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Anatomia di un attentato. Programmazione o irrazionalità?

Miscela Dark Nell’epoca del “terrorismo povero” portato avanti dalla figura del lone wolf, siamo stati abituati a vedere quest’ultimi come dei semplici folli che improvvisamente entrano in azione con l’idea di uccidere più persone possibili. Seguendo questa narrazione sarebbe quindi impossibile prevenire, intercettare e disinnescare un attentato di simile tipologia. La realtà, per nostra fortuna, è ben diversa.

TERRORISMO RICCO – TERRORISMO POVERO

Prima di entrare nell’analisi vera e propria delle fasi necessarie alla progettazione e infine alla realizzazione di un attacco terroristico sarà bene fare alcune premesse.  Innanzitutto sembra, al momento attuale, archiviata, o quanto meno accantonata, la stagione dei grandi attentati, di matrice jihadista, che richiedevano una lunga programmazione e un cospicuo spiegamento di risorse sul campo. Dopo gli attacchi riusciti negli Stati Uniti, a Madrid e a Londra, sembra infatti che i sistemi di intelligence siano riusciti ad evolversi per riuscire ad intercettare al meglio la minaccia. Inoltre, aspetto non poco rilevante, il gruppo che si era accreditato la riuscita degli attentati occidentali nei primi anni duemila, al Qaeda, è stato colpito duramente e ha dovuto affrontare una riorganizzazione che ha portato ad una sorta di devolution, operativa e strategica, costringendo l’organizzazione a concentrare la sua agenda più sui nemici vicini – i “tiranni apostati” che per esempio governano i Paesi mediorientali – che su quelli lontani– gli “occidentali miscredenti”. Se però è vero che il nemico vicino è quello che ora ricopre l’attenzione massima del terrorismo jihadista è altrettanto vero che il nemico lontano non è stato dimenticato. Abbiamo assistito così alla nascita e all’evoluzione dell’ispirazione terroristica remota, aiutata dalla fondazione e dalla proliferazione di riviste-manuali come Inspire, Rumiyah e Dabiq, dall’utilizzo massiccio di internet e dei social network. Mentre prima la realizzazione di un attacco terroristico richiedeva una solida organizzazione con notevole dispendio di tempo, risorse umane e finanziarie ora si cerca di capitalizzare al massimo il minimo di risorse che si hanno a disposizione. Non servono più, o almeno si può fare a meno, di cellule sul campo che supportino logisticamente l’azione da compiere. Basta spesso la volontà del singolo, del lone wolf. La volontà di reperire il materiale online per addestrarsi da autodidatta, la volontà di agire. Per  fortuna, però ogni tipo di attentato richiede delle fasi preparatorie. Quanto tempo occorre al lone wolf per entrare in azione? La follia che possiamo riscontrare nell’aver abbracciato un’ideologia sanguinaria e stragista la ritroviamo anche quando decide di entrare in azione? Oppure il suo gesto richiede sempre una progettazione e una preparazione razionale?

Un estratto della rivista dello Stato Islamico “Dabiq” dove si indicano i luoghi migliori dove entrare in azione.
FASE IDEATIVA

La prima fase che riscontriamo nella progettazione di un attacco terroristico è quella che viene definita fase ideativa. Questo è il momento in cui il soggetto realizza che è necessario entrare in azione per dare il suo personale contributo alla causa. Il percorso di radicalizzazione, o di jihadizzazione, si può quindi ritenere ultimato. Il nemico va colpito. Questa fase è prettamente psicologica. Il nemico da colpire è chiaro, ma l’obiettivo vero e proprio dell’azione che si ha in mente ancora non lo è. È una fase di trasformazione in sostanza. Da soggetto in via di radicalizzazione, si passa ad essere un aspirante shahid, o martire. Al livello operativo quindi, ancora non si è in grado di cogliere quale siano le prossime mosse del futuro attentatore. È però possibile avvertire i prodromi di ciò che potrebbe essere in futuro. Se, ad esempio, l’aspirante lone wolf è avvezzo all’uso dei social network, si potrebbe riscontrare un inasprimento dei contenuti condivisi online dallo stesso. La violenza, già insita nell’ideologia abbracciata, può iniziare a manifestarsi in modo tangente. Violenza verbale, psicologica o virtuale che sia, inizia a prendere il sopravvento. Maturata questa fase, che solitamente può durare un paio di mesi, il tempo che serve a cimentare l’idea di entrare in azione, il soggetto sarà pronto a spostare sul piano materiale il suo intento terroristico.

