Analisi – Le Big Tech hanno gradualmente acquisito sempre piĂą potere sia negli Stati Uniti sia a livello globale. La pandemia da Covid-19 ha difatti confermato l’essenzialitĂ di queste societĂ e quanto ormai siano diventate di utilizzo quotidiano da parte dei consumatori. La Presidenza di Joe Biden sta portando avanti una serie di scelte, politiche e amministrative, volte a frenare l’accumulo di potere di queste aziende, in grado ormai di influenzare eventi storici e decisioni dei singoli individui. Le Big Five, ovvero le maggiori societĂ Tech degli Stati Uniti, sono dunque al centro del dibattito politico.
BIDEN E KHAN: I PRIMI PASSI VERSO UNA REGOLAMENTAZIONE TECH
Negli ultimi mesi le Big Tech sono diventate uno dei principali temi nel dibattito pubblico statunitense. In molti credono che il loro potere sia diventato così forte che, soprattutto quelle che si occupano di social network, siano in grado di influenzare fortemente l’opinione pubblica, come nel caso dell’insurrezione del 6 gennaio al Campidoglio, della recente crescita dello scetticismo verso la vaccinazione anti Covid-19 e dell’idea che le elezioni che hanno portato alla vittoria di Biden siano state manomesse. Le Big Tech rappresentano anche uno dei temi caldi del rapporto USA-UE, tanto che una parte del G7 di giugno si è concentrata proprio su questo. Infatti i recenti round internazionali hanno portato alla decisione di creare di un consiglio ad hoc tra le due parti, proprio per definire una normativa comune internazionale sulle aziende tecnologiche.
Il Governo statunitense sta premendo su nuove leggi in campo di antitrust, su maggiori restrizioni alle aziende e sulla definizione di concorrenza economica tra le Big Tech. Per concorrenza economica si intende il fatto che le principali aziende Tech detengono il monopolio di mercato nel proprio campo, dato che negli anni si sono adoperati a “comprare” le realtà concorrenti minori. L’idea che Washington voglia contenere il potere delle aziende tecnologiche non è però una sorpresa. Anche la Presidenza di Barack Obama aveva cercato di trasformare la concezione di tecnologia, aspirando a portare le aziende dal “laboratorio a un mercato,” con l’idea che potessero stimolare la crescita economica, ma anche migliorare la trasparenza sociale e politica. Obama aveva dunque promosso iniziative volte a far conoscere la tecnologia, ma aveva anche puntato a monitorare il settore, creando, ad esempio, l’incarico di Ufficiale Capo della Tecnologia degli Stati Uniti. Per quanto riguarda il Presidente Biden, le politiche da lui pensate erano (in parte) definite già in campagna elettorale. In realtà , rispetto ai suoi avversari elettorali, Biden aveva idee più moderate sul tema delle Big Tech, pur avendo sempre appoggiato una regolamentazione a livello nazionale. Solamente dopo l’insurrezione del 6 gennaio, dunque durante gli ultimi giorni prima del suo insediamento, ha rafforzato la sua posizione sul tema rimarcando l’idea che specialmente i social media non possono avere un ruolo così forte negli eventi interni. Per questo motivo non meraviglia la nomina di Lina Khan, forte critica proprio delle Big Tech, alla Federal Trade Commission (FTC), l’ufficio governativo su concorrenza e antitrust.
Dopo aver accettato la carica, Lina Khan aveva apertamente dichiarato al New York Times che le aziende Tech pongono una serie di rischi, dato che si sono espanse enormemente negli ultimi anni, senza tener conto delle regole sull’economia di mercato e monopolio. Quest’affermazione risulta essere importante perché definisce, in modo chiaro, la politica della FTC nei confronti delle Big Tech: regolamentarle, ridurre il potere che hanno assunto negli ultimi anni ed evitare che possano tornare alle attuali posizioni di forza. Per Lina Khan le Big Tech devono rimanere aziende, non possono né influenzare gli eventi né giocare un ruolo all’interno della politica contemporanea.
THE BIG FIVE
Quando si parla di Big Five ci si riferisce alle aziende Alphabet (gruppo Google), Apple, Facebook, Amazon e Microsoft (le cui iniziali creano la parola “FAMG”). Ognuna di loro ha una capitalizzazione di mercato che va da circa mille miliardi a circa 2mila miliardi di dollari, numeri che rendono evidente il loro impatto sulla societĂ e che preoccupano sia Lina Khan, per quanto riguarda il monopolio sul mercato, sia l’Amministrazione Biden nel suo complesso, rispetto al potere di influenzare i cittadini e i rischi di mancata tutela dei propri lavoratori. Infatti, sin dall’inizio, Biden ha concentrato gran parte del proprio mandato sulla ricerca di nuovi metodi per regolare le aziende Tech, oltre a criticare colossi come Facebook per la diffusione della disinformazione rispetto alla Covid-19, e Amazon per il trattamento del personale.
