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Il cielo su Ebla: la guerra in Siria a fumetti

Un’intervista a Emiliano Barletta, autore con Gianlorenzo Di Mauro de Il cielo su Ebla, un fumetto che racconta la sorte di uno dei più importanti scavi archeologici mondiali, oggi gravemente compromesso dalla guerra in Siria.

Il sito archeologico di Ebla, scoperto nel 1964 da una missione italiana guidata da Paolo Matthiae, ha cambiato la prospettiva sulla storia del Vicino Oriente antico. Con lo scoppio della guerra in Siria, l’antica città, situata a circa 50 chilometri da Aleppo, nel Governatorato di Idlib, è diventata una roccaforte dei ribelli e ha subìto danni incalcolabili, sia per il diretto coinvolgimento negli eventi bellici, sia per il costante saccheggio di reperti. Questa triste vicenda ha ispirato il fumetto Il cielo su Ebla, scritto da Emiliano Barletta (che ha partecipato come archeologo agli scavi) e disegnato da Gianlorenzo Di Mauro, entrambi membri del collettivo artistico Ronin.

Emiliano, che cos’è Il cielo su Ebla? Come lo presenteresti al pubblico?
Il cielo su Ebla nasce dall’esigenza di raccontare la mia rabbia per quanto sta accadendo in Siria. L’incipit del fumetto non è casuale. Quando il 15 marzo del 2011 esplose la Primavera araba in Siria, era chiaro che – ripensando a quanto accaduto a Hama nel 1982 – la protesta non sarebbe sfociata in qualcosa di pacifico, ma avrebbe aperto le porte a esiti più radicali.  Quegli eventi, oltretutto, sono coincisi con la nascita della mia prima figlia. È stato allora che ho sentito il bisogno di raccontare la Siria umana, cioè le persone, le amicizie che là avevo stretto e l’ambiente. All’inizio ho ripreso una serie di quaderni su cui avevo scritto negli anni siriani e mi sono chiesto come potessi utilizzarli, come poter condividere quella esperienza.  L’idea del fumetto è arrivata dopo.

Fig. 1 – Il cielo su Ebla, tavola n. 1

Il fumetto è uno strumento adatto a raccontare la contemporaneità? Ne abbiamo molti che parlano di Storia in modo più o meno romanzato, ma quanto può essere importante questa forma artistica per conoscere e comprendere la complessità del mondo contemporaneo?
Il fumetto è una delle forme più antiche – molto più di quanto si pensi – della comunicazione. Il fumetto moderno nasce alla fine dell’Ottocento, ma la comunicazione tramite l’unione di immagini e testo risale addirittura agli assiri. Nei palazzi a Ninive, a Khorsabad o a Nimrud abbiamo rilievi in cui il sovrano presenta la propria potenza ai visitatori, magari raccontando scene della caccia al leone o delle battaglie. È straordinario: è possibile leggere anche singole sezioni e già si ha l’idea di quello che il sovrano voleva trasmettere. Questo perché lo scopo era andare oltre il testo e mostrare un messaggio tramite le gesta. Se il senso arriva oggi a noi, figuriamoci all’epoca. La narrazione per immagini è la forma più diretta di comunicazione, perché permette livelli di lettura più immediati.  Quando ho cominciato a scrivere su Ebla, mia moglie mi accusava di essere troppo descrittivo e di lasciare poco spazio alle emozioni. Ecco, grazie al fumetto sono arrivato al sodo, integrando immagini e parole.

Ti definisci o ti senti un giornalista a fumetti?
No, non mi posso definire in questo modo, non ho gli strumenti del giornalista. Io sono solo una persona che cerca di utilizzare il fumetto per raccontare la realtà.

Quindi se tu dovessi individuare una categoria per Il cielo su Ebla, quale sarebbe? In quale scaffale della libreria lo inseriresti?
Qualcuno direbbe che rientra nel graphic journalism, ma è una categoria generica e troppo usata, spesso anche in maniera inappropriata. Mi piace molto, invece, il termine “fumetto di realtà”, coniato da Elettra Stamboulis e Gianluca Costantini per distinguere queste opere da quelle di finzione. Nello specifico, per questo lavoro mi rifaccio alla definizione di citizen journalism utilizzata da Claudio Calia per il suo libro Dossier TAV, edito da BeccoGiallo. Calia sceglie di raccontare le vicende della Val di Susa senza andare nei luoghi delle manifestazioni, ma attraverso il proprio essere un semplice cittadino che si informa sui fatti. Ecco, forse Il cielo su Ebla rientra in questa categoria, perché io non posso andare sul posto, ma utilizzo altri mezzi per capire e raccontare quanto accade in Siria, a cominciare dagli amici siriani e da internet.