FASE ORGANIZZATIVA: LA SCELTA DEL TARGET

Qui si entra nel cuore, per l’appunto, dell’organizzazione stessa dell’attentato. Il soggetto è ormai totalmente radicalizzato e devoto alla causa e si è convinto della necessità di entrare in azione. Maturata quest’ultima, deve concretizzare materialmente i suoi intenti. Si passa così a scegliere l’obbiettivo vero e proprio che dovrà essere colpito. Questo così non sarà più vago e non definito come nella prima fase, in cui si manifesta l’intenzione ideologica di colpire il “crociato, il miscredente o il tiranno”. Corrisponderà invece ad un vero e proprio luogo e avrà il volto non definito dei cittadini inermi che si ritroveranno sul posto o il volto del personaggio che si vorrà colpire, se si vuole alzare notevolmente il tiro, come nei casi dell’attacco sventato alla Premier britannica Theresa May o di quello riuscito contro il blogger Washiqur Rahman.

Sempre da “Dabiq”, alcuni passaggi in cui si spiega come assemblare un esplosivo in casa.
FASE ORGANIZZATIVA: RACCOLTA INFO

Individuato il target, solitamente si procederà ad una raccolta d’informazioni sul luogo nel quale si ha intenzione di entrare in azione. Probabilmente il terrorista non si recherà personalmente sul posto, ma adopererà, se in grado, fonti OSINT e SOCMINT – articoli di giornale, pagine social media, google maps, ecc – per reperire informazioni e dettagli che confermino la fattibilità del suo intento criminoso. Se, per esempio, si volesse colpire un locale ben noto, potrebbe iniziare una fase di monitoraggio della pagina ufficiale del locale su Facebook, per capire gli eventi in programma o i giorni di maggiore affluenza. Contestualmente alla prima raccolta di info, o nella fase successiva a essa, inizierà l’organizzazione materiale, operativa e finanziaria. Si cercheranno così manuali, istruzioni, corsi in rete gratuiti di vario genere. Come si maneggia un’arma bianca o una pistola? Dove cercare ed acquistare un’arma da fuoco? Come si realizza un esplosivo fatto in casa?

FASE ORGANIZZATIVA MATERIALE

La fase in cui un attentatore si pone queste domande è cruciale. È qui che infatti l’aspirante terrorista può entrare in contatto con un network di appoggio, remoto o più prossimo, qualora non ne abbia già uno. Le informazioni che cerca possono essere infatti reperite online, su alcuni canali telegram, per esempio, che fungono da veri e proprio archivi per chi cercasse istruzioni su differenti tipi di armi o tecniche di combattimento. Nel caso in cui non ci fosse l’appoggio di una cellula di supporto logistico, il lone wolf dovrebbe anche procurarsi il finanziamento utile per realizzare quanto vuole. Questo può variare a secondo del piano che sta andando delineandosi. Potrebbero servire solo i soldi per affittare un furgone ad esempio, o magari ne occorrerebbero di più se si vuole procedere all’acquisto di armi da fuoco sul dark web o da altri giri illegali. In tal caso l’attentatore potrebbe ricorrere a diverse modalità, tra cui la ricerca di un lavoro saltuario, la vendita di una macchina se ne ha già una a disposizione, o commettere dei piccoli crimini remunerativi come spaccio o rapine. Conclusa questa fase, si procederà a innalzare il livello di sicurezza in modo tale da  garantire la salvaguardia del terrorista e la riuscita del suo attacco. Magari si limiterà al minimo indispensabile l’utilizzo dei cellulari o le interazioni sui social. Si manterrà, a ogni modo, un profilo il più basso possibile.