Negli ultimi anni queste aziende hanno avuto una crescita esponenziale: sommando il valore di mercato totale di tutte e cinque si arriva a una capitalizzazione di 9.300 miliardi di dollari, rispetto ai 2.000 miliardi del 2017. Si è trattato quindi di uno sviluppo importante, specialmente per il mercato globale, e da tenere di conto quando si discute sul ruolo che hanno assunto in questo periodo.
Le Big Five, inoltre, propongono servizi utilizzati il tutto il mondo, che variano dall’e-commerce ai social media. Questo significa che queste cinque aziende raccolgono tutti i dati di tutti gli utenti che usufruiscono dei loro servizi. Facebook, ad esempio, ha un bacino di utenti che, solo negli Stati Uniti, raggiunge circa il 68% della popolazione. Con questi dati Facebook può quindi dare agli utenti servizi basati sui singoli profili: se un utente ha 15 anni, le sponsorizzazioni sulla pagina “home” saranno diverse rispetto a quelle di un utente di 45 anni; se un utente utilizza i servizi di giochi online proposti dalla societĂ , le pubblicitĂ saranno mirate a prodotti simili.
Per capire quanto effettivamente siano “big” queste cinque società , nel grafico sottostante, formulato da Visual Capitalist, si può notare come queste ottengono il loro fatturato, quindi in quale settore e con quali attività . Inoltre si possono leggere anche i ricavi per continente e i servizi proposti da ogni azienda con le relative percentuali di guadagno. Dalle illustrazioni sottostanti si deduce come e perché il Governo statunitense voglia regolamentare queste aziende il più possibile: secondo Washington il loro potere a livello interno e internazionale è diventato troppo per non farlo, poiché hanno un fatturato e un numero di utenti elevatissimo.
L’ORDINE ESECUTIVO DI BIDEN: INIZIANO LE PRIME REGOLE
A inizio luglio 2021 il Presidente Biden ha firmato un ordine esecutivo volto a frenare le pratiche anticoncorrenziali nelle Big Tech e anche il loro ruolo in numerosi altri settori, come il trattamento del personale. Secondo la Casa Bianca questo include 72 azioni e raccomandazioni che coinvolgono più di dieci Agenzie federali, che hanno l’obiettivo di rimodellare il pensiero al consolidamento aziendale e alle leggi antitrust. Inoltre l’ordine esecutivo esamina quattro punti principali:
- Le fusioni tra Big Tech e piccole aziende volte a sopprimere la competizione di mercato;
- L’accumulo di informazioni personali degli utenti da parte delle aziende tecnologiche;
- Il monopolio sul mercato delle grandi aziende rispetto alle piccole societĂ ;
- L’imposizione da parte delle grandi aziende manifatturiere di telefonia e computer di poter riparare i propri prodotti solo in posti limitati, bloccando la crescita delle piccole società di riparazione, e quindi la concorrenza.
Gli obiettivi sono:
- Aumentare il controllo delle fusioni aziendali per evitare che si elimini totalmente la concorrenza sul mercato;
- Incoraggiare la FTC a stabilire nuove regole per l’acquisizione dei dati personali da parte delle aziende;
- Portare la FTC a introdurre nuove legislazioni sulla competizione di mercato;
- Promuovere l’inserimento di norme sulle restrizioni anticoncorrenziali sull’uso di negozi di riparazione indipendenti.
L’ordine esecutivo sembra quindi essere l’inizio di una serie di proposte legislative volte a frenare non solo il modus operandi delle Big Tech nel mercato statunitense, ma anche avvicinarsi alle richieste dell’Unione Europea che mirano a formulare un nuovo modello internazionale di protezione di dati personali degli utenti online. Infatti l’UE ha più volte chiesto agli Stati Uniti negli ultimi anni di rafforzare il proprio sistema di protezione dati, al costo di multare le aziende statunitensi (ed estere) che non seguono queste direttive, e di incentivare il rispetto del Digital Market Act (DMA), un insieme di regole per i mercati digitali e piattaforme online.
PERCHÉ SERVONO LE REGOLE?
Facendo un passo indietro, come siamo arrivati a questo? Come riporta il foglio informativo dell’ordine esecutivo di Biden:
“Per decenni il consolidamento aziendale è cresciuto esponenzialmente. In oltre il 75% delle industrie statunitensi un numero minore di grandi aziende ora controlla piĂą business rispetto a venti anni fa. Questo è vero per l’assistenza sanitaria, i servizi finanziari, l’agricoltura e altro ancora. Questa mancanza di concorrenza fa salire i prezzi per i consumatori. Dato che un numero minore di grandi attori ha controllato una parte maggiore del mercato, i margini di profitto sono triplicati. Le famiglie stanno pagando prezzi piĂą alti per beni di prima necessitĂ – cose come farmaci da prescrizione, apparecchi acustici e servizi di internet.”