Fig. 2 – Il cielo su Ebla, tavola n. 4

Non è un concetto banale, anzi, il giornalismo contemporaneo sta cambiando rapidamente sulla spinta delle nuove tecnologie e dei nuovi stili, con tutte le estremizzazioni e i paradossi del caso. Riprendendo con Ebla, come nasce fisicamente questo fumetto?
Tutto parte da un video con il bombardamento del sito archeologico da parte delle forze governative, mentre i Caschi bianchi mettono in salvo alcune persone vicino al celebre Palazzo degli Archivi. Chiamo subito Gianlorenzo Di Mauro, perché stavamo già lavorando a una storia di fantasia su Aleppo. Partiamo da quattro immagini, quattro cartoline turistiche di Ebla. A ottobre del 2017 Gianlorenzo butta giù dei disegni realistici, che riuniamo in un’unica tavola intitolata Cartoline da Ebla. Il progetto gira un po’ e a fine 2017 mi contattano Mattia Ferri e Giacomo Taddeo Traini, che vorrebbero sviluppare le Cartoline in massimo dieci tavole per Stormi, una nuova rivista che sarebbe nata nel marzo del 2018.  Non ho lavorato con una sceneggiatura tradizionale, ma ho montato una per una le foto, per sviluppare uno storyboard. Abbiamo poi pensato allo stile, scegliendone uno che ricordasse gli schizzi dei viaggiatori – da qui anche l’uso della penna colorata…

Sei andato sul sicuro! Di Mauro ha una tecnica straordinaria.
Sì, Gianlorenzo ha disegnato tutte le tavole con la penna colorata. Quando ho visto la prima, un ritratto di Assad, sono rimasto colpito dalla somiglianza. Era addirittura troppo realistico! Allora abbiamo scelto uno stile più graffiato, per dare un’idea di velocità e movimento. Ci sono però delle eccezioni, delle vignette pittoriche che rappresentano un filmato su schermo, come una soggettiva di noi autori che guardiamo il video dall’esterno. Nella versione cartacea, poi, abbiamo potuto contare su Marco Della Verde come letterista.

Fig. 3 – Il cielo su Ebla, tavola n. 10

Facciamo un passo indietro. Qual è la tua esperienza a Ebla e perché è così importante per te?
Ebla è un punto fondamentale della mia vita. All’università, nel 1999, il professor Matthiae mi chiese di partecipare alla campagna di scavo, ma io rifiutai, perché, non avendo ancora scavato in Italia, non mi sentivo pronto. La mia rinuncia diventò una barzelletta tra i compagni: «Ma come?! Ma… Ebla!». L’anno successivo, invece, accettai. Arrivai in Siria nell’ottobre del 2000. Hafiz al-Assad era morto pochi mesi prima (a giugno, n.d.r.) e Bashar aveva preso il suo posto. Ebla per me è stata la svolta, l’apertura al mondo.

Hai notizie dal campo? Qual è la situazione del sito archeologico?
Dalle ultime informazioni sembra che i bombardamenti siano quasi cessati e che le popolazioni stiano tornando. Tra l’altro – le stranezze della guerra! – ci sono addirittura immagini di abusi edilizi, costruzioni realizzate nonostante il conflitto. A Ebla ci sono dei campi per l’addestramento dei ribelli. Sono state segnalate molte attività di sciacallaggio, con gravi danni alle strutture, oltre ovviamente ai numerosi bombardamenti, che hanno rovinato tutta la zona sudoccidentale dell’acropoli. Comunque, c’è poco da sperare. Il parco archeologico finanziato dalla Sapienza (Assad lo definì «l’Italia in Siria» ) è andato perduto. E gli scempi sono stati causati da entrambe le parti, quindi non c’è una linea che separi di netto buoni e cattivi.

Torneresti a Ebla, magari con una missione internazionale per recuperare il sito?
È uno dei miei desideri, ma è molto improbabile. Con mia moglie incinta, alla fine del 2010, dicevamo che non appena nostra figlia fosse stata abbastanza grande, saremmo andati in Siria e le avremmo mostrato anche Ebla. All’epoca pensavo che sarebbe successo proprio in questo periodo. È rimasto un sogno.

Redazione

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Emiliano Barletta – Vive e lavora a Roma. Si è laureato in archeologia del Vicino Oriente all’Università di Roma La Sapienza e ha collaborato con diverse missioni archeologiche in Italia e all’estero (Siria e Turchia). Ha studiato sceneggiatura presso A Scuola di Fumetto Online di Laura Scarpa e ha partecipato alla Masterclass dell’ARFestival sul graphic journalism tenuta da Marco Rizzo e Claudio Calia. Fa parte del collettivo Ronin e dal 2017 collabora con il portale Graphic News.

Gianlorenzo Di Mauro – Classe 1980. Agli studi artistici (Liceo Artistico, Accademia di Belle Arti Milano-Catania) affianca la passione per la musica (bassista autodidatta) e il restauro a 360°. Conseguito il diploma di Laurea in Pittura (2005) dal 2007 a oggi si dedica alla realizzazione di una casa-laboratorio-atelier ad Acireale (CT), dove vive ed opera.vNel 2016 entra a far parte del gruppo Mokapop e del collettivo Ronin.[/box]

 

 

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