Qui invece la locandina che introduce un articolo su come effettuare una presa di ostaggi. Articolo ripubblicato sul canale Telegram “Lethal Dose”, che si occupa di diffondere riviste jihadiste come “Inspire”, “Dabiq” e “Rumiyah”
FASE OPERATIVA

Conclusa la fase organizzativa entriamo in quella operativa, che comprende quella immediatamente precedente all’attentato e la realizzazione dello stesso. In questo momento è altamente probabile che l’attentatore si recherà sul luogo che farà da teatro per la sua entrata in azione. L’ultimo sopralluogo servirà a capire se l’informazioni ricavate nella fase organizzativa trovino un riscontro effettivo sul campo e per verificare di persona se non ci siano state modifiche recenti alla struttura urbanistica del posto – lavori in corso, alterazione sensi di marcia, ecc. Ultimato il sopralluogo finale, è presumibile che  il terrorista lasci le sue ultime volontà, scritte in una lettera o in un videomessaggio. Potrebbe anche verificarsi la volontà, da parte di quest’ultimo, di dichiarare la propria appartenenza ad un’organizzazione terroristica e di procedere così alla dichiarazione di fedeltà – la bay’ah. Nei giorni più prossimi all’evento, è probabile che il lone wolf, al fine di consolidare ulteriormente la sua volontà già ferrea, si adoperi per un rafforzamento ideologico e psicologico. Il primo lo aiuterà a ricordare, qualora ce ne fosse bisogno, perché sta per agire in questo modo. Rafforzerà la concezione mentale del partecipare ad una battaglia più grande, dell’essere dalla parte giusta. Inoltre potrebbe anche sottoporsi alla costante visione di filmati, trovati in rete o nei canali frequentati durante il suo percorso di radicalizzazione, che abbassino la sua percezione di violenza o la difficoltà ad approcciarsi a essa.

CONSIDERAZIONI FINALI

Solitamente, nel corso delle indagini, è nella fase organizzativa che si richiede l’intervento diretto delle autorità per sventare il disegno terroristico del soggetto indicato. Arrivati a  questo punto, infatti, si possono aver già raccolto abbastanza prove sulle modalità d’azione del sospettato e, qualora ci fossero, sui collegamenti e sui legami che questo può condividere con i complici o con le cellule d’appoggio. Intervenire prima, infatti, non solo può precludere la scoperta di eventuali collaboratori o fiancheggiatori, ma può anche far innalzare pericolosamente, su livelli massimi, il livello d’attenzione e di paura di coloro che sono prossimi, per ideologia e per volontà criminosa, all’attentatore stesso. La paura di questi ultimi può essere incanalata nella volontà di entrare subito in azione, senza tenere conto dell’organizzazione stessa o della fase di programmazione. Al fine di portare a casa qualsiasi tipo di risultato, anche il mero tentativo fallito, piuttosto che finire arrestati.

Valerio Mazzoni

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Abbiamo parlato spesso dell’importanza che l’applicazione di messaggistica Telegram può ricoprire nel percorso che porta dalla radicalizzazione alla progettazione o all’attuazione stessa dell’attentato. Non sono mancati, infatti, casi di radicalizzazione avvenuta interamente sul web, rendendo non necessaria l’interazione con alcun tipo di persona utile a favorirne il processo. In questi casi Telegram può fungere come vera e proprio “palestra”, guidando il soggetto attraverso numerosi canali come “Jihadi Manual”, adibito per soprattutto per guidare lo sviluppo e il rafforzamento dell’ideologia jihadista, e canali come “LM – Lone Mujhaid” e “Lethal Dose” che si occupano di fornire addestramento di vario tipo per gli aspiranti shahid.  [/box]

Foto di copertina di Lars Plougmann Licenza: Attribution-ShareAlike License

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Valerio Mazzoni
Valerio Mazzoni

Nato, cresciuto e residente a Roma classe 1989, laureando in Scienze politiche per le Relazioni Internazionali presso l’Università Roma Tre. Formato accademicamente da nottate passate a giocare ad Age of Empire e Risiko, nutre da sempre una smodata passione per la storia e per le relazioni internazionali, con particolare interesse per il fondamentalismo islamico, i servizi segreti e la loro controversa storia. Per il Caffè Geopolitico si occupa della Russia e delle ex Repubbliche Sovietiche. I viaggi e la Lazio sono le sue passioni più grandi, anche se non disdegna rapide incursioni nel mondo NBA.

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