Dunque, tutto nasce dal fatto che non c’è mai stato il bisogno di regolamentare un campo come le Big Tech fino a quando queste non hanno iniziato a prendere il controllo di mercati interi, agendo in modo anticoncorrenziale. Poche Amministrazioni passate statunitensi hanno sentito il dovere di inserire legislazioni apposite per le aziende tecnologiche, non essendo mai state motivo di dibattito. Tuttavia, negli ultimi anni, il quadro è cambiato. Il fatto che aziende come Alphabet, Facebook, Amazon, Microsoft e Apple siano arrivate a controllare tutte le societĂ nel loro settore, incluse le concorrenti, oltre a essere sintomo di oligopolio, è la prova di una maggiore necessitĂ di norme.
Embed from Getty ImagesUNA POSSIBILE VITTORIA TARGATA USA?
Le nuove politiche della Casa Bianca dimostrano le difficoltà nel regolamentare un mondo vasto quanto le Big Tech, ma provano anche il fatto che ci sia la possibilità di farlo. L’introduzione questo ordine esecutivo, insieme alla nomina di Lina Khan alla FTC, può avvicinare gli Stati Uniti all’Unione Europea, dalla quale, sotto l’Amministrazione di Donald Trump, si erano allontanati anche in questo settore. L’approccio America First di Trump aveva infatti coinvolto anche l’ambito tech: L’Amministrazione repubblicana aveva infatti rinunciato più volte a negoziare con l’UE, portando la Commissione ad attuare una serie di norme contro le stesse aziende tecnologiche statunitensi, oltre a multarne alcune.
A livello internazionale e geopolitico, dunque, queste regole mostrano alle Istituzioni europee che gli Stati Uniti sono tornati a essere un partner in questo settore, dato che ora si può negoziare, dibattere e concordare una soluzione che possa tenere conto della maggior parte delle istanze. Ciò che è stato definito durante il G7, ma anche durante il G20, può essere considerato come un buon risultato. Inoltre gli Stati Uniti hanno deciso di prendere nota di alcune norme approvate nel DMA e nel Digital Service Act (DSA), l’insieme di leggi europee sui servizi digitali, pacchetti legislativi inizialmente rifiutati dalla precedente Amministrazione, con lo scopo di analizzarle e capire se introdurle nel proprio sistema. Anche questo conferma gli sforzi presi dalla nuova Presidenza per avvicinarsi non solo al tavolo di dibattito europeo, ma anche per riallacciare i rapporti interrotti con l’Unione.
Considerando quanto potere è stato acquisito dalle Big Tech, ma specialmente dalle Big Five, in questi ultimi anni l’entrata in vigore dell’ordine esecutivo e questo riavvicinamento all’Europa sono un risultato importante per l’Amministrazione Biden – che sta lentamente riguadagnando un posto nel tavolo del multilateralismo internazionale, almeno in questo settore.
Rimangono però alcuni dubbi: quanto funzioneranno effettivamente le direttive e quanto saranno realmente efficaci? Le strategie tech degli Stati Uniti e dell’Unione Europea sono simili, ma rimangono comunque indirizzate verso i propri interessi interni. L’Europa ha ultimamente raggiunto un miglioramento nel campo digitale e il merito va anche al Recovery Fund che ha messo a disposizione molti aiuti per l’innovazione del mondo tech. Le Istituzioni europee, però, rimangono orientate a perseguire un piano che possa rendere l’Europa indipendente nei settori digitali e che al contempo protegga gli utenti del web. Al contrario gli Stati Uniti, che hanno dimostrato interesse nel DMA e DSA promettendo la ratifica di alcune norme, sembrano rimanere dell’idea che il peso finanziario di queste Big Tech sia troppo importante per essere sottovalutato e per questo andrebbero introdotte anche altre norme per limitare il loro potere. Sebbene lo scopo finale sembri essere diverso, sia l’UE sia gli USA hanno intenzione di regolamentare le aziende tecnologiche: chi per raggiungere una sovranitĂ digitale, chi per limitarne l’influenza. Se poi una strategia fosse compatibile con l’altra ed entrambe aiutassero a raggiungere l’obiettivo finale, come sembra essere il caso, sarebbe una win-win solution.
Per quanto riguarda la questione delle Big Tech, specialmente le Big Five, sembra che il Governo statunitense abbia avviato il processo nella direzione da esso auspicata. Tutti i fattori e tutte le regolamentazioni descritte in questa analisi sembrano mostrare che gli Stati Uniti stiano andando in una sola direzione, che è quella della disciplina e delle limitazioni al web. All’Unione Europea va riconosciuta una parte del merito, avendo dato una spinta agli Stati Uniti, portandoli a negoziare molte delle raccomandazioni approvate. Tuttavia è anche a causa delle Big Five stesse che il Presidente ha deciso di introdurre l’ordine esecutivo, avendo esse perseguito una serie di manovre anticoncorrenziali che, secondo la Casa Bianca, avrebbero messo in pericolo la sicurezza nazionale, dato che, come evidenziato precedentemente, hanno avuto un importante ruolo nell’insurrezione del 6 gennaio scorso, e in altre occasioni di proteste.
Giulia Valeria Anderson