano.

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COSA FARE? – E mentre le diplomazie di mezzo mondo lavorano affinché si raggiunga un accordo che accontenti le ambizioni nucleari di Teheran, ma che allo stesso tempo non metta a repentaglio la sicurezza di altri paesi del Medio Oriente, in Israele ci si sta interrogando su come arginare la situazione, nel caso in cui le trattative dovessero fallire la propria missione: infatti, se fino a questo momento è stato usato un approccio indiretto di pressione sui governi occidentali affinché si impegnassero a tenere sotto controllo l’Iran, proprio questi ultimi sviluppi riguardanti la centrale di Qom hanno riaperto una finestra sulla possibilità di un intervento militare finalizzato alla distruzione degli impianti iraniani. Ma quale sarebbe il prezzo da pagare per un’azione simile? Dal punto di vista pratico, hanno calcolato gli esperti, si tratterebbe di uno sforzo militare notevole, nel quale Israele dovrebbe impiegare circa 100 aerei da combattimento al fine di attaccare i quattro siti di Natanz (arricchimento dell’uranio), Esfahan (impianto di conversione) Bushehr ed Arak (reattori nucleari). Tuttavia quello che spaventa di più sono le possibili conseguenze, in quanto un attacco del genere potrebbe avere enormi ripercussioni sulla già instabile polveriera Mediorientale. In altre parole si è arrivati ad un bivio: da una parte c’è la possibilità di un Iran nucleare che, oltre a minacciare Israele, innescherebbe probabilmente una corsa agli armamenti da parte di altri paesi della regione quali Arabia Saudita ed Iraq; dall’altra, un possibile attacco da parte di Israele agli impianti nucleari eviterebbe uno scenario del genere, ma ne aprirebbe un altro forse anche peggiore. È per questo motivo che fino ad ora l’opzione militare sembra ancora una possibilità remota: ma resterà tale, nel caso in cui la ‘peggiore delle ipotesi’ dovesse iniziare ad acquistare concretezza?

David Braha

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