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Gli investimenti di Pechino in Pakistan: guadagno o rischio?

In 3 sorsi – Il Governo di Pechino ha guardato al Pakistan come grande alleato e aiuto all’interno del proprio progetto di Nuova Via della Seta (o Belt and Road Initiative), nonostante lo scetticismo di ambienti economici e politici internazionali. L’enorme mole di investimenti cinesi, sia in termini finanziari che di risorse, può sicuramente portare grande beneficio a Islamabad, ma potrebbe anche farle correre dei rischi pericolosi.

1. IL CPEC E IL PORTO DI GWADAR

Il Pakistan era già negli interessi geopolitici e strategici della Cina prima della Presidenza di Xi Jinping, con la strategia del Filo di Perle, che mirava a preservare i propri interessi economici e strategici attraverso una rete di collegamento con l’Oceano Indiano e il mondo arabo. Dal 2013 Islamabad è stata valutata nuovamente da Pechino come importante partner, non solo economico, ma anche politico, tramite la presentazione del progetto China-Pakistan Economic Corridor (CPEC). Questo progetto, implementato a partire dal 2015 con la firma di 51 accordi, che prevedono una cooperazione strategica “per tutte le stagioni”, ammontava originariamente a un valore totale di 46 miliardi di dollari. Ma l’ingente investimento cinese è aumentato notevolmente negli ultimi anni, toccando la cifra di 75 miliardi di dollari. Il “corridoio” che Pechino ha proposto di costruire sarà un percorso lungo 3.218 chilometri, che parte dalla città di Kashgar, nello Xinjiang, e giunge fino al porto pakistano di Gwadar sull’Oceano Indiano, tramite una fitta rete di strade, ferrovie, oleodotti, gasdotti e cavi a fibra ottica. Il porto di Gwadar è il fulcro del mastodontico progetto, presentandosi come un’ottima alternativa cinese per le importazioni, che finora transitavano per l’80% attraverso lo stretto di Malacca, nonché un essenziale accesso all’Oceano Indiano e alle rotte verso il mondo arabo e l’Africa.
Il progetto rappresenta comunque una strategia di reciproco vantaggio. La Cina potrebbe infatti risparmiare accorciando il collegamento per le importazioni di energia, e il Pakistan avrebbe a suo favore una nuova rete di infrastrutture su più livelli, oltre alle reti stradali, che potrebbero aiutare la sua faticosa ripresa dopo le gravi difficoltà degli anni scorsi.

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Fig. 1 – Il ministro degli Esteri pakistano Muhammad Asif insieme al Presidente cinese Xi Jinping, aprile 2018

2. GUERRA AL TERRORISMO

Cina e Pakistan sono accomunati da una preoccupazione comune: la lotta al terrorismo. La Cina, infatti, da sempre combatte contro i tentativi indipendentisti degli uiguri, di origine turcofona e musulmana, che popolano lo Xinjiang. Il Pakistan, considerato spesso un “rifugio sicuro” del terrorismo internazionale, dal canto suo ha dichiarato di aver investito ingenti somme nell’arco degli anni per combattere il terrorismo. Questo però non è bastato per evitare le forti accuse del presidente americano Trump di ospitare terroristi dentro i propri confini. La reazione americana ha portato a un inasprimento delle relazioni bilaterali e alla minaccia di bloccare gli investimenti destinati al Paese. Anche questa nuova presa di posizione ha mostrato al Pakistan che la Cina è stata l’unica, tra tutti i suoi partner internazionali, ad aver aiutato il Paese a riprendersi dalla grave crisi energetica che sta vivendo da alcuni anni, addirittura incentivando il proprio impegno.
Un punto saliente del progetto è comunque rilevato dalla possibilità di migliorare la condizione di sicurezza domestica in Pakistan, minata da diversi gruppi estremisti e jihadisti, grazie alla ripresa economica. Nonostante la dichiarata volontà da parte di entrambi i Paesi di impegnarsi nella lotta al terrorismo, il progetto cinese non si può dire completamente al sicuro. La Cina ha infatti previsto l’invio di personale militare nelle zone interessate dal CPEC per controllare e difendere i propri investimenti, così come Islamabad si è detta completamente impegnata per garantire la sicurezza di tutto il personale cinese impiegato e per difendere il territorio del corridoio stesso.

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Fig. 2 – Il porto di Gwadar, fulcro della presenza economica cinese in Pakistan

3. RISCHIO GEOPOLITICO

Il progetto CPEC, incluso nel grande piano della Belt and Road Initiative (BRI), ha diverse implicazioni sul piano geopolitico sia a livello regionale che internazionale. Per Pechino la scelta strategica del porto di Gwadar e del percorso del corridoio non può essere messa in discussione, ma è stata comunque oggetto di molte critiche da parte dell’India. Il CPEC attraversa infatti quella parte di Kashmir occupata dal Pakistan che Delhi reclama come propria sin dal 1947. Inoltre, una maggiore presenza militare cinese in territorio pakistano potrebbe compromettere la sicurezza indiana sul proprio confine occidentale.
Il progetto cinese della BRI è stato ufficialmente sostenuto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite attraverso una risoluzione legata alla cooperazione e connessione economica regionale, isolando ulteriormente la posizione dell’India sulla questione. Inoltre, la Cina si è esposta nuovamente in sede di veto all’interno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per bloccare sanzioni contro l’accusa di terrorismo al capo del gruppo militare pakistano Jaish-e-Mohammad, difendendo di fatto il Pakistan dalle pressioni indiane. Allo stesso tempo, però, durante il Summit dei BRICS, tenutosi a Xiamen (Cina) nel settembre 2017, la Cina ha sottoscritto, per la prima volta, una dichiarazione in cui viene espressa preoccupazione per la sicurezza regionale del Pakistan, legata a gruppi militari presenti nel Paese.

Giuditta Vinai

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più

La questione della sicurezza nella regione, all’interno del progetto implementato e portato avanti da Pechino, ha interessato la Cina in prima persona. Anche in questa circostanza, infatti, ci sono stati degli attacchi diretti da parte di gruppi ribelli che non vedono di buon grado l’occupazione cinese delle proprie terre. È il caso della Balochistan Liberation Army, ad esempio, protagonista di un recente attacco che ha provocato la morte di due ingegneri impegnati nei lavori del CPEC.[/box]

 

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Giuditta Vinai
Giuditta Vinai

Classe 1989, delle valli piemontesi. Dopo una laurea triennale conseguita in lingue e letterature straniere, con indirizzo cinese, durante la magistrale ho completato un programma di doppia laurea in Scienze Internazionali Torino-Hangzhou. Grazie alla laurea magistrale, e le mie numerose esperienze in territorio cinese, ho approfondito politiche ed economia della Cina contemporanea, avvicinandomi anche al campo dei Security Studies. Nel tempo libero viaggio, leggo, e mi faccio prendere dalle serie tv

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